Amici per la pelle
Racconti
Spetta/Le RedazioneLa nostra presunta superiorità "mascolina", ci porta a offrire nei confronti del sesso debole, la nostra "protezione" spesso non richiesta, facendoci fare delle figure...
Alice e Michele erano nati nello stesso palazzo di Marina di Carrara, nel medesimo mese, dello stesso anno, il 1980. Oltretutto, le loro rispettive case, erano dirimpettaie sullo stesso pianerottolo, quindi appena sono stati in grado di intendere e di volere, hanno in sostanza vissuto insieme. I genitori di Michele erano entrambi di Marina, il padre, titolare di una piccola ditta d’import-export di marmo, mentre la madre, lavorava in una nota fabbrica di abbigliamento maschile, ma dopo la nascita del figlio, si era licenziata per continuare la propria attività saltuariamente in casa. Quelli di Alice invece, erano “forestieri”, ossia il padre, originario di Spezia, era ingegnere, e si era trasferito a Marina quando aveva sposato Katia, la moglie, scozzese purosangue, conosciuta durante un’estate al mare ormai lontana. Le due coppie si erano trovate subito simpatiche, cosa, che era stata salutare per Katia spesso sola per lunghi periodi, quando il marito si assentava per lavoro, spesso all’estero. I due bambini erano cresciuti assieme, e le rispettive madri, avevano intrapreso una sorta di mutuo scambio di favori; Katia insegnava l’inglese ai bambini, e Luisa, insegnava a Katia a cucire, ma soprattutto i segreti della cucina carrarina. Alice era un vero e proprio “maschiaccio”. Di carnagione chiara, con una gran massa di capelli rossi, gli piaceva giocare con le costruzioni, e i Playmobil di Michele, era anche particolarmente dispettosa verso il suo compagno di giochi, che però subiva pazientemente. Michele era un bel bambino, più alto per la sua età, e dimostrava una vera e propria forma di protezione nei confronti di Alice, cosa che inspirava nei rispettivi genitori, sentimenti di orgoglio, e tenerezza. La sua protezione nei confronti della bambina arrivava al punto, che spesso, lui “immaginava” le azioni che Alice voleva intraprendere, e se giudicate pericolose, le impediva, con immancabile pianto della bambina, che spesso pensava di fare tutt’altro. Questa pacifica convivenza durò fino a quando i due ragazzi frequentavano la seconda media, poi, il padre di Alice, accettò un contratto di lavoro molto vantaggioso da parte di una grossa Compagnia estera, e con grande disperazione dei piccoli, Alice e la sua famiglia si trasferirono in Olanda. Il tempo passò inesorabile, e la sfortuna colpì duramente la famiglia di Michele. Il padre morì all’improvviso per un infarto, lasciando la moglie e il figlio appena diciottenne, nella più cupa disperazione. In principio i piccoli lavori da sarta, aiutarono la famigliola a tirare avanti, poi il fato, così com’era stato malevolo, lo aiutò a dare una svolta alla propria vita. Mentre si trovava nel piccolo ufficio del padre, per liberarlo delle poche cose rimastevi, uno scultore nel capannone adiacente, sapendo della sua perfetta conoscenza della lingua inglese, lo chiamò, perché aveva un cliente al telefono, e non riusciva a capire cosa volesse. Michele, che non era stupido, pensò di sfruttare questa sua abilità, addirittura con più successo del padre. Detto fatto cominciò a visitare tutte le più grandi Aziende di marmo della zona, stando però ben attento che non fossero in concorrenza tra loro, vendendo gli stessi prodotti, e si offrì come “broker per l’estero”, ossia una sorta di rappresentante fuori dagli italici confini, senza stipendio, ma solo a provvigione. La cosa funzionò alla grande, tanto che dopo appena tre anni, dovette chiedere alla madre di fargli da segretaria, per le numerose chiamate che riceveva, cui non poteva rispondere perché all’estero. Viaggiava moltissimo, e aveva capito che l’aspetto, ossia quello che si chiama “prima impressione” contavano moltissimo con i clienti. Così ancora una volta