Andare al “Cine!”
Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Oggi siamo letteralmente sommersi dai Media, sempre
più tecnologici e spesso anche invasivi della nostra privacy, ma meno di
cinquanta anni fa ...
Anche
se sembra impossibile, vi è stato un tempo in Italia, che la vera “botta di
vita,” quasi una trasgressione, era andare al cinema. Questo era tanto più
vero, in proporzione all’età degli spettatori. Per noi “piccoli,” da sette a
tredici anni, andare al cinema la domenica pomeriggio, era quasi un miraggio,
una cosa tanto ambita da “lavorare,” tutta la settimana per raggranellare le
150 £ necessarie per vedere due film. Nei cinematografi di periferia, al tempo,
per invogliare gli spettatori a non andare ai cinematografi cittadini, si
proiettavano due film, al prezzo di uno. Certo non erano pellicole da Oscar, si
trattava di Maciste, contro Tarzan, o di qualche western di serie “Z,” ma a noi
non importava. Pur di poterci andare, si batteva palmo a palmo il torrente Carrione,
in cerca di rottami di ferro da vendere al “Mao,” come si chiamava lo
stracciaio a quei tempi. La canaglia lo sapeva, e non arrivava mai alle 150 £
necessarie, così ci costringeva a intensificare la ricerca. Io arrotondavo con
il commercio dei Gechi vivi, come già detto in un precedente racconto, che
vendevo a un fattore per mettere nella stalla come insetticidi naturali, che mi
fruttavano la iperbolica cifra di 50 £ alla dozzina, un vero affare. Si andava
anche per “pigne,” nelle abetaie, e nelle rare pinete esistenti sul territorio,
dove si raccoglievano quelle secche che poi vendevamo alle persone “ricche,”
per accendere la stufa. La domenica alle quindici iniziava lo spettacolo. A
Fossola il cinematografo era appena passato il ponte della Ferrovia Marmifera,
e già dalle quattordici vi erano ragazzi in fila, ad aspettare che si aprissero
le porte. Quando succedeva, una vera fiumara di bambini si riversava
all’interno della sala, travolgendo tutto, e chiunque si trovasse davanti. I
posti più ambiti erano quelli in galleria, perché si poteva lanciare le bucce
di noccioline, o sementine, ai “poveri,” seduti in platea. Nei cinematografi da
“grandi,” i posti erano divisi in Platea, e Galleria, dove per accedere a
quest’ultima bisognava pagare di più, ma nei cinema di periferia, il
proprietario cercava di mettere dentro più gente possibile, e vi era un
biglietto unico. La confusione era assordante, così come il fumo che si sarebbe
potuto tagliare con il coltello, ma quasi per miracolo, quando si spengeva la
luce, un silenzio di tomba calava nella sala. Le urla e il baccano, fatto
battendo i piedi sull’impiantito di legno, ricominciava quando Tarzan, con il
suo famoso urlo sbaragliava i nemici, o il Settimo Cavalleria caricava al suono
della tromba una tribù di indiani “cattivi.” Quelli di noi più grandicelli, e più
trasgressivi, approfittavano del buio della sala per fumare una Nazionale
Esportazione con il filtro, pagata ben 5 £, passandosela l’un l’altro, magari
in cinque, sentendosi dei veri Boss. Anche per i “grandi” il cinema era l’unico
Media disponibile, perché dopo la proiezione del film partiva La Settimana
Incom, un specie di film giornale che faceva vedere i fatti più salienti
accaduti in Italia, però, vecchi di settimane. I film del tempo erano
sottoposti a una rigorosa e becera censura, che molto spesso con i suoi tagli,
snaturava la trama della pellicola, o peggio ancora ne proibiva la proiezione
“ai minori di 14, o 18 anni,” o totalmente, come successe a un film diventato
poi un cult,” Ultimo Tango a Parigi.” condannato addirittura al rogo. I ”Don,”
delle varie parrocchie, o i frati operatori, poi, ci mettevano del loro,
ponendo la mano davanti al proiettore, quando Zorro baciava l’eroina di turno.
Con l’avvento della televisione, che minacciava il suo monopolio, il cinema
corse ai ripari, proiettando pellicole che avevano un seguito il giorno dopo, o
dalla durata quasi biblica, come il famoso “Via col vento,” che durava quattro ore. Ricordo che mia mamma, fans
sfegatata di Clark Gable, si mise d’accordo con le vicine, per andare a vedere
il film, portando anche noi bambini, ma provvisti di una sostanziosa merenda
composta da “pan e mundiola,” (pane e mortadella) e, crepi l’avarizia, anche
una bottiglia di Spuma, ovviamente da dividere fra tutti, mamme comprese. I
ragazzi più grandi, andavano al cinema all’ultimo spettacolo delle ventidue,
dopo aver fatto la consueta partita a carte, o al bigliardo al bar. Questa
“moda,” prese così piede, da costringere la Compagnia Municipalizzata A.M.A.C,
a mettere due o tre filobus per effettuare l’ultima corsa a mezzanotte, per
riportare a casa gli spettatori. Ma ormai il potere del cinema stava perdendo
colpi, nei confronti della televisione, sempre più popolare. Per cercare di
mantenere gli spettatori, alcuni cinematografi, installarono nelle sale i
televisori, per far vedere, ad esempio il giovedì, la famosa trasmissione
“Lascia o Raddoppia,” che stava letteralmente spopolando in Italia. Il cinema
Marconi poi, situato in Piazza Matteotti, pensò di mettere un po di pepe nei
suoi spettacoli, così il lunedì sera, sfidando la censura, metteva in
cartellone “la rivista,” uno spettacolo di varietà con donnine seminude,
comici, e soprattutto il pruriginoso, strip tease. Negli anni ottanta, con la
diffusione del videoregistratore, e delle Videoteche, i cinematografi subirono
un vero tracollo, cui cercarono di porre riparo, cambiando la programmazione
ogni due giorni, o proiettando film per adulti. A Carrara, dei sei cinematografi
presenti, in poco meno di un anno quattro chiusero i battenti. Negli anni
duemila, con l’avvento delle TV a pagamento, ma soprattutto per il divieto di
fumare nei luoghi pubblici, chiusero definitivamente anche i due superstiti. Da
pochi anni sono sorte le multisale, che forse come tutte le novità, da prima
hanno avuto un forte numero di spettatori per poi stabilizzarsi su di un numero
più che modesto. La recente pandemia di Covid 19, ha inferto un altro duro
colpo al mondo del cinema e ai cinematografi, che spero sia presto superato,
perché il cinema, con le sue illusioni, e le sue emozioni, non debba morire per
sempre.
Mario Volpi 24.10.21
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