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Sezione a cura di Mario Volpi
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Invisibili … scrocconi!

Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
I parassiti hanno fortemente influenzato per secoli la vita di uomini e animali. Ora, nonostante l'uomo sia in possesso degli strumenti per porre fine a questo scempio, la sua avidità rischia di riportare il mondo intero indietro di secoli.
Fin dalla notte dei tempi il genere umano per il suo sostentamento ha sempre contato soprattutto sul mondo vegetale, fino a trasformarsi da cacciatore-raccoglitore, ad agricoltore. Questi “fabbricanti di cibo” però, sono stati oggetto nel corso dei secoli a ruberie, e soprusi di ogni genere, compiuti dai loro stessi “padroni” rappresentati dal Clero o dalla Nobiltà, che li depredavano sistematicamente con tasse e balzelli, di oltre la metà dei tesori alimentari ricavati dalla terra, costati un anno di immani fatiche, e che rappresentavano l’unico mezzo per la sussistenza loro, e dell’intera famiglia. Ufficialmente abolita in Italia solo agli inizi dal novecento, la “decima” ossia un decimo dell’intero raccolto che era dovuto dall’agricoltore alla Chiesa, ha però continuato ad esistere, anche se ora non era più il Clero a reclamarlo, ma un’invisibile esercito di scrocconi; gli insetti parassiti. Fino oltre gli anni sessanta, gran parte del mondo agricolo italiano adottava gli stessi modi di conservazione delle derrate alimentari vecchi di secoli, ma inevitabilmente questi sistemi innescavano una serie di risposte biologiche che l’assenza di refrigerazione, e l’igiene più che approssimativa favorivano. I prodotti agricoli più importanti per l’alimentazione umana, erano certamente i cereali,  non a caso bersaglio preferito degli insetti. In annate particolarmente “malevole” più di un terzo del raccolto veniva irrimediabilmente rovinato da questi famelici parassiti. Ma per capire meglio come tutto questo poteva avvenire, bisogna innanzitutto conoscere il metodo di lavorazione vecchio di secoli deputato alla raccolta e alla conservazione ad esempio del mais. Dopo la raccolta delle pannocchie, si ponevano al sole nell’aia per qualche giorno, quindi si passava alla “scartozzera” e poi alla sgranatura. Ma vi era un passaggio importantissimo che non viene quasi mai citato perché sconosciuto ai più. Le pannocchie più belle, integre e grosse, dopo essere state “svestite,” venivano legate a mazzi per la veste in alto nei granai, perché sarebbero diventate le sementi della prossima semina. Non si sapeva che questo sistema equivaleva a mettere un’insegna luminosa per gli insetti con scritto “ristorante.” Il resto del raccolto invece, comporto da milioni di chicchi, era posto in grosse “bigonce” di legno, con la parte superiore del contenitore chiuso a Carrara, da una grossa lastra di marmo per tenerlo al riparo dei topi. Ma nonostante le attenzioni del fattore spesso il ” male “era già penetrato nel futuro “pane.” Questo aveva la forma di un piccolissimo insetto di pochi millimetri chiamato non a caso “Punteruolo del mais.” Le femmine praticano un microscopico foro nel chicco, vi depositano un uovo e chiudono il foro con una sostanza gelatinosa. Per uscire la pupa distrugge mangiandolo l’interno del chicco e dopo essere uscita attacca un altro chicco e il ciclo ricomincia. Il suo parente più prossimo, il “Punteruolo del grano” è leggermente più piccolo ma ancora più distruttivo e il suo sistema di parassitare i chicchi di grano è uguale. Ancora più devastante e subdola è la presenza di un insetto dal nome quasi delicato “Cappuccino” per la sua livrea marroncina che ricorda il colore di un saio francescano, ma che di misericordioso non ha proprio nulla. Il Cappuccino non solo parassita indistintamente grano e mais, ma la femmina depone fino a dieci uova in ogni chicco, provocando una vera e propria ecatombe, con un danno economico rilevante. Sicuramente però. l’Attila dei cereali è il Trogoderma. Questo bruco lungo pochi millimetri è coperto di peli che se ingeriti dall’uomo, possono provocare gravi irritazioni intestinali, distrugge più grano di quello che mangia, contaminandolo e rendendolo inservibile al consumo umano. I luoghi dove erano riposti i cereali, al tempo tutti in legno, favorivano il proliferare di un altro parassita dal nome  quasi “umano” ma che ben descrive il suo habitat preferito; Silvano. Si nutre di grano mais farine, e di tutti i derivati dei cereali e colonizza piccoli silos di legno ecc. Anche se proprio per evitare perdite un tempo si macinava poca farina alla volta, questa era parassitata da diversi insetti specializzati, di cui certamente il più noto e distruttivo era il Tribolio della farina. La femmina depone fino a quattrocento microscopiche uova incolori nella farina in cui si confondono perfettamente ma da cui nascono in poco tempo altri insetti per ripetere il ciclo. Anche legumi hanno parecchi nemici tra cui il terribile Torchio del fagiolo. L’infestazione praticamente invisibile avviene già sulla pianta dove una femmina depone un uovo tramite una microscopica apertura in un fagiolo. Quando questo viene raccolto e immagazzinato, a seconda della temperatura la pupa comincia a scavarsi un tunnel nel chicco per poi sfarfallare come adulto, rendendo il fagiolo immangiabile perché completamente vuoto. Anche gli insaccati erano attaccati, e perfino il lardo aveva un suo specifico parassita il Dermeste del lardo. Si pensa che la deposizione del lardo in vasche di marmo a Colonnata, sia stata fatto oltre per favorire la maturazione del prodotto, anche per proteggersi da questo temibile parassita. Nei secoli scorsi questi parassiti, in anni particolari meteorologicamente favorevoli, furono i responsabili di terribili carestie, chiamate “ fabbriche degli Angeli” per l’elevato numero di bambini che moriva di malattie dovute agli stenti. Oggi fortunatamente, la refrigerazione, il congelamento, l’atmosfera controllata in carenza di ossigeno con l’addizione di gas inerti, il sottovuoto, e la pastorizzazione, hanno in gran parte debellato questi parassiti, ma che l’importazione senza controllo da Paesi del Terzo mondo di prodotti ad alto rischio privi di profilassi, minacciano di rintrodurre in Natura, con conseguenze devastanti, come accaduto per il Punteruolo Rosso che ha praticamente azzerato il patrimonio boschivo di palme italiane.
Mario Volpi 22 7 23
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