L’industria verde
Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Prende sempre più vigore la vera e propria "moda" di coltivare piante da
orte, magari in vaso sul terrazzo. L'agricoltura, un tempo vero e
proprio volano economico e sociale dell'umanità, oggi è diventata un
divertimento, ma se contribuirà a far amare la terra e rispettare
l'ambiente, sia ancora una volta la benvenuta.
Fino alla fine degli anni settanta, in Italia dire “contadino” a una persona, era presa come un’offesa sanguinosa, retaggio forse, delle miserevoli condizioni che questa categoria di persone aveva dovuto affrontare per secoli. L’industrializzazione selvaggia, con il conseguente abbandono delle campagne, per trasferirsi nelle città, dove il progresso prometteva a tutti una vita più agiata, aveva causato una sorta di rigetto per le attività agricole, considerate da molti, ormai obsolete. Dopo pochi decenni però, questa pia illusione svanì miseramente, così che molti rimpiangevano la vita in campagna da poco abbandonata. Nelle case-conigliere delle grandi città, si cominciò a cercare di abbellire il grigio del cemento armato, con vasi di fiori, forse un surrogato dell’orto di un tempo. Anche quest’attività a prima vista semplice, si dimostrò altresì complicata, a causa della perdita del patrimonio sementifero, e delle conoscenze agricole ormai dimenticate. Come il solito l’industria, sempre attenta alle esigenze delle persone per trarne vantaggi economici, non si lasciò scappare l’occasione, e complice anche l’uso di nuovi materiali come il polipropilene per le serre, inondò il mercato di fiori in vaso splendidi, mai visti prima. Mentre un tempo nei tristi giardini delle fattorie e case coloniche, fiorivano varietà semi-spontanee come le onnipresenti Calle, Rose, o Iris, ora erano disponibili Petunie, Surfinie, e tantissimi altre specie di fiori esotici, che una sapiente ibridazione aveva saputo rendere multicolori, e adattare perfettamente al nostro clima. L’industria però non si è fermata qui. Cercando di soddisfare le richieste di questi giardinieri fai da te, ha prodotto nuovi concimi liquidi, in appositi contenitori che ne garantivano, se interrati alla base della pianta, il suo lento rilascio, centraline programmabili a batteria che consentivano di “dimenticarsi” di annaffiare i vasi per motivi di lavoro, o quando si va in vacanza, e per chi possedeva un giardino o il prato, ogni genere di accessorio, dal tagliaerba, alla zappetta per la sarchiatura. Piano piano, negli anni duemila, si assistette a un ritorno alla campagna da parte dei figli o nipoti, di quelli che l’avevano abbandonata decenni prima, magari cercando di ricoltivare il campetto, o l’orticello, che nel frattempo si era trasformato in una giungla Amazzonica. Ma anche qui i problemi non mancavano. Non si ha più la voglia di faticare, e le conoscenze agricole di un tempo sono perdute per sempre, ecco così, che l’onnipresente industria viene in nostro aiuto. S’immettono sul mercato innumerevoli attrezzi per il fai da te agricolo, come mini-zappatrici, decespugliatori, motoseghe, tosaerba, per finire con erogatori da spalla, un tempo in rame e costosissimi, oggi in plastica. Per ovviare alla mancanza di sementi, ecco fiorire una nuova industria, che in pochi anni diventerà una delle forze trainanti dell'economia italiana; il vivaismo. Molte aziende, si riconvertono, o cominciano da zero nel produrre piantine da orto da trapianto. I nuovi materiali, e le nuove tecnologie, permettono uno sviluppo in questo settore che ha del miracoloso. S’inventano seminatrici, che pongono in speciali contenitori di platica, un solo seme, in una mistura di torba bionda e nera. Questi contenitori sono posti in serre riscaldate, e irrigati con l’aggiunta di fertilizzanti, sottoposti ad attente profilassi sanitarie, le piantine così ottenute sono pronte all’inizio della primavera per essere vendute nei consorzi agricoli o nei Garden specializzati, a un vero e proprio esercito di “contadini della domenica.” Sono talmente belle e sicure, che spesso anche aziende agricole medio piccole, le comprano, trovando più conveniente questo sistema di coltivazione. Com’è naturale, a seguire, sono stati “inventati” una lunga fila di “accessori” e nuovi prodotti per ottemperare alle necessità di questa moltitudine di contadini-cittadini. In primo luogo i fertilizzanti. Abbandonati per motivi ecologici i concimi chimici, tanto in auge negli anni settanta, ci si è orientati per quelli organici, ma per ovviare alla puzza e al loro volume, si sono “pellettati” così da rendere possibile il loro utilizzo in ogni situazione. Dopo un uso “disinvolto” dei prodotti chiamati “fitofarmaci, ” proprio perché non usati da professionisti, nel 2018 è scattato un decreto che ne vieta la libera vendita se non a utilizzatori muniti di una speciale patente per il loro corretto uso. Così quello che un tempo era la dura necessità quotidiana di milioni di persone, ossia l’attività agricola, oggi è diventata un piacevole hobby per molte persone. Un tempo però non era così! Io ricordo ancora la cura che mio nonno riservava nella raccolta dei semi di pomodoro. Dovevano essere presi dai frutti lasciati maturare sulla pianta, e ricavati dal primo palco, perché è da lì che le future piantine avrebbero cominciato a produrre. Raccoglieva e conservava religiosamente in un barattolo di vetro a tenuta ermetica, anche i semi di zucchine, zucche, insalate, rapanelli, cicorie, e fagiolini, raccolti con la stessa cura, e riposti per un anno al buio della cantina ad aspettare la prossima primavera. Le sementi così conservate venivano anche scambiate fra contadini, contribuendo così in modo inconsapevole, a rinforzare o selezionare le varietà più resistenti e produttive. Oggi tutto questo c’è precluso, le piantine vendute, sono per la maggior parte ibridi, e quindi non adatte alla moltiplicazione per seme. Una cosa positiva in questa enorme affare commerciale comunque c’è, ed è il rinnovato amore di gran parte della popolazione per la terra e l’ambiente, cosa che ci fa ben sperare per l’avvenire della razza umana sul pianeta.
Mario Volpi
Racconti di questa rubrica