Pubblicità a … pedali!
Una Volta Invece
Spetta/le Redazione
Anche quest'anno il Giro d'Italia prima e il Tour de
France poi, regalano agli appassionati di ciclismo forti emozioni. Nonostante
la canicola sono migliaia le persone assiepate lungo le strade per assistere al
passaggio di questi ... cartelloni pubblicitari viventi!
Io, alla fine degli
anni cinquanta, avevo circa dieci anni, e ho imparato ad andare in bicicletta,
in modo autarchico, ”rubando, ” quando mio padre tornava a casa dal lavoro, la
sua bici. Questa era un’enorme Bianchi Lusso nera da uomo, che all’inizio
utilizzavo andando a “pedalino,” ossia usandola più o meno come un monopattino.
Era pesantissima, e i due grossi freni a bacchetta erano per me troppo duri da
azionare, così frenavo a “piede,” consumando lo zoccolo sinistro tra le urla di
mia madre. Dopo poco, fui in grado di pedalare, ma non seduto nel modo
classico, perché ancora non arrivavo ai pedali, ma passando la gamba,
attraverso il telaio, e restando in piedi con la bici che pendeva costantemente
dal lato destro. Quando pedalavo in quella maniera pericolosa e sgraziata, mi
sentivo Ercole Baldini, detto la locomotiva umana, o Arnaldo Pambianco, oppure
Gastone Nencini, dipendeva molto da quale di questi campioni riuscivo a trovare,
nelle bustine di figurine Panini che riuscivo a comprare, dopo aver venduto
allo stracciaio un po’ di ferro trovato nel fiume Carrione. Quelli erano i
tempi in cui questo meraviglioso sport era ancora abbastanza pionieristico. Escluso
al Giro d’Italia, dove i grandi campioni avevano già la ”ammiraglia” con il
meccanico al seguito, in tutte le altre corse anche importanti, il ciclista
partiva con a tracolla uno o più tubolari, che in caso di foratura provvedeva a
montare lui stesso. Le bici del tempo poi, erano chiamate in gergo “cancelli,”
perché fatte in acciaio, e assai pesanti. I freni a tacchetto, avevano i fili
in acciaio all’esterno del telaio che scorrevano dentro a delle guide di alluminio
rivestite in celluloide, stesso sistema era usato per i primi cambi Campagnolo.
Cosa dire poi dell’attrezzatura individuale dei corridori, e si badi bene che
parlo sempre di professionisti. Le divise del tempo erano di lana, per passare
poi a metà degli anni sessanta alla lycra, una delle prime fibre sintetiche. I
pedali erano provvisti di puntali in acciaio per imprigionare lo scarpino,
tenuto fermo da un cinturino in cuoio. Al Tour de France, fino al 1962, le
squadre partecipanti erano le Nazionali del Paese che rappresentavano, e
correvano con i colori nazionali. A differenza di tutti gli altri sport, il
ciclismo non prevede l’acquisto di un biglietto per vederlo, escluso
naturalmente le gare su pista, quindi per decenni è stato la cenerentola, per
quanto riguardava le risorse finanziarie. Escluso i grandi campioni, non era
remunerativo al tempo fare il ciclista, molti lo praticavano solo per passione
avendo spesso un secondo lavoro. Ma la popolarità sempre maggiore che il
ciclismo riscuoteva tra la gente, indusse alcune Aziende ad accaparrarsi i
“migliori” sulla piazza, scrivendo sulle loro maglie il loro nome a lettere
cubitali. Nacquero così le prime sponsorizzazioni. I primi sponsor furono
naturalmente le fabbriche di biciclette come la gloriosa Bianchi, ben presto
seguita da altre Aziende in diversi settori merceologici. Le sponsorizzazioni
di squadre ciclistiche crebbero sempre più, tanto che furono molte le Aziende
italiane e non, a essere conosciute dal grande pubblico, e perfino a diventare
multinazionali, grazie alle squadre ciclistiche. Negli anni novanta, questa
