Qui una volta - carraraonline.com

Sezione a cura di Mario Volpi
Vai ai contenuti

Qui una volta

Una Volta Invece

Spetta/Le Redazione
Sono in molti a pensare che il male oscuro che divora, come un cancro, il tessuto sano della Società italiana negli ultimi trenta anni, sia la politica. Per la politica non esiste la meritocrazia, esiste il clientelismo, gli interessi dei cittadini e della comunità non contano nulla, prima si fanno i proprio, poi quelli del partito che si rappresenta, ed infine quelli degli amici. Questo accade dal consiglio comunale del più piccolo Comune, al Consiglio d'Amministrazione di una qualunque Società pubblica italiana. E i risultati purtroppo sono sotto gli occhi di tutti.

File Audio del Racconto
Qui una volta ...

Nel primo dopoguerra, l’unico mezzo di trasporto popolare era il treno. Le Ferrovie Italiane uscivano dalla guerra in una situazione critica, che comprendeva il 60% delle linee distrutte o danneggiate, e oltre il 70% del materiale rotabile inservibile. A complicare ulteriormente la situazione, le poche parti di linea elettrificata, lo erano in due modi diversi, una alimentata a corrente continua, e l’altra a corrente trifase, cosa che le rendeva incompatibili tra loro. Tuttavia per una ripresa economica è sociale del Paese, i trasporti erano essenziali, così le Ferrovie dello Stato, al tempo un’Azienda completamente autonoma, si sforzarono di riparare nel più breve tempo possibile tutto ciò che era ancora servibile. In questo contesto un posto importante lo occupa senza dubbio il locomotore elettrico E428,che i ferrovieri chiamavano affettuosamente “quattroeventotto”. Costruito nel 1934, in pieno ventennio fascista, su progetto del Servizio Materiali e Trazioni delle Ferrovie dello Stato, questo locomotore, era al tempo, un vero e proprio “mostro” di velocità e potenza. Lungo 19 metri con un peso di 135 Ton., era capace di trainare un convoglio alla velocità, al tempo fantastica, di ben 150 Km ora. La mia casa era vicina alla Stazione, e ricordo perfettamente l’inconfondibile sagoma di quel “bestione” color castano, con i due caratteristici cassoni davanti al parabrezza anteriore, e posteriore, che quando partiva, faceva slittare le enormi ruote, che spesso facevano scintille. Questo locomotore divenne famoso perché, oltre ad essere impiegato nei convogli a lunga percorrenza fino agli anni novanta, fu utilizzato in diverse scene del film capolavoro di Pietro Germi “Il ferroviere”. Mentre questi locomotori erano capaci di sviluppare velocità elevate, né le carrozze, né i binari, erano in grado di sopportarle, così la velocità media di un convoglio ferroviario, era vicino agli ottanta km ora. Le carrozze del tempo non erano standardizzate tra loro, né tanto meno con quelle degli altri Paesi Europei. Erano prevalentemente di due tipi, una detta “cento porte, ” e l’altra con due porte alle estremità, e un corridoio che si affacciava in dieci scompartimenti da otto posti. Si poteva viaggiare in prima classe, che comprendeva uno scompartimento a otto posti con il poggiatesta intercambiabile di cotone, in seconda classe, stesso posto senza poggia testa intercambiabile, e infine in terza classe con sedili di legno senza scompartimento. Viaggiare in treno a quei tempi non era né comodo né rapido, i cambi erano frequenti, perché oltre all’incompatibilità dell’elettrificazione, in molte tratte, questa mancava del tutto, e ci si doveva affidare ancora a vecchie vaporiere, o alle “littorine” diesel, retaggio del ventennio, con velocità da lumaca. I convogli erano suddivisi, tra loro in base alle fermate che facevano, così vi era l’Accelerato, che fermava in tutte le stazioni, il Diretto, in molte, il Direttissimo solo le principali, e infine il Rapido, due o tre fermate soltanto, ma si doveva pagare un “supplemento rapido”. Mentre si procedeva alacremente alla ricostruzione, il Servizio Materiale e Trazione, non rimase inattivo, e nel massimo segreto progettò, e fece costruire dalla Breda, un treno innovativo, con la sigla ETR 300 che gli operai battezzeranno“Settebello”. Questo elettrotreno era composto di sette carrozze di lusso, disegnate e arredate da grandi architetti italiani, provviste addirittura di una veranda panoramica, che sulla tratta Milano, Bologna, Firenze, Roma, era in grado di viaggiare alla media di ben 165 km orari. Questo progenitore dei moderni treni ad alta velocità, è stato il prototipo che spinse molti Paesi Europei e non, ad acquistare, in quei tempi l‘innovativa tecnologia ferroviaria italiana.
