Colpa del progresso.
Una Volta Invece
Spetta/Le
Redazione
Chi dice che
il "progresso" sia sempre un toccasana per le Società?
A detta di molti sociologi, il progresso, tecnologico, sociale, e culturale avvenuto in Italia a partire dal primo dopoguerra, è stato così rapido, e imponente, da ipotizzare che in altra Era, per raggiungere risultati simili sarebbero stati necessari secoli. Sarebbe da sciocchi negare questa verità, anche se come recita un antico adagio “non è tutto oro quello che luccica!” Quando un cambiamento avviene troppo in fretta, vi è sempre qualcuno che non fa a tempo ad adeguarsi alla nuova situazione, e che quindi soccombe. Questo è quello che è avvenuto a una parte della Società Italiana, in quegli anni ancora rurale, con un’organizzazione sociale arcaica, e certamente non pronta a cambiamenti così epocali. Per primo, è stato letteralmente spazzato via gran parte del mondo dell’artigianato. Sarti, falegnami, fabbri, ciabattini, sono stati costretti a chiudere le loro attività, alcune tramandate da generazioni, per l’avanzare inarrestabile di un altro imputato di questo drastico cambiamento; il consumismo. Ma sicuramente è stato il mondo agricolo a subire il cambiamento più devastante. La mezzadria, che fino a quel momento era stata, se pur con tutti i suoi difetti, il volano di un’economia agricola, certamente povera, ma sufficiente a sfamare migliaia di persone, ora non esisteva più, così intere famiglie di braccianti agricoli e contadini, sono stati costretti ad “emigrare” in città, o nelle sue immediate vicinanze, con la speranza, spesso vana, di trovare una nuova occupazione. Il risultato di questo esodo, è che oggi solo sull’appennino toscano, esistono ben quindici paesi fantasma, totalmente abbandonati, mentre per altrettanti, il numero degli abitanti ancora residenti, tutti molto anziani, non supera le dita di una sola mano. Questo abbandono repentino dei paesi montani, ha comportato una serie di problemi di non facile soluzione. Lasciando perdere la perdita di un vero e proprio tesoro in immobili antichi, di cui alcuni, come le Chiese, i castelli e i mulini, con un alto valore artistico, come conseguenza primaria vi è stato il totale abbandono dei campi, compreso vigneti, uliveti e boschi di castagni, che ormai sono irrimediabilmente perduti, soffocati da rovi e piante infestanti. L’abbandono della campagna, ha favorito anche il proliferare in modo abnorme, della fauna selvatica, come i cinghiali, che con il loro incessante grufolare, distruggono i secolari “poggi,” costruiti con muretti a secco, innescando frane e smottamenti, che spesso interessano anche le strade, causando incidenti anche gravi con il ferimento di persone, danneggiamento dei mezzi, e costi enormi per le Amministrazioni che devono ripristinare la circolazione. I vari Consorzi di Bonifica, e le Comunità, Montane, anche se create ad hoc, non sono in grado di contrastare questo lento ma inesorabile degrado ambientale, che prima o poi costringerà le varie Amministrazioni ad intervenire pesantemente con lavori di contenimento, spendendo ingenti somme, ”rubandole” magari ad altre opere più utili e urgenti. In alcuni luoghi di particolare pregio, si sono istituiti Parchi Regionali, o Comunali, ma spesso, sempre per la cronica mancanza di fondi, questi luoghi sono “protetti” solo da un malandato cartello affisso vicino alle strade carrozzabili. Purtroppo, insieme a queste comunità sono sparite attività tradizionali che per secoli sono servite alla vita quotidiana di migliaia di persone. Mi riferisco ad esempio alla “civiltà” della castagna, con l’antica sapienza degli innesti con specie di castagni di qualità pregiate su ceppi selvatici, che non solo aumentavano la quantità dei raccolti, ma mantenevano una biodiversità ottimale, e soprattutto preservavano l’estensione e la salute dei boschi. La lavorazione del “pane dei poveri” com’era un tempo definita la castagna, meriterebbe un capitolo a parte. Come la costruzione spesso in mezzo al bosco degli ingegnosi e autarchici “canizi” (metati) in pietra, dove le castagne erano poste su graticci di legno con sotto un fuoco che bruciava per giorni, per farle seccare e ricavarne farina per cucinare leccornie come i “castagnazi” le “patone” il pane, o la squisita polenta. Con la scomparsa di queste attività, e quasi sparita anche la figura del boscaiolo. Oggi i pochi rimasti lavorano con sistemi più moderni, ma assai