Carta Moneta
Cara Redazione
E' di oggi la notizia che l'Argentina è economicamente fallita per la seconda volta in 13 anni, e questo nonostante sia ricca di materie prime importanti. Non si può negare che l'avvento dell'Euro in Italia, ma anche nel resto dell'Europa, ha rappresentato una vera e propria catastrofe per chi tra la popolazione ha un reddito fisso, come i pensionati, che si sono visti di colpo dimezzare il potere di acquisto. L'idea dell'Europa unita poteva essere buona per contrastare lo strapotere commerciale degli U.S.A ma la differenza tra noi e loro è, che loro sono davvero un solo paese per lingua, moneta, dirigenza politica, e sopratutto sentimenti di appartenenza a una sola Nazione, mentre noi?
Molti Governi della Comunità Europea, stanno pensando di non coniare più le monete da 1,2,e 5 centesimi di Euro, perché il costo di produzione è molto superiore al loro valore nominale, ma soprattutto perché si sono dimostrati inutili nel commercio quotidiano.
In realtà è una maniera elegante per cercare di rimediare, almeno nell’uso delle monete, a un’inflazione galoppante, che ha, di fatto, svalutato pesantemente in poco tempo il potere di acquisto dell’Euro. Questa stessa situazione si presentò, in Italia, agli inizi degli anni settanta, e creò una soluzione tutta italiana, che oggi, solo quelli della mia generazione conoscono, ma che per la sua originalità merita di essere conosciuta anche da chi, al tempo, non era ancora nato.
Appena finito il boom economico degli anni sessanta, la situazione economica mondiale cambiò drasticamente, e nei primi anni settanta, complice anche l’austerità dovuta alla crisi petrolifera voluta dai Paesi OPEC, in molti Stati, primi fra tutti l’Italia, si registrò un’inflazione altissima. Al tempo però, lo Stato poteva ancora battere moneta in modo autonomo, così la Zecca cominciò a produrre a ritmo frenetico cartamoneta, molto più economica che non coniare monete metalliche, la cui produzione calò drasticamente. A peggiorare la situazione vi fu la diffusione molto veloce dei primi giochi elettronici come i flipper, che per funzionare richiedevano moneta metallica, e la notizia, non so quanto veritiera, che l’industria giapponese facesse incetta dei pezzi da 50 e 100 lire, ottimi dopo un minimo di lavorazione a diventare casse per orologi maschili e femminili. Questo scompenso tra i diversi tagli di monete, generò in pochissimo tempo l’impossibilità materiale dei commercianti di dare il resto, si ricorreva perciò a caramelle, gettoni telefonici, o addirittura confezioni di cerottini da medicazione. A un’Associazione di Commercianti, per cercare di risolvere una situazione che stava diventando tragica, balenò un’idea, che avrebbe ben presto preso piede su tutto il territorio nazionale. Siccome battere moneta, era, ed è, una prerogativa dello Stato, fecero emettere dall’Istituto San Paolo di Torino, dopo avere versato il corrispettivo in moneta sonante, un gran numero di assegni circolari dal valore di 50, 100, 150, 200 lire, intestati a loro stessi, da usare come resto per i loro clienti. Questi assegni, avevano una dimensione molto più piccola degli assegni circolari normali, stampati alla meno peggio su carta comune, con il logo della Banca che li aveva emessi, e il nome dell’Associazione come beneficiario, la gente li battezzò subito miniassegni. Come spesso accade, da un’idea nata per sopperire a un’emergenza, vi è sempre qualcuno pronto a trarne profitto, così tutte le Banche che operavano al tempo nel nostro Paese, fiutando l’affare, non se lo lasciarono sfuggire. Nacquero così più di trecento tipi di miniassegni, con il valore nominale fino a 350 lire, per un valore reale totale, stimato di oltre duecento miliardi di lire. Gli Istituti di Credito, avevano capito che pochissimi di quei pezzetti di pessima carta, sarebbero stati riportati ai loro sportelli per la riscossione, come puntualmente avvenne, facendo guadagnare loro una cifra folle, spalmata come sempre sulle spalle dei cittadini impotenti. Vi furono anche parecchi casi di miniassegni falsi, con la Banca emittente e il beneficiario inesistenti, questo la dice lunga sulla situazione economica che vi era in Italia in quel periodo. I miniassegni divennero materiale da collezione per i numismatici di tutta Europa, che ne facevano incetta, non risparmiando però critiche velenose verso l’inefficienza del Governo, che non era in grado di sopperire economicamente, a una mancanza di moneta spicciola metallica. Furono forse anche queste critiche che spinsero il Procuratore della Repubblica di Perugia nel marzo del 1976, a ordinare il sequestro dei miniassegni su tutto il territorio nazionale, per la violazione delle norme sull’emissione dei biglietti di banca, per l’ingiusto profitto delle Banche, e per la violazione delle leggi sull’emissione di assegni circolari.
Anche qui, cavalcando l’ondata di protesta dei cittadini, che si trovavano di colpo nel portafoglio un mucchio di carta straccia senza valore, i poteri forti del mondo finanziario, seppero incanalare questo malcontento popolare, che portò di fatto a ignorare l’ordine del giudice, annullando addirittura il sequestro dei miniassegni che le banche avevano ancora nei forzieri, perché non circolanti.
Nel 1978 però, sotto le critiche sempre più feroci che tutto il mondo ci rivolgeva, lo Stato riformò alla meno peggio la Zecca, fornendola di macchinari nuovi, che poté così riprendere il conio dei pezzi da 50 e 100 lire, e fare anche una nuova moneta da 200 lire, dorata, che fu subito battezzata bronzino.
Come si vede, spesso la storia si ripete, in un ciclo infinito, sempre uguale, dove l’unica nota stonata è l’uomo, che dimostra di non saper imparare nulla dai propri errori.
Volpi Mario
1 agosto 2014