Scudieri con le ruote - carraraonline.com

Sezione a cura di Mario Volpi
Vai ai contenuti

Scudieri con le ruote

Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Come promesso, vengo a voi con la seconda parte dell'articolo sul ciclismo, buona lettura a tutti.

(seconda parte)
 
L’Era medievale è stato il periodo storico in cui gli “specialisti” hanno visto la luce per la prima volta. I Cavalieri infatti, erano a tutti gli effetti, professionisti della guerra. Al contrario di quanto si è voluto far credere per secoli, non erano esempi di rettitudine senza macchia e senza paura, ma semplicemente dei mercenari al soldo di chi pagava meglio, ma altamente specializzati. Per fare questo però, necessitavano di una “squadra,” di collaboratori fidati e competenti, chiamati scudieri. Gli scudieri, magari non erano di alto lignaggio, o nobili come il loro Signore, ma certamente non erano di molto inferiore a lui in quanto a competenze guerresche. Ecco perché, in Era moderna, un Team di ciclisti professionisti, è la “cosa, ” che più si avvicina all’organizzazione che l’antico Ordine dei Cavalieri ha avuto per secoli. Nomi di grandi campioni del ciclismo da Fausto Coppi, a Vincenzo Nibali, per arrivare al giovanissimo Tadej Pogacar, sono noti al grande pubblico in tutto il mondo, ma anche se grandissimi atleti, non sarebbero stati in grado di compiere imprese quasi leggendarie, senza il fondamentale aiuto di aiutanti, spesso misconosciuti, ma altrettanto validi atleticamente, e soprattutto votati anima e corpo al loro servizio; i gregari. “Gregari non si nasce, si diventa!” Ebbe a dire un grande gregario del passato, e questa è la pura verità. Quando si decide di intraprendere il faticoso, ma esaltante sport del ciclismo, il giovane atleta sogna di diventare un campione, ma poi, la maggior parte di loro, si accorge con sgomento, che c’è sempre qualcuno più bravo di lui, magari non fisicamente, ma che sa interpretare in modo migliore la strategia di corsa, che regge meglio allo stress psicologico, o che sa “soffrire” meglio. Molti abbandonano, altri, decidono che il ciclismo diventi la loro professione, e diventano gregari. Ma chi è il gregario tipo. E’ colui, che, in corsa, protegge il proprio Capitano, come un padre amorevole fa con il figlio, gli porta l’acqua e i rifornimenti, gli fa l’andatura in pianura fino a quando sfinito non si sfila da un lato, e se il Capitano è un velocista diventa il suo” pesce pilota”, nelle volate. Il pesce pilota ossia l’ultimo uomo, è uno dei mestieri più difficili e pericolosi che esista nello sport del ciclismo su strada. Nel ciclismo moderno, le squadre sono composte di otto uomini, di cui il Capitano è spesso il velocista. Quando la Tappa è in pianura, si assiste ad un arrivo in volata, un avvenimento tanto spettacolare, quanto pericoloso. In vista del traguardo le varie squadre dove vi è un velocista formano i cosiddetti treni. Questi sono formati dall’intera squadra in linea di fila, dove il velocista è l’ultimo. Questi treni marciano a settanta all’ora, e mano a mano che avanzano verso la linea del traguardo perdono “pezzi, ” costituiti dai gregari ormai sfiniti che si scostano perché hanno finito il loro lavoro. Rimangono il pesce pilota, che deve essere in grado di scortare alla massima velocità il proprio Capitano, dribblando abilmente tra gli altri treni, e lanciarlo, scostandosi, a circa duecento metri dal traguardo. Il gregario è altrettanto prezioso anche se il leader della squadra è uno scalatore. Durante le mitiche ascese come il Mortirolo, o l’Alpe d'Huez, è fondamentale per il Capitano, magari in maglia rosa o gialla, poter contare su un forte gregario, che “tirerà” il gruppo a folle andatura, per impedire che qualcuno tenti una fuga, che potrebbe mettere in difficoltà il leader. E’ chiaro che questo sforzo non potrà durare a lungo, e i vari gregari si sfileranno sfiniti, arrivando al traguardo spesso entro pochi secondo dal tempo massimo, accumulando nel corso dei vari Giri, ore di ritardo nei confronti dal primo in classifica. Pur votati a “non vincere mai” i gregari più bravi sono richiestissimi da tutti i Team ciclistici, qualcuno anche ben retribuito, anche se infinitamente meno del Capitano che devono proteggere. Il grande pubblico osanna il grande campione, l’uomo solo, il fuoriclasse, capace d’imprese leggendarie, di esaltanti vittorie, dimenticandosi spesso che al contrario di quanto si pensa, il ciclismo è lo sport di squadra per eccellenza. Ci vuole davvero una grande abnegazione per il proprio mestiere, per farlo sempre ai massimi livelli, sapendo a priori che mai, o molto raramente, non solo non si arriverà a conseguire una vittoria, ma anche che il proprio nome sarà certamente sconosciuto al grande pubblico, pur avendo le qualità molto vicine a quelle del grande campione che si protegge. Il gregario tipo, è uno abituato a soffrire, anche fisicamente, si sa di corridori che dopo una caduta, hanno continuato per giorni a correre anche con dolorose fratture, per non “impoverire” la squadra con il loro ritiro. In un mondo in cui pare che tutto sia concesso, lo stoicismo dei gregari dovrebbero essere d’esempio per le giovani generazioni, perché imparare a soffrire, è la base per arrivare a mete eccelse, e questo non solo nello sport.
 
Mario Volpi 29.7.22
Racconti di questa rubrica
CarraraOnline.com
CarraraOnline.com
Torna ai contenuti