Il brumista
Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione marzo 2019
Alcuni giorni or sono vi sono stati, nelle maggiori città italiane,
delle proteste a tratti violente della categoria dei tassisti, che le
nuove norme europee privano del loro "monopolio." Così mi è tornato alla
mente quando questo mestiere era uno dei più modesti, fatto con un
ronzino attaccato a una scalcinata carrozza.
Credo che pochissimi dei nostri lettori, sappiano chi era, e cosa facesse di mestiere il brumista. Anch’io pur sentendo questo nome da quando ero molto piccolo, l’ho saputo solo quando presi la prima comunione, perché proprio un “brumista” mi accompagnò con la carrozza alla chiesa del paese. Il brumista era il vetturino della carrozza a pagamento, il primo vero e proprio taxi a trazione animale che in Italia continuò a operare fino agli inizi degli anni sessanta. Il nome pare deriva dallo storpiamento della marca tedesca delle carrozze adibite allo scopo. In Italia il primo servizio di taxi, o tassì, come si dovrebbe dire in italiano, vide la luce a Roma nel lontano 1907, con dieci Fiat Fiacre con tassametro. Il successo dell’iniziativa fu immediato tanto che la Società, non solo acquistò molte altre vetture, ma addirittura la Fiat esportò questo modello persino a New York. Anche a Carrara, appena dopo la fine della seconda guerra mondiale, apparvero un paio di “auto pubbliche” come si diceva un tempo. Erano Fiat Balilla, forse un residuato bellico, completamente nere e senza la scritta sul tetto, in attesa di clienti si ponevano nei pressi della Stazione ferroviaria di Avenza, perché la linea che andava a San Martino era già stata dismessa per i passeggeri. Gli autisti indossavano una specie di spolverino grigio, e un cappello con la visiera. Il mio ricordo di bambino è rimasto a come lucidavano e spolveravano quelle vecchie auto, che nelle giornate di sole brillavano come stelle. Le condizioni economiche ancora disastrate della maggior parte degli italiani, però, relegavano queste auto a fare qualche servizio per matrimoni, o a trasportare persone importanti dalla stazione verso la marina, nella bella stagione. Fu agli inizi degli anni sessanta che quest’attività conobbe un forte aumento degli addetti. La Fiat aveva da poco messo in commercio la Seicento Multipla, un’auto orrenda dal punto di vista estetico, ma comodissima per quel particolare servizio. La carrozzeria di quei primi taxi era bicolore, verde e nera, sul tetto spiccava la targhetta che di notte s’illuminava con la scritta Taxi. Accanto al sedile di guida, il posto del passeggero era stato sostituito da un piano rivestito di gomma per il trasporto dei bagagli, mentre la sezione “passeggeri, ” sul retro, aveva un unico divano-sedile, più due strapuntini estraibili per il trasporto di ben quattro persone. Sopra il più che spartano cruscotto, era sistemato il tassametro. Il servizio Taxi cittadino si andò sempre più modernizzando, inserendo auto sempre più moderne e capienti, e istituendo ben tre zone di sosta per taxi. Una, in Piazza Farini a Carrara, l’altra fuori della Stazione ferroviaria di Avenza, e l’ultima nella strada parallela a Piazza Menconi, a Marina di Carrara. Nella prima metà degli anni ottanta poi, il servizio taxi cittadino si modernizzò ulteriormente con la possibilità di chiamare il taxi con il telefono. Furono installati degli apparecchi telefonici nelle zone di sosta, così che gli utenti potessero chiamare un’auto pubblica da casa per prenotare una corsa. Con il passare degli anni però, questo servizio nella nostra città, entrò in crisi, forse per la limitata estensione del territorio comunale, o anche per la sempre maggior diffusione dell’auto privata, tanto che ai nostri giorni è quasi totalmente scomparso. Ben altra storia fu quello che successe nelle grandi città. I tassisti si consorziarono tra loro, formando cooperative, le auto furono dotate di VHF con una centrale radio, in grado di smistare le auto ai vari indirizzi che i clienti richiedono per telefono. Lo Stato Italiano nel frattempo aveva legiferato per disciplinare la materia, prescrivendo che gli autisti debbano avere una patente speciale, oltre a una licenza per possedere e gestire un’auto pubblica. Si è venuto a formare così quasi una vera e propria “casta” stabilita da un numero di licenze “chiuso,” che gli stessi addetti ai lavori cercano disperatamente di far restare tale, per avere la certezza di poter lavorare tutti. Ma il progresso e la “liberalizzazione” imposta dalla Comunità Europea, hanno rivoluzionato il sistema mettendolo in crisi, causando le violente proteste della categoria. Vediamone il motivo. Molti Comuni, da anni non rilasciano più licenze, con il risultato che quelle che si liberano per la pensione, o la morte dei proprietari, siano vendute a prezzi che sfiorano i quattrocentomila euro, con la certezza che con il tempo, essendo il numero dei tassisti chiuso, oltre ad ammortizzare il costo della licenza, si comincerà a guadagnare. E proprio da qui cominciano le dolenti noti. Una Società americana l’Uber, ha pensato di “aggirare” le regole, facendo noleggiare alla gente “auto con conducente” mettendosi così in concorrenza con i tassisti. Avendo molte meno tasse, e regole, questa Società può praticare prezzi migliori, scatenando la protesta dei tassisti per la concorrenza sleale. Oltre a questo sta prendendo sempre più piede il Mytaxi. Questa rivoluzione tecnologica permette alle persone, tramite una semplice App, sul telefonino, di chiamare un taxi, prenotare la corsa, magari giorni prima, sapere in anticipo il costo della stessa, parlare con il tassista designato in remoto, controllare dove si trova, e pagare la corsa senza denaro contante. Una sentenza europea ha stabilito che il tassista possa affigliarsi a quest’organizzazione senza lasciare la cooperativa di cui fa parte, scatenando le ire delle stesse, che vedono dimezzarsi il lavoro. Questo settore, rimasto tecnologicamente immutato per quasi un secolo, in poco tempo sta entrando nell’era digitale del futuro, e, come tutti i cambiamenti storici, trascinando con sé polemiche e malumori, ma che sono sicuro, saranno presto risolti per fornire al cittadino un servizio degno del terzo millennio.
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