Gli artisti del sorriso
Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Il mal di denti è da sempre considerato uno dei dolori
meno sopportabili, e che impedisce di fatto la normale alimentazione. Oggi è
facilmente sanabile, ma per secoli è stato un vero flagello per l'umanità.
Quando
vedo i film di cappa e spada, ambientati in Era medievale, con i protagonisti dotati di uno smagliante sorriso, mi viene da
ridere. Capisco che lo fanno per esigenze cinematografiche, ma questo è
palesemente un falso storico. Una delle malattie più antiche che ha afflitto
l’umanità nei millenni e sicuramente la carie dentale. Già Plinio il Vecchio
affermava che era causata da un “verme dentale,” teoria rimasta valida per
secoli. In Era medievale, la carie dentale era assai diffusa, anche se la dieta
povera di zuccheri, non la favoriva, ma la totale assenza di norme igieniche
orali, faceva si che la quasi totalità degli individui, arrivasse alla
vecchiaia, al tempo di circa quaranta anni, totalmente, o parzialmente
sdentato. Questa triste situazione si è protratta per secoli, fino ad arrivare pressoché
intatta al primo dopoguerra italiano. Negli anni cinquanta del novecento, in
Italia, le persone con i denti pesantemente cariati, o parzialmente sdentate,
erano molte. Questa situazione era favorita dal fatto che fra la gente comune,
lo spazzolino da denti e il dentifricio, erano pressoché sconosciuti. Pensate
che per combattere l’alito cattivo si usava strofinare sui denti foglie di
Salvia, mentre in caso di mal di denti, si facevano sciacqui con infusi di
Malva. Ascessi dentali anche gravi erano frequenti, come lo era la Piorrea
Espulsiva, come al tempo era chiamata la Parodontite, che provocava fuoriuscita
di pus dal colletto gengivale, e per ultimo la caduta dei denti. I dentisti
erano rari, e frequentati solo da persone facoltose, per la gente comune, i
denti erano cavati, solo in casi estremi, dal dottore di condotta. Fu durante
il boom economico degli anni sessanta, che, anche grazie ai primi spot
pubblicitari di dentifrici, la gente cominciò a prendersi più cura della
propria dentatura. Aumentarono di numero anche gli studi dentistici, che
effettuavano la ”cura” dei denti, ossia le otturazioni, cosa una volta
totalmente sconosciuta. L’otturazione di un dente in quel tempo, comprendeva
quasi sempre la devitalizzazione dello stesso, perché si andava dal dentista
quando il dolore era insopportabile e la carie già molto avanzata. Per eseguire
questa operazione, oltre a essere assai dolorosa, la sua esecuzione aveva una durata
quasi biblica. Si andava dal dentista un giorno a settimana, per dare il tempo
alla medicazione di agire. Si cominciava con la trapanatura del dente. Al tempo
il trapano era ancora rudimentale, un aggeggio infernale composto di una specie
di braccio snodabile, su cui erano montate una serie di cinghie, che facevano
girare una punta, che il dentista usava per trapanare il dente. Al tempo
l’anestesia era usata solo per le estrazioni, per cui il trapano a bassa
velocità, oltre a farlo vibrare, scaldava il dente, provocando una sensazione
dolorosa, se poi, per disgrazia la punta toccava il nervo, il dolore era lancinante.
Dopo aver forato il dente per eliminare la carie e scoprire la polpa, vi si
metteva uno stoppino imbevuto di una sostanza chimica per “ammazzare,” il
nervo, quindi si richiudeva con un cemento provvisorio, e si doveva tornare la
settimana dopo. Spesso questa prima medicazione, provocava un giorno o due di
un mal di denti feroce, ma che al tempo era considerato quasi inevitabile. Per
finire un’otturazione con devitalizzazione, era necessario recarsi dal dentista
da quattro a sei settimane, fino a quando l’ultima settimana dopo l’estrazione
del nervo, veniva applicato un cemento rosso che segnalava che il dente era in
prova, ossia che se non faceva male per tutta la settimana si passava alla
chiusura definitiva. Questa avveniva con una amalgama di metalli che oggi ci fanno
inorridire per la loro pericolosità, erano Piombo, Cadmio, Mercurio, e dulcis
in fundo, Arsenico. Questa pasta color argento, era forzata nel foro, e poi rimodellata
come il dente. Se questo era troppo compromesso, dopo la devitalizzazione, e
l’otturazione si procedeva a mettere una capsula. Questa poteva essere di due
tipi, secondo le possibilità economiche del paziente, di acciaio inossidabile o
d’oro. Quelle in acciaio, duravano molto di più, mentre quelle in oro, oltre a
costare molto, erano soggette a deteriorarsi. Per alcuni, i denti d’oro avevano
un forte simbolismo, come ad esempio le comunità Rom, che li sfoggiavano come
segno di opulenza ed importanza sociale, o come i primi musicisti Rock di
colore, per cui il dente d’oro era visto come una sorta di rivalsa contro
secoli di schiavismo, ed una risposta all’emarginazione che al tempo era ancora
molto forte negli U.S.A. Va da se che ambedue le capsule di estetico avevano
ben poco, soprattutto se i denti erano quelli anteriori, ma a quel tempo erano
viste come un’innovazione tecnologia quasi fantascientifica. Nello stesso
periodo si cominciarono a montare i primi “ponti,” ossia denti finti fissati
tra due naturali ricoperti da capsule. Apparvero anche le prime protesi,
complete, sostenute da uno scheletro in oro o acciaio, e con i denti costruiti
con la prima resina sintetica. Anche per le protesi, dai semplici ponti, alle
“dentiere,” complete, tra impronte, calchi, costruzione, e prove, passavano
mesi prima di poterle indossare, cui seguiva un altro mese di dolori che spesso
impedivano la masticazione, con piccoli aggiustamenti eseguiti
dall’odontotecnico. Da allora molta acqua e passata sotto i ponti, e la
tecnologia odontoiatrica e odontotecnica, hanno fatto passi da gigante. Oggi
una carie si elimina, e si chiude in un giorno, senza sentire il minimo dolore,
grazie ai moderni anestetici e al trapano ad alta velocità, con la punta in
carburo di tungsteno, raffreddata ad acqua, eseguita con materiali
biocompatibili, e non tossici o velenosi come un tempo. Avvalendosi delle
moderne tecnologie informatiche, le impronte sono estremamente precise, e
tengono conto anche del naturale movimento dei denti e del ritirarsi delle
gengive. E’ così possibile avere protesi complete o parziali fisse e mobili,
leggere e resistenti, e soprattutto esteticamente molto belle, e naturali, sia
nelle forma anatomica, che nel colore delle finte gengive e dei denti. L’uso di
nuovi materiali come il zirconio, la porcellana, il nylon, e il titanio,
insieme alla tecnologia 3D, hanno fatto diventare la figura dell’odontotecnico
e del dentista, dei veri e propri, artisti del sorriso.
Mario Volpi 1.11.21
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