L’esplosivo che salva la vita
Attualità
Spetta/Le Redazione
Nell'immaginario collettivo, ogni sostanza esplosiva è
immancabilmente associata a morte e distruzione, dimenticandosi che anche qui
esistono eccezioni...
Senza
tema di smentite, possiamo affermare che poche scoperte tecnologiche abbiano
subito una così forte evoluzione in meno di un secolo come l’automobile. Anche
se nel 1899 a Torino nasce la FIAT e inizia una piccola produzione di auto, il
vero boom automobilistico italiano inizierà solo negli anni 50, per protrarsi
in crescendo per oltre un decennio. Le Case automobilistiche europee, uscite
dalla guerra con le ossa rotte, cercarono di costruire auto “minimaliste,” a
basso costo, come le mitiche Fiat 500, o la 600, mentre negli U.S.A. di fatto
unica potenza economica mondiale rimasta, ricca di materie prime, ci si orientò
verso il gigantismo, sfornando super auto come la lussuosa Cadillac lunga oltre
cinque metri, con avveniristiche pinne sulla coda, ridondante di cromature, e con
un mostruoso motore V8 di oltre 6000 litri. Per decenni sia in Europa che in
America, i Costruttori cercavano di “appagare” l’occhio del cliente, non
preoccupandosi minimamente di fattori oggi importantissimi come i consumi, o la
sicurezza, preferendo magari l’accendisigari sul cruscotto, o un carburatore doppio corpo, al posto dei molto più utili
freni a disco. Intanto nel 1972, il parco di autovetture circolante in Italia è
stimato in circa venti milioni di unità, e purtroppo aumentano in modo
esponenziale anche gli incidenti stradali,
molti dei quali con esiti fatali per il conducente o i passeggeri, oltre
a gravi danni alle autovetture, che spesso chi aveva torto e causato
l’incidente, non ha il denaro per riparare. Ciò è in parte dovuto al fatto che
a partire dalla metà degli anni sessanta, l’industria automobilistica italiana compì
un salto tecnologico gigantesco, con l’uso massiccio di componenti in plastica,
l’adozione di grosse parti del motore in lega d’alluminio, e in alcuni tipi di
auto l’uso di turbocompressori. A queste innovazioni che di fatto aumentavano
di molto le prestazioni della vettura, come la leggerezza e quindi la velocità,
non furono seguite da nessun nuovo dispositivo di sicurezza, sia attivo che
passivo. Per cercare di porre un rimedio almeno legislativo, nel 1969 scattò
l’obbligo per tutti i veicoli a motore di stipulare una Polizza d’Assicurazione
che coprisse i danni per eventuali incidenti. La norma ebbe scarso effetto sul
numero dei sinistri, così si passò nei primi anni ottanta alla completa
revisione del Codice della Strada con norme più stringenti e severe,
soprattutto sui limiti di velocità. Intanto però, qualcuno afferma sotto la
pressione delle lobby delle Assicurazioni, le Case automobilistiche adottarono
una politica costruttiva sempre più volta alla sicurezza, e gli ingegneri,
cominciarono a cercare di progettare un qualche dispositivo che potesse
limitare i danni in caso d’incidente. Si arrivò così alla fine degli anni
ottanta, dove, per decreto legge, tutte le vetture circolanti in Italia vecchie
o nuove dovevano essere munite di cinture di sicurezza, stabilendo pesanti
sanzioni pecuniarie per chi fosse trovato a guidare senza averle allacciate.
Questo utilissimo dispositivo, da principio trovò una forte resistenza al suo utilizzo
da parte della gente, vuoi perché lo vedevano come un’imposizione poliziesca, vuoi
per il timore che, in caso di incidente con incendio, o caduta in acqua, potessero
essere impossibilitati a sganciarla. Le Case automobilistiche, dopo aver
progettato sistemi di sgancio rapido, furono costrette a installare luci intermittenti
o fastidiosi cicalini, che funzionassero fino a quando la cintura del
conducente e del passeggero non fossero state allacciate, mentre in alcuni
Paesi europei si arrivò a impedire l’accensione del motore senza l’allaccio
della medesima. La crisi petrolifera che avvenne alla fine degli anni settanta,
seguita a metà degli anni ottanta dall’abolizione del piombo nella benzina obbligò
i Costruttori a progettare auto con motori più “risparmiosi”. Per poter
assicurare le stesse prestazioni con minori consumi, gli ingegneri cominciarono
a tenere conto del coefficiente di penetrazione all’aria, il famoso CX, che
oltre ad assicurare un risparmio di carburante, era foriero di una marcia più
silenziosa e confortevole. La Comunità Europea intanto, prendeva sempre più
potere politico, e nel 1997 decise che le auto prodotte in Europa, o importate,
dovessero essere valutate da un organismo europeo indipendente che con prove di
simulazione in laboratorio, ma soprattutto reali, desse un voto sulla sicurezza
in caso d’incidente espresso in stelle. Nacquero dei Centri specialistici
certificati dove sotto l’egida dell’Euro NCAP, il nuovo organismo della
Comunità Europea, erano eseguiti i crash test, con le auto di serie da valutare, con all’interno
manichini tecnologici, chiamati Oscar, provvisti di sensori, che venivano
lanciate a diverse velocità contro barriere d’acciaio, pali della luce, o fatte
ribaltare, per stabilire la sicurezza dell’auto, ed effettuare le eventuali modifiche
alla carrozzeria. Gli Oscar fornivano dati sui traumi più comuni e sulla
gravità degli stessi, utili ai progettisti per modificare parti di auto
pericolose. Questi test furono così severi, che delle auto provate nel 2001, solo
pochissime raggiunsero il massimo delle 5 stelle, e questa valutazione
influenzò enormemente il mercato delle vendite. Ma il salto qualitativo sulla
sicurezza si ebbe quando l’elettronica fu abbinata alla tecnologia
automobilistica. Infatti i test dimostrarono che nonostante le cinture di
sicurezza, i parabrezza di sicurezza, e le auto più sicure, in caso di scontro
frontale i passeggeri subivano traumi importanti al torso e alla testa
proiettati violentemente contro il cruscotto, occorreva qualcosa di meglio.
Questo avvenne nel 1997 con l’invenzione straordinaria dell’Airbag. Questo
sistema è composto di due parti, uno speciale cuscino in nailon, dalla capacità
di circa 50 litri, ripiegato al centro del volante e del cruscotto lato
passeggero, e di una capsula esplosiva collegata a un accelerometro. Quando il
sensore registra la brusca decelerazione, la capsula esplode, incendiando una
miscela che produce gas di Azoto che in pochi millisecondi gonfia il cuscino
frapposto tra il passeggero il conducente e le parti frontali della vettura. Ma
non finisce qui. La centralina elettronica nello stesso tempo stringe e blocca
le cinture di sicurezza per impedire che le persone possano essere proiettate
con violenza in avanti. Non c’è che dire, questo è l’unico “esplosivo” che
salva la vita.
Mario Volpi 18.06.23