Nel 1953, le Ferrovie dello Stato, decisero che era giunto il momento di togliere la terza classe, quasi per dare un segnale che i tempi bui erano terminati. In verità questa fu soprattutto un’operazione d’immagine verso il resto d’Europa, perche le stesse carrozze, marcate però ”seconda, ” continuarono a viaggiare per oltre un decennio. Per sopperire al forte flusso migratorio dall’Italia meridionale, le F.S. istituirono nel 1954 il “Treno del Sole”. Era un direttissimo che partiva la sera da Palermo, per arrivare, dopo un giorno e una notte di viaggio, a Torino - Porta Nuova. Questo treno, sarà abolito solo nel 2011, e trasporterà per decenni nei suoi scompartimenti, assieme alle valige di cartone, legate con lo spago, i sogni, le speranze, il dolore e l’angoscia, di migliaia d’italiani, uomini e donne, che la miseria cacciava della loro terra, spingendoli verso un destino sconosciuto.
Nella metà degli anni sessanta però, con il processo di ricostruzione finito, le Ferrovie dello Stato entrarono in quello che molti ancora adesso considerano il loro periodo di massimo splendore. Si raggiunge un accordo con la maggior parte dei Paesi Europei, per standardizzare le carrozze passeggeri, ma soprattutto i vagoni merci, essenziali per gli scambi commerciali internazionali. In Italia si collegano gli scali portuali alla linea ferroviaria, per agevolare le spedizioni di merci in tutto il mondo. Le F.S. italiane, poi, cercarono di favorire al massimo il trasporto mercantile anche sul territorio nazionale, e costituiscono dei treni chiamati in gergo “celeroni, ” che si fermano a caricare e scaricare, merci, in tutte le stazioni, in pratica gli antesignani dei moderni corrieri. Anche Carrara usufruì di questi treni speciali. Fu chiamato ” treno bianco” perchè ogni due giorni partiva dalla Stazione di Avenza, carico di marmo. Per servire ancora meglio la propria clientela, le F.S. creano addirittura un servizio, con carrelli speciali, e trattrici, in grado di trasportare a domicilio i carri merci. Ma questo Eldorado dura poco. Nel 1985 per effetto di un decreto Europeo, le Ferrovie dello Stato, non solo sono divise per settori, ma perdono la loro autonomia decisionale, che passa, di fatto, alla politica, e proprio da qui che comincia un lento ma inesorabile declino. Nel 1988 le Ferrovie dello Stato sono coinvolte in un gigantesco scandalo, denominato “delle lenzuola d’oro”. Si trattava di appalti truccati per la fornitura di lenzuola sui vagoni letto, che porterà a numerosi arresti tra cui, quelli del Presidente, e del Direttore, delle F.S., e alle dimissioni in massa di tutto il Consiglio d’Amministrazione. Politiche Aziendali sbagliate, incompetenza gestionale, macroscopici disservizi, provocheranno una graduale perdita della clientela, soprattutto commerciale, che preferirà il trasporto su gomma. Questo genererà una crisi economica di vaste proporzioni che provocherà bilanci in rosso, per sanare, i quali, si ricorrerà a tagli del personale, e dei cosiddetti “rami sacchi,”comprendenti tratte ferroviarie, soppressioni di treni notturni direttissimi, chiusura di numerose Stazioni, e biglietterie, a tutto discapito del sevizio. Oggi le F.S. puntano tutto “sull’Alta Velocità”, lasciando però nelle ore notturne, la maggior parte delle Stazioni incustodite, alla mercé di malintenzionati che vi compiono ogni sorta di atti vandalici. Il personale viaggiante è insufficiente persino per controllare i biglietti, permettendo così che moltissime persone viaggino gratis, aggravando la perdita economica. I treni dei pendolari, poi, utili per portare la gente al lavoro, sono sempre sporchi, affollati, e perennemente in ritardo. Io non conosco la formula per risollevare le sorti delle Ferrovie italiane, solo non vorrei, che in un giorno, non molto lontano, qualcuno esclamasse, vedendo dei binari ormai fatiscenti ” vedi! Qui una volta passava ... il treno!”


Volpi Mario
23 settembre 2014

Racconti di questa rubrica
Lacia un commento


Nessun commento
CarraraOnline.com
CarraraOnline.com
Torna ai contenuti