più distruttivi. Si “comprano” gli alberi di un bosco, e si tagliano tutti, lasciando solo delle “vette,” ossia dei giovani alberi che a crescere ci metteranno decenni. In questo lungo periodo di tempo però, le precipitazioni meteoriche potranno dilavare completamente il terreno causando frane, e di fatto rendendo il pendio quasi sterile, e non più adatto alla vita sia vegetale che animale. Un tempo si tagliava un albero alla volta, e di questo si utilizzava tutto compreso le foglie usate come “rusch” (letto) per gli animali, così facendo, il bosco con i suoi abitanti non solo non ne risentiva, ma traeva vantaggio dalle zone aperte alla luce del sole. Oggi non è più redditizio neppure la cura dei secolari uliveti posti sui fianchi scoscesi delle colline Apuane, così l’incuria, i parassiti, e i frequenti incendi, ne hanno drasticamente limitato l’estensione. Si salvano ma solo per adesso, alcuni vigneti, in gran parte proprietà di grosse Aziende, che hanno ancora un interesse economico nella vendita di un prodotto di nicchia come alcuni grandi vini Apuani. Sarebbe da ingrati affermare che il progresso non abbia portato prosperità a una consistente parte di popolazione, ma ha causato, per parte di essa, grandi disagi esistenziali, come ad esempio l’analfabetismo informatico di quelli della mia generazione, oltre ad aver provocato la “morte,” di un antico sapere, e di millenarie professioni, ormai perdute per sempre.
Mario Volpi 14.1.23
A proposito di paesi fantasma…segnaliamo
Barbazzano
Antichissimo insediamento fortificato FORSE già abitato dagli antichi liguri apuani ( XIII secolo a.C ). La tradizione vuole che il villaggio sia stato distrutto dai saraceni ai primi del Quattrocento. Oggi sono ancora identificabili parte della struttura difensiva, la torre che aveva sia ad ovest e a est gli ingressi alle mura di cinta, e le rovine della Chiesa di San Giorgio.
Si nota la croce rilevata direttamente nella facciata a mattoni, di notevole interesse l 'arco in pietra nella parete.
Ebbe grandissima importanza soprattutto per la sua marineria,tanto che i marinai di Barbazzano avevano l'onore di accompagnare il Vescovo di Luni nei suoi viaggi per mare.
Portesone - Un piccolo villaggio agricolo-pastorale.
Si tratta dei resti di un agglomerato di 14 case ancora esistenti che hanno una struttura particolare con piccole feritoie ed entrate rialzate
I piani inferiori erano adibiti a stalla, mentre le abitazioni erano al primo piano ed erano raggiungibili tramite scale di legno mobili.
Queste specie di case torri erano necessarie a causa delle frequenti incursioni piratesche.
Il villaggio fu anch'esso abbandonato a causa della peste del XVI secolo.
Porciorasco
Mentre sfogliavo un libro sulla storia antica locale, fui attratto dall’immagine di un architrave in arenaria con inciso un bassorilievo, murato sopra l’ingresso di una piccola casa in pietra. L’incisione, unica nel suo genere, raffigurava la scena del parto. Sui portali che nel tempo ho fotografato nei paesi che ho visitato, ho visto incisi fiori, piante, animali, stemmi, scudi, facce, croci e soldati ma mai avevo visto un’incisione simile a quella del libro.
Appassionato di cose antiche, mi chiesi perché quella pietra si trovasse proprio sopra quella casa di quel piccolo paese agricolo le cui origini parevano risalire al 700. Con questo interrogativo nella mente decisi di investigare.
Storia del paese fantasma…
Quel giorno arrivai all’auto bagnato fradicio e il mio primo pensiero fu quello di asciugare il telefonino perché non si danneggiasse. Arrivai a casa che ormai era notte e feci una doccia bollente. Dopo cena mi misi a scaricare le foto dallo smartphone. Non pensavo di averne fatte così tante. Poi, di colpo la mia attenzione fu attratta da una in particolare. Raffigurava una casa a due piani, ancora in buono stato di conservazione, le finestre con gli infissi bianchi avevano ancora i vetri, e stranamente, da una delle finestre, quella che sembrava una figura femminile con un abito celeste sembrava fissarmi. Ingrandisco al massimo l’immagine, ma questa rimane ancora confusa. Incuriosito esamino attentamente anche le altre foto di case con finestre, e in tutte l’inquietante figura è presente. Ho un involontario brivido, e ripenso a quella sgradevole sensazione che ho provato in paese, e devo confessarvi che la seconda visita non la farò mai più.
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