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Sezione a cura di Mario Volpi
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Misurare il tempo

Una Volta Invece

Cara Redazione
Non so se sia stato un privilegio, ma io in poco più di sessanta anni ho visto nascere e tramontare prodotti tecnologici, così velocemente che le nuove generazioni non hanno mai neppure conosciuto. Cose che un tempo erano ambitissime come mangianastri e mangiadischi, videoregistratori VHS, computer in cui si caricavano programmi scritti su cassette audio, o i costosissimi orologi da polso meccanici che si caricavano con il movimento del polso, oggi sono pezzi d'antiquariato quasi introvabili. In meno di una generazione sono cambiati modi di vivere e abitudini millenarie,  perfino la moneta è diversa, cambiamenti che un tempo avvenivano in secoli, sarà un bene o un male?

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Misurare il tempo


Nell’antichità la misura del tempo era ininfluente, la vita quotidiana era scandita dal  suono delle campane che annunciavano l’Ave Maria, all’alba, a mezzogiorno e al tramonto. Fu solo nel Rinascimento che vi furono timidi tentativi nella costruzioni di apparecchi per misurare il tempo, come clessidre, meridiane, o astrolabi, o, come nelle sfarzose Corti, degli ingegnosi congegni ad acqua, o a contrappesi, che però erano più che altro delle curiosità meccaniche. Nel XVII secolo però, con la prima rivoluzione industriale, si sentì la necessità di uno strumento che misurasse il tempo in modo più preciso, sia di giorno che di notte, nacque così un meccanismo che si poteva già chiamare orologio, anche se aveva una sola lancetta, quella delle ore, e la precisione lasciava molto a desiderare. Da lì, all’invenzione all’orologio a pendolo il passo fu breve, fino ad arrivare verso la metà del XVIII secolo ai primi orologi da taschino. Ricordo ancora quando ero bambino, gli uomini di una certa età nelle domeniche o feste comandate, esibire nei panciotti delle grosse catene d‘oro, d’argento, o di acciaio, secondo le possibilità, con attaccato la grossa “cipolla” come veniva chiamato al tempo l’orologio da taschino, con il coperchio di solito inciso a coprire il quadrante. I più ambiti erano quelli della Perseo, perché avevano il nome italiano, ed erano adottati dalle Ferrovie dello Stato e pertanto considerati fra i più precisi, anche se in realtà erano fabbricati in Svizzera. In quel periodo però, l’orologio era ancora considerato più uno Status Symbol, che una cosa veramente utile, la gente guardava l’ora sul campanile della Chiesa, o sulla facciata del  Municipio, mentre in casa aveva la pendola, o la mitica sveglia Veglia Borletti. Queste sveglie completamente meccaniche, hanno segnato, con il loro rumoroso tic tac, la storia della Società Italiana fina a metà degli anni sessanta. A tal proposito io ho un ricordo di un fatto, che oggi mi fa sorridere, ma quando mi successe mi terrorizzò per molto tempo. Frequentavo la prima o la seconda elementare, quindi essendo andato a scuola per il millesimo un anno prima, dovrei avere avuto sei anni circa, non ricordo più il motivo per cui mi fermai a dormire da una mia zia che abitava a poche decine di metri da casa mia, questa mi mise a dormire in cucina su una brandina di fortuna. Mi svegliai di colpo nel cuore della notte, e nel silenzio di quell’ambiente sconosciuto e buio, sentivo chiaramente il tic,tac della sveglia posto sulla credenza. Di colpo dopo un tic, la sveglia si fermò. Io sentì distintamente i capelli drizzarsi sulla nuca, mentre terrorizzato mettevo la testa sotto le coltri, per non vedere il Baffardello che da lì a poco, sicuramente sarebbe venuto a sedersi sul mio petto. Come spesso accade, furono gli eventi bellici della Prima Guerra mondiale, a imprimere un’accelerazione nella diffusione dei primi orologi da polso, al tempo prerogativa solo