sfruttò le abilità materne per vestire in modo elegante, e ricercato, ma non eccentrico, anche l’aspetto fisico era impeccabile. La palestra gli procurava un fisico tonico e asciutto, mentre i capelli, e le mani, erano affidate alle sapienti cure di esperti professionisti. Abitava sempre nel medesimo palazzo, e spesso quando rincasava, ricordava i momenti passati con Alice, di cui aveva perso le tracce. Passarono gli anni, e anche il progresso tecnologico avanzava, ora, sempre più spesso, si serviva delle possibilità che le nuove tecnologie avevano da offrire, come l’uso dei nuovi cellulari, con cui era sempre reperibile anche dall’estero, o il nuovo strumento per eccellenza; il computer. Ormai alla soglia del fatidico traguardo della quarantina, era un uomo di successo, si era costruito una bella casa nella splendida zona di Monteverde, con annesso ufficio, e aveva assunto una segretaria, per dare alla madre un meritato riposo. Un giorno mentre era all’Aeroporto di Pisa in attesa di partire, giocherellava con il cellulare su Fecebook, quando ebbe un tuffo al cuore. Una bella ragazza dai capelli rossi, gli chiedeva l’amicizia, era Alice. Iniziò subito un fitto scambio di messaggi, dove, alla sua richiesta di dove fosse, lei, dopo un attimo di esitazione disse di essere a Londra. Era proprio diretto lì, gli rispose, potevano incontrarsi? Lei rispose che l’indomani alle ore 13, lo avrebbe aspettato al Pub dentro l’Aerostazione di Gatwick. Il giorno dopo, lui anticipò al massimo i suoi impegni di lavoro per essere all’appuntamento in anticipo, tanto bruciava dalla voglia di rivederla. Il loro incontro fu commovente. Alice, inconfondibile per i suoi splendidi capelli, era seduta su un alto sgabello del bancone del pub. Indossava un impermeabile celestino, chiuso in vita da una cintura dello stesso colore, si abbracciarono forte, e dopo essersi fatti i complimenti reciproci per il loro aspetto, cominciarono a parlarsi fitto, quasi temessero di non fare a tempo a raccontarsi tutto. Lei gli chiese che lavoro facesse, e lui orgogliosamente disse che era il padrone di se stesso, e finalmente i problemi economici erano finiti, poi chiese a lei come se la passasse, e lei rispose che lavorava in Aeroporto, e che il suo lavoro la appagava appieno. Lui si incupì, poi dopo avergli preso le mani tra le sue, gli disse in modo quasi paterno ” Alice, con le tue capacità non meriti di fare le pulizie in Aeroporto, vieni con me in Italia, nella mia azienda un posto per te ci sarà sempre”. Lei dopo un attimo di silenzio, disse che lo ringraziava, e che in Italia ci veniva spesso, anzi, proprio l’indomani alle ore 12, avrebbe preso l’aereo per Pisa. “Anch’io prendo quel volo” disse Michele raggiante, “allora ci vedremo a bordo, ora purtroppo devo scappare”! Il giorno dopo, appena imbarcato, cercò Alice con lo sguardo, ma non la vide, la aspettò con ansia, fino a quando, non vi fu il decollo. In quel momento le sue speranze crollarono, come il suo umore; lo aveva imbrogliato, forse per non metterlo in imbarazzo, pensò. Era ancora tra il malinconico e l’arrabbiato, quando una hostess, le porse una coppa di champagne. Lui la guardò, e le disse che sicuramente vi era un errore, perché lui non aveva ordinato nulla. “Nessun errore signore”! Rispose l’hostess con uno splendido sorriso ” è da parte del Comandante, che vuole scusarsi”. Lui non capiva per quale motivo il Comandante dovesse scusarsi con lui, ma poi capì di colpo. Splendida nella sua uniforme da Comandante, con i suoi inconfondibili capelli rossi sotto il berretto con il cordone dorato, Alice lo abbracciò sorridendo, lo baciò sulla guancia, e poi gli sussurrò all’orecchio” ti ho detto che lavoravo in aeroporto, il resto come al solito, lo hai immaginato tu”. Pare che i due si trasferiranno presto a Pisa, dove hanno già comprato casa, dove andranno a vivere …. insieme.
Mario Volpi
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