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Sezione a cura di Mario Volpi
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Il dono di Prometeo

Una Volta Invece

Cara Redazione

Le nuove generazioni sono molto sensibili al fascino che una accorta, e scaltra pubblicità, spesso usa per promuovere prodotti voluttuari, come ad esempio, liquori o vini, degustati placidamente seduti davanti a un caminetto acceso, mentre fuori, magari imperversa una tempesta di neve. Ma la realtà era molto diversa, e non auguro a nessuno di dover dipendere da un camino per la propria sussistenza.

Il dono di Prometeo
Gli sceneggiatori cinematografici e televisivi, lo sanno bene, e nelle scene che debbano rappresentare un ambiente caldo, accogliente, o romantico, non se lo fanno mai mancare; parlo ovviamente del caminetto accesso. Non si può negare che la vista del fuoco, eserciti nell’uomo un senso di benessere e protezione, forse retaggio dei tempi preistorici, e questi sentimenti, sono da decenni, abilmente sfruttati da autori, e registi. Ma la realtà era ben diversa!
Negli anni cinquanta, la maggior parte delle case degli italiani, era riscaldata dal camino, che serviva anche da focolare per cucinare, e vi posso assicurare che nella gestione di un camino, che non abbia solo funzioni estetiche, di romantico vi è veramente poco. Innanzi tutto bisognava procurarsi la legna da ardere, che andava segata, naturalmente a mano, spaccata, e impilata in un luogo riparato dalle intemperie, per poi trasportare la quantità giornaliera necessaria vicino al camino stesso. Il camino del tempo era completamente aperto, corredato da uno o due alari, e una grossa catena, cui andava attaccato il paiolo per cucinare, produceva poco calore, ma tanta polvere e fuliggine, che andava a intasare la canna fumaria. Non era piacevole, nelle gelide mattinate invernali, dover togliere la cenere, e cercare poi di ravvivare la brace, per riaccendere il fuoco, prima di potersi scaldare un pò di latte. Quando poi si doveva ricorrere allo spazzacamino, la cucina, dove di solito era posto il camino, si riempiva di una polvere nera, come se ci si trovasse all’interno in una miniera di carbone belga. 
Agli inizi degli anni sessanta però, avvenne un salto tecnologico gigantesco; fu immessa sul mercato la “cucina economica”. La rinata industria siderurgica italiana, con marchi divenuti famosi come Zoppas, e Zanussi, solo per citare i più importanti, mise in vendita una cucina in ghisa e ferro, che era un vero e proprio gioiello tecnologico. Era multifunzionale, e poteva servire sia per riscaldare la casa, ma anche per cucinare. Era dotata di un focolare in ghisa, rivestito con materiale refrattario, dove il calore del fuoco a legna poteva essere sfruttato in vari modi, si poteva, togliendo alcuni cerchi metallici, porre una pentola sulla fiamma viva, oppure sfruttare per torte e arrosti il piccolo forno posto accanto al focolare, o tenere le vivande in caldo nel cassetto sottostante. Una caldaietta poi, assicurava una piccola riserva d’acqua calda, sulla piastra superiore si poteva scaldare il ferro per stirare, e in più, sui tubi per l’estrazione dei fumi, era possibile montare un pratico stendibiancheria pieghevole. In quegli anni, ebbe inizio quello che sarebbe stato chiamato “il boom economico” e cominciarono a essere venduti i primi fornelli a gas liquido in bombole. Questo permise di svincolare il cucinare, dal riscaldamento domestico, che poteva finalmente essere autonomo, ebbe così, un discreto successo, un nuovo tipo di stufa in ghisa, chiamata a “fuoco continuo.” Le più vendute furono le Warm Morning. Erano costituite da un parallelepipedo di ghisa rivestito da un mantello in lamiera smaltata di colore marrone, e potevano funzionare indifferentemente sia a legna, che a carbone, una di questa, posta, non più in cucina, ma ad esempio nel corridoio, poteva riscaldare un piccolo appartamento.
Intanto nei palazzi di nuova costruzione facevano la loro timida comparsa, i termosifoni. Questi primi impianti erano tutti centralizzati, con gigantesche caldaie in ghisa, che bruciavano carbone per riscaldare grosse quantità d’acqua, che saliva naturalmente attraverso tubi di acciaio saldati, per arrivare a enormi termosifoni in ghisa piazzati negli appartamenti. Per evitare perdite di calore, queste tubature erano fasciate con amianto, cosa che negli anni a venire, avrebbe procurato grossi problemi alla salute pubblica. Non essendo possibile sia per ragioni economiche, sia per ragioni tecniche, dotare le vecchie costruzioni d’impianti di termosifoni, ma essendo la gente ormai stufa di sobbarcarsi il disagio di approvvigionarsi di legna o carbone, negli anni settanta, fecero la loro comparsa le prime stufe a kerosene. Il loro funzionamento era molto semplice, il kerosene impregnava uno stoppino che tramite una candeletta elettrica s’incendiava, e poi la fiamma continuava dentro a questa piccola camera di combustione.
Alcune di queste stufe erano dotate anche di una ventola elettrica, che spingeva l’aria calda in tutto l’appartamento, erano molto pratiche, perché possedevano un serbatoio per il combustibile che si riempiva una volta il giorno, e con una specie di selettore si poteva controllare l’intensità del calore. Erano state progettate per funzionare anche di notte, ma avevano un grosso difetto, bastava che nel caricare il serbatoio, una goccia di kerosene bagnasse la carcassa, perchè il suo terribile odore persistesse nell’appartamento per ore. Per il loro corretto funzionamento, necessitavano di un continuo ricambio d’aria, che, in alcuni casi, venne a mancare, causando, purtroppo, diverse morti per avvelenamento da monossido di carbonio. Oggi tutto questo è preistoria, le case moderne possiedono impianti di riscaldamento molto efficienti ed ecologici, l’era della stufa è tramontata, ma la vista delle fiamme libere continua ad affascinare l’uomo moderno, come il suo progenitore preistorico. In molte nuove case, si continuano a costruire i camini, oggi, veri e propri capolavori tecnologici, neppure lontanamente paragonabili a quelli di un tempo, la loro funzione è soprattutto estetica, alcuni sono addirittura alimentati a gas, o a pellet, ma il loro fuoco continuerà a riscaldare l’animo umano, grato per sempre a Prometeo, per un dono così grande.

Volpi Mario
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