Il mestiere della “sposa.”
Una Volta Invece
Spetta/Le
Redazione
Oggi il
"matrimonio" è quasi caduto in disuso, rimpiazzato da un più pratico,
e economico "vivere insieme." Solo poco più di mezzo secolo fa questo
non sarebbe stato non solo permesso, ma neppure pensato, dalla bacchettona
Società del tempo.
Fino oltre la metà del secolo scorso, a Carrara, gran parte dei matrimoni, specialmente nelle zone rurali, e montane, erano ancora combinati. Per ovviare alla scarsa mobilità dei pretendenti maschi dovuta in special modo alla cattiva accoglienza che era riservata nei paesi agli stranieri, e alla cronica assenza di mezzi di trasporto, ma soprattutto dall’arcaico moralismo che impediva alle ragazze di “mostrarsi, ” per non passare da “leggere, ” ci si metteva sul mercato, incaricando il sensale di trovare un’anima gemella. La professione del sensale di matrimoni, era quasi sempre svolta da una donna, spesso non più giovanissima, che frequentava giornalmente i vari Paesi a Monte, e per non fare sapere alla gente chi era al centro delle sue attenzioni professionali, spesso svolgeva un “mestiere” di copertura come la ricamatrice, o la sarta, cosa che le permetteva di entrare nelle case senza destare sospetti, e generare pettegolezzi. Il matrimonio a quei tempi, aveva delle regole ferree, e ben codificate, che oggi farebbero inorridire, ma che al tempo erano alla base di un “matrimonio perfetto.” Mentre nella Società del tempo la donna contava poco o nulla, nel contratto matrimoniale, perché di fatto si trattava proprio di questo, era la ragazza, purtroppo in negativo, che faceva la parte del leone. In pratica tutti gli “oneri” e pochissimi onori erano a suo carico. Questa sudditanza della donna, era vecchia di secoli, tanto che fin da bambine erano istruite al mestiere di futura moglie, giocando con i “coccioletti,” a fare da mangiare al marito. Una richiesta di matrimonio tipo avveniva più o meno in questo modo. La famiglia del futuro sposo, chiamava la sensale e faceva un vero e proprio “ordine.” Anche qui erano molteplici i fattori in gioco, e tutti a vantaggio del maschio. Se questi era un bel giovanotto, e di famiglia agiata, si pretendeva che la futura sposa fosse, prima di tutto, assolutamente illibata, e su questa certezza si basava tutta la serietà professionale della sensale. Poi si passava all’entità della dote che la futura sposa doveva portare. Più alto era il “lignaggio” della famiglia dello sposo, e più corposa doveva essere la dote a carico della sposa, composta di biancheria, come lenzuola, coperte, federe, e asciugamani, in tessuti più o meno pregiati, che spaziavano dal comune cotone, delle spose “povere” per arrivare al lino e alla seta, di quelle più agiate. L’ammontare della dote era espresso in numeri pari e i loro multipli, ossia, ad esempio “ quattro di tutto, o sei di tutto,” per arrivare al ricchissimo “dodici di tutto.” Il valore della dote cambiava anche se la biancheria, era ornata da ricami, o orli particolari come il famoso “orlo a giorno” o giornino. L’illibatezza della sposa era sbandierata pubblicamente dall’imponente e prezioso abito bianco, che la sposa doveva indossare il giorno fatidico. Molte famiglie della sposa s’indebitavano per anni, solo per poter sfoggiare un abito suntuoso, che togliesse ogni dubbio alla gente e al futuro sposo, sulla moralità della fanciulla, quasi che fosse l’abito, l’arbitro imparziale che lo certificava con matematica certezza. Qualche volta il futuro sposo, era un pò avanti con gli anni, o aveva un difetto fisico, allora poteva accadere che si “accontentasse” di una giovane vedova, o che la pulzella avesse poca dote, o non l’avesse affatto. Però, erano almeno due i “pregi,” che la futura sposa doveva per forza avere, sapere fare da mangiare, e essere in grado di generare figli. La sensale, cercava di “vendere,” la futura sposa, o l’eventuale sposo, proprio come fossero capi di bestiame, lodandone le virtù, per la ragazza, ad esempio, era fondamentale quella di saper coccolare il futuro marito con manicaretti, ricavati anche da un sapiente riciclo, o magari “avere le mani d’oro” perché sapeva cucire e ricamare, mentre per l’uomo era richiesta la dote di essere un gran lavoratore, rispettoso della moglie e timorato di Dio, doti queste, quasi mai veritiere. L’avvenenza fisica, non era tra le qualità che, almeno agli occhi della famiglia dello sposo, facevano guadagnar punti, perché, come recitava un vecchio adagio, “ la beleza an s magn” (la bellezza non si mangia.) Le dolenti note arrivavano invece se la futura sposa, era appunto vedova, o se “zitella,” ossia con qualche annetto sulle spalle. In questi casi, si pensava che, non solo doveva accontentarsi e accettare chiunque la volesse impalmare, ma che visto la sua condizione sociale, doveva anche essere profondamente grata a colui che si “sacrificava,” prendendola in sposa. Per la vedova era assolutamente vietato, dal parroco del paese, indossare, magari per risparmiare qualcosa, l’abito bianco del precedente matrimonio, perché “non più pura” e spesso le era addirittura precluso la funzione religiosa in chiesa Un capitolo a parte merita poi le vessazioni che dovevano subire le ragazze madri del tempo. Erano davvero pochi i matrimoni che avevano come protagonista una ragazza madre, bollata senza pietà, dalla Società becera, e perbenista di quei tempi oscuri, come donna di malaffare, che non si potevano neppure svolgere in chiesa, perché la ragazza “era una peccatrice.” Le coppie così composte, erano bersaglio di pettegolezzi, e malignità, così dure e continue, che spesso i coniugi erano costretti a trasferirsi in altre città. Nonostante tutto, a onor del vero bisogna dire, che qualche volta, questi matrimoni combinati, rendevano i due coniugi veramente felici e innamorati, ma erano eventi piuttosto rari. Per secoli, a Carrara, come penso in gran parte d’Italia, le ragazze sono state costrette a essere spose per mestiere, dove l’amore, e i sentimenti, erano assenti ingiustificati, rimpiazzati spesso, dal triviale machismo dei mariti, che si sentivano forti alzando continuamente le mani, a loro volta vittime di analfabetismo, denutrizione, e di un abbrutimento caratteriale causato dalle fatiche indicibili e bestiali del duro lavoro alle cave. Oggi per fortuna, questo è retaggio del passato, e ogni uomo o donna può scegliere a suo piacimento il compagno per la vita, guidati dai sentimenti, e non più dalle lodi, false e interessate di una sensale.
Mario Volpi 6.8.22
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