Mi fa accendere
Spetta/Le Redazione
18 marzo 2014
Cara Redazione
Qualcuno disse che la Storia si ripete ciclicamente, sono gli uomini ad avere la memoria corta. Niente di più vero! A distanza di pochi decenni le stesse "voglie" spingono la gente a comportamenti simili. Sembra che per questa Società sia più importante l'effimero, che la sostanza. Se davvero fosse così, l'uomo con tutta la sua ambizione di essere dominante, assomiglierebbe sempre più a un pavone, ma nel confronto ne perderebbe anche in bellezza.
Ormai tutti i più eminenti sociologi sono concordi nell’affermare che per studiare l’evoluzione di una Società, è più facile prendere in esame l’uso dei cosiddetti “beni voluttuari,” magari anche di scarso valore, ma comunque non necessari alla vita quotidiana. A riprova della validità di questa teoria, io vorrei portare all’attenzione dei lettori un oggetto oggi quasi scomparso, ma che nel secolo scorso, è stato una pietra miliare nel nostro passaggio, non certo indolore, da Società agricola, a Società industriale: il fiammifero.
Quando io ero bambino, i fiammiferi più usati erano gli zolfanelli chiamati in dialetto “scricon” (scricconi) perché erano in grado di accendersi sfregandoli su qualsiasi superficie ruvida. Erano in legno, a sezione quadrata, lunghi circa 40 mm, con un centimetro di legno al disotto della capocchia imbevuto di zolfo, cosa che a ogni accensione provocava una gran fumata bianca, e un odore acre. Il loro consumo era molto limitato, perché i camini, erano ancora usati anche per cucinare, e quindi in essi ardeva praticamente un fuoco in perpetuo, magari sotto forma di brace, ma che con due rametti, e una energica sventagliata tornava a scoppiettare allegramente. Anche i fumatori erano abbastanza rari, perché al tempo era molto in uso il tabacco da mastico, o l’uso del sigaro o della pipa, che non necessitavano l’accensione frequente come le sigarette. Solo nei primi anni sessanta, con l’avvento del boom economico, il fiammifero conobbe il suo momento di gloria. Alla sua diffusione massiccia contribuì l’introduzione dei primi fornelli a gas per cucinare, ma soprattutto l’aumento vertiginoso dei fumatori di sigarette. Vennero così lanciati sul mercato moltissimi tipi di fiammiferi, tra cui i cosiddetti “cerini,” produzione in cui l’Italia del tempo era Leader. Questi erano “da tasca,” studiati per essere utilizzati prevalentemente dai fumatori di sigarette, da qui le loro dimensioni ridotte, essendo poi il loro fusto, fatto di carta cerata erano estremamente leggeri, e affidabili contro l’umidità. Per la stessa fascia di utilizzo si diffusero anche i “Minerva” nome dato a un tipo di fiammifero in legno sottilissimo, di forma piatta, disposto a pettine in vari file dentro a un cartoncino. Per il suo utilizzo era necessario strapparlo dalla sua base, l’accensione avveniva per sfregamento su un’apposita striscia abrasiva posta sulla confezione. Altro tipo erano gli “Svedesi” o di sicurezza. Molto simili per forma agli zolfanelli, si accendevano solo se sfregati sull’apposita striscia presente su ogni confezione, in quanto solo sopra di essa era presente il componente chimico che ne provocava la fiamma. Anche il neonato mondo della pubblicità si accorse della diffusione vertiginosa dei fiammiferi, così cominciò ad usare in forma massiccia le loro confezioni per veicolare la pubblicità un pò ingenua del tempo. Lo fece però ai massimi livelli raggiungendo in qualche caso l’eccellenza. Alcune scatole, oggi conservate in alcuni musei, sono delle vere e proprie opere d’arte, per la cura dei particolari grafici, la composizione delle immagine, e l’accostamento dei colori, operazioni che con i mezzi del tempo non erano certamente semplice. Anche il Cinema cominciò a dare sempre più importanza all’uso del fiammifero, legandolo o a scene di horror, o ad alta tensione, come negli spaghetti western, dove Clint Eastwood li accendeva con l’unghia del pollice, socchiudendo gli occhi prima del duello. Nacquero anche quelli speciali, come i controvento, in grado di accendersi e di bruciare anche in presenza di una burrasca, i “candelotti” molto simili a delle mini candele buone per qualunque ricorrenza, e quelli specifici per pipe o camini, con i bastoncini lunghissimi. Intanto però la Società evolveva, e la voglia di diversificarsi dalla massa cominciò ad affermarsi anche allora, e per farlo scelse un altro oggetto che era praticamente l’evoluzione del fiammifero; l’accendino.
I primi furono gli Zippo. Erano in acciaio cromato, alimentati a benzina, con la fiamma che si innescava tramite lo sfregamento di una rotellina zigrinata su una pietra focaia, che noi chiamavamo “pietrina.” La forma era molto semplice, a parallelepipedo, con una cerniera che permetteva al coperchio di aprirsi per l’accensione, e il chiudersi per lo spegnimento. La fiamma che ne scaturiva risultava non certo “senza fumo” e l’odore era simile a quello prodotto da una Seicento ingolfata, ma accendersi una sigaretta con uno Zippo davanti a una ragazza meritava certamente qualche sacrificio. Anche su questo tipo di accendino il Cinema si sbizzarrì molto nel trovare modi fantasiosi e teatrali, per la sua accensione, subito imitati, ma con scarsi risultati, da noi ragazzi. Agli inizi solo il suo costo, non certo economico, poteva generare una certa differenza “sociale” ma poi, la costruzione in serie li rese praticamente alla portata di tutti. Così si scatenò una nuova corsa alla differenzazione sociale, trovando nuove forme e Marche di questo vero e proprio oggetto di culto. Il nuovo “oggetto del desiderio” degli italiani si chiamava Ronson, Duhill, Dupont, o Colibrì, aveva le forme più varie e fantasiose, dalla pistola, alla donnina seminuda, dall’auto in miniatura, alla penna stilografica, qualche modello addirittura in oro massiccio con diamanti incastonati. Fu l’introduzione del Butano al posto della benzina che scatenò un’altra competizione sociale nella gente, e l’accendino a gas di ultima generazione faceva bella mostra di se, appoggiato con noncuranza sopra il bancone del Bar, o mentre ci si giocherellava durante una partita di scopone. Così a distanza di decenni nulla è cambiato nel comportamento umano, ieri, in modo un po’ ingenuo,sfoggiando fiammiferi e accendini, oggi telefonini e tablet, e domani?
Volpi Mario