La bottega di mastro Petero
Racconti
Della serie TROVA L’ERRORE.
Oggi raccontiamo la storia di “Mastro Petero” e della sua bottega di pittura.
Una storia tra realtà e fantasia, che tratta di un quadro di inestimabile valore
La bottega di mastro Petero
Siamo a Carrara negli anni 20 e precisamente nella Caina, Mastro Petero, uomo schivo e burbero si divide tra la sua abitazione e il seminterrato sottostante, un piccolo locale buio con una finestrella protetta da una rete metallica arrugginita a maglie finissime che si affaccia su una piccola corte condominale.
Quello era il suo “studio di pittura”. In quel piccolo locale si accedeva da un vecchio portone in legno senza serratura, chiuso da un nodo di corda.
Ovviamente il locale era senza illuminazione.
Nessuno conosceva il suo nome, ma tutti lo chiamavano e lo conoscevano come Mastro Petero l’estroverso, un po' matto e un po' artista, come gli piaceva farsi definire.
Noi “bastardi” lo andavamo a trovare spesso in quel tugurio umido, illuminato da 3 candele poste su un vecchio tavolo traballante sul quale c'erano diversi barattoli di latta, della passata di pomodoro, usati come contenitori per pennelli, stracci, carta, scatoline della patina da scarpe nelle quali mescolava i colori. Nel locale c’erano anche 2 sedie, una panca, delle mensole, e un piccolo lavandino dal quale usciva un filo d’acqua, sicuramente del Carrione. Quel posto cupo e misterioso ci piaceva così tanto che quasi ogni giorno passavamo a salutarlo. Entrando in quella bottega ci affascinava vedere Mastro Petero che dipingeva. Per lo più rappresentava Carrara: il duomo, piazza Alberica, piazza Risorgimento, la fontana del Boccalone, la "piazeta", le Apuane con le cave e scene di vita carrarina.
Lui che non era sposato viveva assieme ai vecchi genitori, i quali campavano con una misera pensione che sfamava tutti e tre. Mastro Petero contribuiva alle spese guadagnando qualche soldarello dipingendo.
Dopo la morte dei genitori la sua situazione economica precipitò e quando lo andavamo a trovare ci ripeteva : “biata a vo che avet vostr pà e vostra mà che vi pensn, la vita a l'è dura fanti, ma un dì sntiret parlar d me, prima o po diventrò ric , biata a vo fanti, biata a vo”….
Così tra un quadro e un altro sopravviveva fino a quando un giorno la luce fioca di quelle candele si spense per sempre. Mastro Petero se ne era andato in punta di piedi, solo come era stato in vita fu trovato curvo sul suo ultimo quadro.
La notizia della sua scomparsa ci scosse e per molto tempo passare davanti a quel portone ci faceva venire il magone. "Ma come?"- ci chiedevamo noi che l’avevamo visto solo due o tre giorni prima.
La vecchia casa sul Carrione e lo studio di Mastro Petero rimasero chiusi, alle porte furono inchiodate tavole di legno.
Dopo circa cinquant'anni la casa fu riaperta da un lontano cugino che era vissuto in America dove per anni aveva gestito una bottega di antiquariato.
Arrivato alla pensione si era ricordato di aver ereditato la vecchia casa del suo cugino Petero e aveva deciso di tornare a vivere a Carrara.
Cosí iniziarono i lavori di sgombero e di ristrutturazione. Quando gli operai entrarono nello studio di Mastro Petero cominciarono a tirar fuori tutto ciò che l’uomo nella sua vita aveva accumulato in quel piccolo locale, sedie, tavolo, sgabelli, fiaschi, barattoli, stracci, cartone, scarpe, vecchi abiti, bozze di quadri iniziati e mai finiti e altre mille cianfrusaglie.
Continuando a liberare il locale, dietro un piccolo mobile tarmato, fu trovato un pacco di cartone avvolto in un lenzuolo e legato con cura con lo spago. Il pacco conteneva un trittico di quadri:
Il primo raffigurava dei buoi alla tira; il secondo era il ritratto che fece a Magrino, l’oste di Ravaccione e il terzo raffigurava il ponte delle Bugie.
Subito a Carrara si parlò di quella scoperta sensazionale, il ritrovamento di tre magnifici quadri. Il cugino americano che era un intenditore ne decantò la straordinaria bellezza ed inserì il trittico nella mostra che si tenne a Ferrara nel Palazzo dei Diamanti, dal 22 settembre 2002 al 6 gennaio 2003. L'uomo che aveva conoscenze oltre oceano, si mise in contatto con Willgiam Wylie professore di Belle Arti all’Università della Virginia e in altri Atenei americani che magnificó le opere e così a cinquant'anni dalla sua morte dell’estroverso e matto Mastro Petero fu scritto:
Pressoché sconosciuto a Carrara e in Italia, la sua terra ha incarnato per lui i più alti ideali artistici.
Chi lo scrutava dipingere ricorda che era così assorto da non rendersi conto di nulla; pareva duellare in trance con la tela, assestando poche stoccate rapide ed infallibili… , grande virtuoso del pennello, si può affermare che sia stato un verista, un impressionista, ma in un modo del tutto originale e atipico. E’ di tutta evidenza, ammirando i suoi quadri, che era affascinato della sua Carrara, dalla natura delle Apuane, dalla violenza della luce, dai colori, dalla fatica, dall’intraprendenza, dall’umanità dei cavatori, dei lizzatori e dei bovari.
Alle cave per ritrarre i cavatori e la loro fatica e umanità, i momenti salienti del loro lavoro quale si svolgeva a quel tempo, si rapportava ai nostri cavatori quanto a lungo restava con loro in cava, per ore ed ore… (proprio come il nostro Bessi, che “aspettava la luce”…) e li osservavaper ritrarli poi al momento giusto e nelle fasi più significative del loro lavoro.
La sua arte, le sue opere straordinarie e innumerevoli hanno influenzato generazioni di artisti; in particolare hanno sollecitato lo sviluppo della cultura e dell’arte carrarina.
Ma come ! Nessuno lo conosceva come pittore e tutti lo prendevano per matto, però qualcuno sapeva del suo estro e del suo valore e così il “Ponte delle Bugie” se lo giudicò un magnate americano ad un asta per una cifra sconosciuta, mentre io sfortunatamente sono riuscito a scattare solo una foto di quel bellissimo olio su tela.
PierBin Marina di Carrara
Ogni ulteriore considerazione la lascio agli amici e ai cortesi lettori e
…… trovate l’errore.
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