Superstizione
Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Il commento del Sig. Mirco mi ha stimolato a far conoscere alle nuove generazioni, l'importanza che un tempo aveva nella vita di tutti i giorni la superstizione. Figlia dell'analfabetismo e dell'ignoranza culturale, questa vera e propria piaga sociale ha causato, per secoli, una sofferenza fisica e morale a milioni di persone, contribuendo a rendere ancora più precaria la loro già miseranda vita.
Superstizione naturale
Ai giorni nostri, il paranormale, o presunto tale, è di gran moda, tanto che l'industria cinematografica, ha trasformato il filone "horror" in una vera e propria miniera d'oro, con zombi, vampiri, e bellissime streghe più o meno malvagie. L'elevazione culturale della popolazione, ha permesso di trasformare un' argomento un tempo tabù, in una forma di intrattenimento, cancellando in pochi decenni, secoli di oscura superstizione. Fino a tutti gli anni sessanta, la Società rurale del tempo, continuava a credere in miti tramandati da generazioni, che riguardavano praticamente ogni aspetto del vivere quotidiano, interessando, non solo azioni o atteggiamenti, ma addirittura piante e animali. A discolpa della gente del tempo però, bisogna anche dire che il contesto sociale era assai diverso da quello attuale. Innanzi tutto il bassissimo livello culturale della quasi totalità della popolazione, forniva un terreno assai fertile per credenze e superstizioni, spesso alimentate da "Poteri Forti," interessati a esercitare una forma di controllo morale sulle persone. Anche l'Ambiente era totalmente diverso da quello attuale. L'urbanizzazione era aldilà da venire, e la quasi totalità delle persone viveva in casali o cascine in campagna, spesso in case fatiscenti, rifugio ideale per animali come topi, ghiri, civette, gufi, o allochi, tutti animali con abitudini prevalentemente notturne, con la produzione di suoni e rumori che alimentavano la paura in quelle notti buie. Si perchè, erano ancora moltissime le case di campagna sprovviste di energia elettrica, che sopperivano con la fievole luce di candele, o lucerne a petrolio. L'inquinamento luminoso non vi era ancora, e le notti senza luna erano veramente buie, se poi specialmente in inverno, associamo l'ululare del vento, e il gocciolare della pioggia, magari tra le tegole sconnesse di un casolare, non c'è da stupirsi che molte persone fossero convinte che appostati nel buio vi fossero spiriti maligni pronti a ghermirli. Ecco allora, che per esorcizzare questa atavica paura, si faceva ricorso alla superstizione, dividendo piante e animali, tra "buoni" e "cattivi", incolpando le entità malefiche che proteggevano questi ultimi, della malasorte, e ringraziando quelle benevole, che tramite i loro protetti, faceva accadere i fatti lieti
Così un gatto nero era l'incarnazione del Diavolo, e era considerata una vera e propria disgrazia se questo vi attraversava la strada. Se il cane nell'aia ululava di notte, era segno che il più giovane di casa stava per morire, mentre le donne con le folte chiome, non potevano uscire di notte, perchè sicuramente i pipistrelli si sarebbero aggrovigliati tra i loro capelli. Se il piccolo di casa continuava a fare la pipì a letto, sarebbe bastato fargli bere un decotto fatto con i peli di un bue, perchè cesasse, così come la nascita di un' asino con una croce sul petto, era un segno divino, e l'animale diventava intoccabile. Una grande sventura si sarebbe abbattuta sulla casa se una civetta avesse cantato sul tetto per tre notti, l'unico modo per sperare di contrastare questa disgrazia imminente era quello di procurarsi una zampa di coniglio, tagliata dall'animale ancora vivo ed essiccata intera. Grande fortuna invece si sarebbe avuta se in casa fosse entrata una lucertola con due code. In primavera, ascoltando, e contando il canto del cuculo, e pronunciando la formula magica "cucù, cucù, quanti anni a camp pù?" (cucù, cucù, quanti anni campo ancora?" avresti saputo con certezza gli anni che ti rimanevano prima della tua dipartita. Quando ci si feriva con falci o coltelli, era consigliabile apporre sul taglio una ragnatela, perchè la ferita si sarebbe "ricucita" subito. Anche il mondo vegetale era soggetto a questa scelta di campo tra bene e male. L'Aglio era considerato l' anti malocchio più potente, e una collana d'aglio messa sulla porta impediva l'ingresso a streghe e al Baffardello (folletto, che nelle credenze popolari era dedito a fare scherzi a chi dormiva), mentre la Celidonia, o erba delle rondini, era considerata magica perche si credeva che le rondini la usassero per fare riacquistare la vista ai loro piccoli nati ciechi, ma sopratutto il suo succo era usato per "bruciare" le verruche, che il malocchio di una strega aveva causato. l'Aconito o Strozzalupo, era la pianta velenosa usata solo dalle streghe, che spesso avvelenavano con essa falce e coltelli per causare la morte di chi li usava. La Belladonna era considerata in modi diversi, secondo l'uso che se ne faceva. Le sue bacche velenose e mortali, erano considerate l'arma che usavano le streghe per avvelenare le persone, mentre l'azione antidolorifica dei suoi decotti era considerata la carezza affettuosa di Madre terra verso un suo figlio sofferente. Il Giusquiamo nero, faceva piovere, oltre ad addormentare chi aveva forti dolori, si chiamava anche Fava di porco, perchè si diceva che rendeva i suini feroci, e quasi invincibili. La Salvia era un toccasana contro la Peste, mentre il Ciclamino, era coltivato da tutti perchè considerato il prediletto della Madre di Gesù. Per contro la Mandragola era la pianta del maligno, e spesso nelle sue radici erano raffigurate le sembianza di chi era destinato all'inferno.
Oggi per fortuna queste credenze sono considerate per quello che in realtà sono, una facezia che ci ci fa solo sorridere, ma per millenni queste assurde credenze hanno tormentato l'esistenza già tribolate di milioni di persone, a dimostrazione di come la mente umana, sia capace di mortificare anche se stessa.
Mario Volpi
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