Una notte tempestosa
Racconti
Spetta/Le Redazione
Alcuni pensano che i sogni siano in realtà una porta verso un'altra dimensione. E se fosse vero?
La nonna gli stava porgendo un enorme fetta di pane imburrato e zucchero, e Paolo già quasi ne sentiva in bocca il dolce sapore, poi all’improvviso un corvo arrivò in volo e rubò il pane dalle mani della donna, il bambino urlando si mise a inseguire il volatile, mentre la nonna lo chiamava con voce accorata, “rimani qui con me non andare via” poi di colpo si svegliò. Ci volle qualche secondo prima che fosse completamente cosciente, tanto il sogno era stato reale. Poi, vide le verdi cifre dell’orologio sul comodino, imprecando saltò giù dal letto, e corse in bagno, come mai quella maledetta sveglia elettronica non aveva suonato? In anni era la prima volta che succedeva. E pensare che l’aveva acquistata proprio per non avere di queste brutte sorprese. Era in ritardo spaventoso, doveva prendere l’aereo per gli Emirati Arabi all’aeroporto di Pisa tra meno di due ore. Mentre faceva velocemente toelette, ripensò al sogno, che aveva fatto, che gli riportò alla mente la sua infanzia, passata quasi interamente con la nonna paterna, visto che i suoi genitori erano morti entrambi quando lui era ancora piccolo. Mentre cominciava a vestirsi, un potente tuono lo fece sobbalzare, ecco pensò, ora un bel temporale era quello che ci mancava. Aprì una finestra e quello che vide lo lasciò sgomento. La pioggia cadeva a catinelle, e l’oscurità della notte era rotta da una serie pressoché infinita di lampi seguiti da potenti tuoni, sembrava di essere sotto un bombardamento. Dopo avere richiuso la finestra cominciò a passare in rassegna i documenti necessari per il viaggio, come faceva sempre. Mentre meccanicamente ripeteva i gesti compiuti centinaia di volte, ripensò al sogno e al rapporto speciale che aveva avuto con la nonna, amorevolmente assistita fino alla sua morte, avvenuta da meno di tre anni. La casa dove era nato, e dove ancora abitava, era di lei, rimasta vedova in giovane età per colpa della grande guerra, e sorgeva in posizione quasi isolata nella pianura di Luni. Quando la povera donna ormai non più giovanissima, si ritrovò di colpo a dover provvedere alle necessità del nipote, non si perse d’animo, e cominciò ad andare in giro a vendere il latte delle sue due mucche. Con una punta di commozione Paolo ricordava ancora perfettamente la figura della nonna, che in bicicletta, con due grosse latte d’alluminio fissate al fianco della ruota posteriore, partiva all’alba per fare il giro delle case dei clienti. Era stata lei a insegnarli ad andare in bici, e sempre lei che nelle notti tempestose lo accoglieva piangente e spaventato nel suo letto, per farlo riaddormentare con una dolce ninnananna. Appena adolescente, lui avrebbe voluto andare a lavorare per aiutare le magre finanze di casa, la nonna però si era sempre rifiutata, insistendo per farlo studiare fino al conseguimento del diploma in lingue, cosa che gli permise dopo poco tempo di essere assunto in una grossa azienda di marmo della zona. Paolo mise il passaporto nella ventiquattrore, e dopo aver controllato l’ultima volta il bagaglio, si apprestò ad uscire. In poco tempo era diventato un manager addetto alla vendita di prodotti lapidei all’estero, e anche il viaggio di oggi aveva quello scopo. Come aprì l’uscio, fu investito da una follata di vento, che gli sputò in faccia una sventagliata di pioggia gelata, questa giornata cominciava davvero bene. Arrivò di corsa nel garage e dopo aver aperto la serranda salì in auto, quando accese il cruscotto, vide che l’orologio segnava le tre e mezza, aveva meno di un’ora per arrivare a Pisa. I