pratica divenne frenetica, tanto che la competizione non era più agonistica, ma
commerciale, nel senso che alcuni sponsor facevano di tutto perché la loro squadra
vincesse, per dare visibilità al loro marchio, e per farlo non esitarono a
ricorrere alla chimica. Nel 1998, alla partenza del Tour de France, la Gendarmerie
Francese ferma e perquisisce un massaggiatore della Festina-Lotus, trovandolo
in possesso di sostanze dopanti. Le successive perquisizioni all’albergo della
squadra fanno scoprire un vero e proprio emporio di sostanze dopanti,
anabolizzanti, e stimolati. Ma certamente lo scandalo maggiore fu causato dal
corridore statunitense Lance Armstrong, sponsorizzato dalle poste americane l’U.S
Postal. Vincitore di ben sette edizioni del Tour de France, si scoprì dopo che
sia lui che tutta la squadra faceva uso massiccio di sostanze dopanti
prescritte da un medico italiano, in seguito espulso dall’Ordine. Nonostante la
cancellazione di tutte le sue vittorie, oltre al suo stesso nome da tutti gli
elenchi sportivi, lo scandalo travolge il Tour e l’intero ciclismo che
impiegherà anni per tornare ad avere la credibilità della gente. Oggi gli sponsor
investono milioni nelle squadre di ciclismo, e non vogliono assolutamente
rischiare di gettare al vento i loro soldi e la loro reputazione. E di denaro
oggi il ciclismo ne movimenta davvero tanto. Si pensi che oggi, un Team deve
investire un minimo di dieci milioni di Euro, per avere la possibilità di
accaparrarsi qualche “pezzo da novanta" tra i sempre più ricercati
professionisti dalla bicicletta. Il ciclismo moderno, poi, pur essendo ancora
uno degli sport più faticosi in assoluto, attinge a piene mani alla tecnologia
più spinta. Ogni corridore, è collegato con la sua squadra e con l’ammiraglia
con una mini radio VHF, e le sue funzioni vitali, sono costantemente monitorate.
Perfino la potenza della pedalata, espressa in Watt, la versione moderna
dell’antico cavallo vapore è disponibile in tempo reale tramite un minicomputer
montato sul manubrio. Tutti i corridori che partecipano ai grandi Giri dispongono
di un trasponder sotto il sellino, che serve per rilevare i tempi tramite la
funzione GPS. Cosa dire poi delle bici, lontane mille miglia dai “cancelli” di
un tempo. Con i telai in fibra di carbonio e lega d’alluminio, progettati nella
galleria del vento, pesano per regolamento 6,8 Kg, ma questo comincia a generare
malumori tra gli addetti ai lavori, perché oggi sarebbe possibile scendere a 4
Kg. Il cambio elettronico, e i freni a disco, hanno completamente rivoluzionato
“l’andare in bici,” soprattutto per quanto riguarda la sicurezza del ciclista.
L’abbigliamento, leggero come una tela di ragno, grazie a fibre ultra moderne,
permette un isolamento quasi perfetto dagli elementi atmosferici, e nello
stesso tempo la traspirazione. Ai miei tempi era frequente, che i corridori
affamati saccheggiassero i frutteti, per trovare qualcosa da mangiare. Oggi
l’alimentazione degli atleti è studiata scientificamente a tavolino da
professionisti, che bilanciano la loro dieta in base agli sforzi effettuati. In
corsa oltre alla classica borraccia d’acqua ghiacciata d’estate, e the caldo
durante le competizioni effettuate con temperature rigide o pioggia, sono
disponibili barrette energetiche, malto destrine, e i nuovissimi gel isotonici,
che riescono a rintegrare rapidamente le circa seimila calorie consumate in una
gara. Nonostante l’aspetto fortemente commerciale, il ciclismo, resta, e
resterà sempre uno degli sport più amati d’Italia.
Fine
prima parte
Mario Volpi 25.7.22
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