femminile, questo fenomeno ebbe la sua massima diffusione alla fine della Seconda Guerra mondiale. Nei primi anni cinquanta complice anche un certo tipo di film, dove non mancavano le scene che mostravano i protagonisti sfoggiare orologi da polso, la gente cominciò sempre più ad apprezzare e comperare questi prodotti. Le Marche del tempo erano tutte Svizzere come la Tissot, la Omega, o la Wyler Vetta, l’acquisto di orologi da polso divenne comune, e diventò il regalo principale delle Prime Comunioni dei ragazzi. Ma le cose stavano cambiando, negli anni settanta l’industria giapponese invase il mercato con una vera e propria inondazione degli innovativi orologi al quarzo, precisissimi, leggeri, e soprattutto economici. L’orologeria Svizzera entrò in crisi, lasciando campo libero all’industria Giapponese che ne frattempo evolveva a velocità vertiginosa, sfornando modelli multifunzione, alcune delle quali perfettamente inutili, come l’impermeabilità fino a 300 metri, ma che attiravano sempre più i consumatori affamati di novità tecnologiche. Quasi per un moto d’orgoglio la Svizzera reagì a questa offensiva commerciale del Sol Levante, e negli anni ottanta una ditta svizzera dette vita a un orologio che sarebbe entrato nella storia, per il suo straordinario successo commerciale: lo Swatch.
Interamente in plastica, con la cassa in un tutt’uno con il cinturino, e con l’intero movimento intercambiabile alimentato da una batteria, questo orologio a basso costo, aveva la prerogativa di essere decorato da disegni multicolori fatti da grandi artisti. Da subito divenne oggetto da collezione, con alcuni modelli che centuplicavano il loro valore di mercato. In Italia, la nostra innata esterofilia sviluppò la voglia di possedere orologi subacquei o “estremi” di note Marche estere, ignorando che proprio in Italia vi era una delle fabbriche più antiche e prestigiose del mondo: la Panerai. Questa fabbrica fu fondata a Firenze nel lontano 1860 da Giovanni Panerai, con il nome di “orologeria Svizzera”. Agli inizi del 1900, la Marina Militare Italiana possedeva una delle flotte da guerra più moderna e potente del mondo, così commissionò alla nuova ditta i primi strumenti di misurazione e controllo come orologi, bussole e congegni di puntamento. Ma già al tempo si sentì la necessità di potere vedere l’ora anche nella più totale oscurità, così Panerai dopo anni di prove, brevetta una polvere che diventa fosforescente al buio il Radiomir. La Marina del tempo è anche all’avanguardia nella guerra sottomarina, così Panerai brevetta un tipo di orologio per gli Incursori completamente stagno. Dopo pochi anni brevetta una nuova polvere luminescente, ancora più affidabile il Luminor, e costruisce nuovi orologi da dare in dotazione a Ufficiali e Incursori. Nel 1956 fornisce di orologi persino la Marina Egiziana. Rimane in attività fino ai primi anni novanta quando viene acquisita dal Gruppo mondiale del lusso Richemont, che la pone al vertice nella vendita di orologi di elite. Oggi, pur essendo nell’era degli orologi atomici, con una precisione di un milionesimo di secondo, gli orologi da polso sono in declino, soppiantati da dispositivi digitali presenti in ogni oggetto usato nella vita quotidiana, dall’auto, al cellulare, dal microonde alla lavatrice, presenti spesso perfino nei cartelloni luminosi pubblicitari. Stanno però affacciandosi sul mercato, i cosiddetti “orologi intelligenti,” che saranno capaci di connettersi a Internet, mandare foto o e-mail, insomma sarà come avere al polso un piccolo computer. Io non so se tutto questo si avvererà, o se sia davvero necessario, so soltanto che la mia nipotina di sette anni, conosce perfettamente tutte le funzione di uno, Smartphone ma non sa leggere l’ora su di un vecchio orologio a lancette. Secondo voi è questo il vero progresso?


Volpi Mario

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