guai però, cominciarono da subito, l’auto pur con il quadro acceso, non si metteva in moto, e il checkup motore, non segnalava nessuna anomalia. Imprecando come un turco scese, e sollevò il cofano, non era un meccanico, ma le ristrettezze economiche della gioventù lo avevano abituato a saper fare alcuni semplici lavoretti di meccanica. Dopo una veloce occhiata il problema fu evidente. Tutti e quattro i cappucci delle candele era staccati. Bestemmiando tutti i santi del Paradiso li reinserì al loro posto, sperando di aver azzeccato la giusta sequenza, ma chi poteva aver fatto una casa simile? In casa abitava solo lui e il garage era sempre chiuso. Questo stupido scherzo gli aveva fatto perdere più di un quarto d’ora, ora in autostrada avrebbe dovuto volare. Accese i fari e uscì. Fu come se passasse sotto una cascata. I tergicristalli al massimo non riuscivano a pulire il parabrezza, mentre sulla strada sterrata che portava sulla Provinciale, vi era già una fiumara di acqua fangosa che arrivava a metà ruota. A fatica arrivò al piccolo ponticello che sboccava sulla Provinciale, e qui ci fu un’altra amara sorpresa. Il torrente era ingrossato a dismisura e l’acqua mista a rami scorreva con violenza sopra il ponte che era mezzo sommerso. Non restava che una soluzione. Vi era una scorciatoia, che arrivava direttamente sulla Provinciale e di conseguenza poi verso l’ingresso dell’Autostrada. Era molto stretta, costeggiata da rovi, e per questo non la prendeva quasi mai. Dopo aver fatto inversione, tornò indietro e poco dopo imboccò la piccola stradina. Nel frattempo la pioggia era quasi cessata, ma una fitta nebbia cominciava a distendersi sulla pianura semiallagata come un umido sudario. Dopo appena un centinaio di metri, Paolo fu costretto a frenare di colpo, una forma indistinta era apparsa tra la nebbia davanti al cofano, era un ciclista che procedeva nella sua stessa direzione. Chi poteva essere tanto pazzo di avventurarsi in piena notte, in bicicletta senza una luce in una stradina di campagna? E’ proprio vero che il mondo è pieno di pazzi. Paolo spazientito, segnalò con i fari, ma il ciclista parve non farci caso, continuando imperterrito a pedalare con tranquillità. Fremente di rabbia, suonò il clacson, che sortì lo stesso effetto, stava facendo tardi, ma del resto non poteva certamente investirlo. La strada era lunga circa un chilometro, piena di strette curve con i rovi che ormai occupavano buona parte delle sede stradale, non vi era alcuna possibilità di superare l’ostacolo, che oltretutto procedeva al centro della strada. Paolo esasperato, vide che il tempo a sua disposizione era quasi esaurito, e pensò di chiamare l’Aeroporto per informarsi se anche il suo volo fosse stato magari ritardato per il cattivo tempo. Prese il cellulare, che nella concitazione del momento, gli cadde sul tappettino del passeggero. Chinò la testa un attimo per raccoglierlo, e quando si tirò su, il ciclista era scomparso, alla buonora, pensò Paolo, accelerando per quanto lo permetteva la piccola strada. Arrivò all’Aeroporto quando ormai il suo aereo stava iniziando il rullaggio per il decollo. Furioso tornò verso casa. Informò la ditta del contrattempo, e mentre cercava di dare una rassettata alla casa, accese il televisore. Al telegiornale delle 13, annunciarono che un aereo di linea appena partito da Pisa, con destinazione Emirati Arabi, si era inabissato in mare forse per il cattivo tempo, non vi erano superstiti. Solo allora collegò tra loro lo strano sogno, e tutti gli avvenimenti della mattina, e con le lacrime agli occhi, disse ad alta voce ”grazie nonna!”
Mario Volpi 17.9.2020
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