Mucche a quattro ruote
Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Sono ormai parecchi decenni che gli automobilisti italiani siano considerati dei veri e propri Bancomat da cui prelevare impunemente denaro a richiesta. Aumenti ingiustificati di carburanti, e pedaggi autostradali, raddoppio delle tasse per rinnovare la patente, inasprimento delle contravvenzioni, sono solo alcuni dei mezzi usati dal Governo e le varie Amministrazioni per fare cassa, per quanto potranno ancora mungerci?
Mucche a quattro ruote
Agli inizi degli anni sessanta, durante il boom economico, il traffico automobilistico italiano crebbe in modo esponenziale. Si ebbe così, la necessità di codificare, con regole certe, il comportamento che i nuovi “cittadini a motore” dovevano usare tra di loro, e nei confronti dei pedoni. Nel 1959 vide la luce, il “Testo unico sulla circolazione stradale, ” embrione del Codice Stradale che seguirà negli anni successivi. Questo primo Codice, rispecchiava appieno le condizioni sociali italiane del tempo, vi si legge, infatti, che”le slitte possono circolare solo quando la strada è ghiacciata” o che “le tregge possono circolare trasportando però solo cose agricole.” Anche il concetto di velocità era alquanto lacunoso, si puniva chi aveva una “velocità pericolosa, ” cosa non facile da quantificare. Nonostante tutto, il Testo Unico, rimarrà in vigore fino al 1992, quando sarà varato il “Nuovo Codice della strada.” Fu proprio in quegli anni, che la neonata tecnologia elettronica, complice anche la prima crisi economica italiana, entrò di prepotenza nella regolazione e gestione del traffico automobilistico, fino ad allora, svolta solamente dai vigili urbani. I semafori divennero automatici, e fecero la loro prima comparsa sulle strade italiane gli odiati Autovelox. Quest’apparecchio, era in grado, tramite due semplici fotocellule poste a una distanza conosciuta, misurare il tempo, e quindi la velocità, di un veicolo di passaggio, e in caso, di scattargli una foto alla targa. Per la verità congegni simili, erano ben conosciuti da tempo, si pensi, che la tedesca Telefunken ne aveva brevettato uno già nel 1957, ma il loro alto costo, la mancanza di una legislazione specifica, e soprattutto l’esiguità dell’ammenda che il trasgressore doveva pagare, ne sconsigliarono l’acquisto e l’uso. Ora però, tutto cambiava, il nuovo Codice della Strada, e le successive modifiche, non solo avevano ben codificato i limiti di velocità, ma ne avevano autorizzato il rilevamento con sistemi elettronici, e soprattutto, erano stati enormemente inaspriti gli importi delle contravvenzioni, cosa che rendeva appetibile per i Comuni il loro acquisto e installazione. Così, in pochi decenni, gli amministratori di Comuni grandi e piccoli, scoprono una vera e propria miniera d’oro, capace di rimpinguare le casse Municipali, con un vero e proprio fiume di denaro ricavato dalle contravvenzioni stradali. Un esempio per tutti, il Comune di Milano nel 2013, ha ricavato dalle infrazioni stradali ben centotrentaduemilioni di euro, “munti” agli automobilisti. Sì, perché, purtroppo, per la maggior parte dei Comuni italiani, l’automobilista è diventato una vera e propria “mucca a quattro ruote.” La fortuna più grossa per un Comune, è, se nel proprio territorio, passa una strada Provinciale, o Statale, meglio se a grande scorrimento. Un esempio eclatante è il percorso da Aulla a Pontremoli, sulla strada Statale 62 della Cisa. Percorrere questa strada equivale a incorrere quasi sicuramente in una sanzione per aver superato il limite di velocità. Lungo tutto il suo percorso sono posti decine di autovelox fissi, di proprietà dei Comuni di competenza, che limitano la velocità a 50 Km orari, anche se i centri abitati, non si affacciano sulla strada, o lo fanno solo per qualche centinaia di metri. Per le auto moderne il limite di cinquanta costanti, è forse possibile, solo con il Cruise Control, che solo le auto più prestigiose possiedono, così basta una leggera discesa, per arrivare alla folle velocità di cinquantasei km ora, (cinque km sopra il limite vengono tolti) che ti frutta un’ammenda da “36 a148 €, ” ma che, chissà come mai, è sempre l’ultima cifra a vincere. Ma non finisce lì, la comunicazione ti arriva a casa dopo mesi, senza foto, che se vuoi, potrai visionare presso … E qui cade l’asino! Spesso molti Comuni appaltano il servizio a ditte esterne, cosa oltretutto vietata dal Codice della Strada, che recita che deve essere un vigile urbano a “lavorare” la pratica. Ammettendo, per un caso fortunato, che riesci a contattare telefonicamente la ditta interessata, scoprirai che il responsabile della pratica “è fuori stanza, ” e che per la Privacy non possono inviarti la foto ne comunicarti nulla, quindi l’unica cosa che ti conviene fare, specialmente se risiedi fuori Provincia o Regione, è inviare il bonifico e farla finita. Non solo, alcuni mesi fa ci fu un servizio televisivo in cui un ex dipendente di una di queste ditte, spiegava come facessero a incrementare maggiormente i loro introiti. Dopo circa due anni, inviavano a una buona percentuale dei vecchi multati, residenti fuori Regione, un avviso di mora, per la sanzione non pagata. Se lo sfortunato cittadino non ha conservato la ricevuta di pagamento, sarà costretto a pagare una seconda volta, se invece la esibisce, si da la colpa al computer, e buona notte. Su queste contravvenzioni, spesso al limite della legalità, più volte è intervenuta la magistratura con sentenze a favore dei cittadini, spesso divenute leggi, ma che il legislatore si è affrettato prontamente a correggere, guarda caso sempre a favore delle amministrazioni pubbliche. Autovelox, tutor, e semafori “intelligenti, ” sono così odiati dalla gente che spesso sono oggetto di atti di vandalismo, in alcuni casi presi addirittura a fucilate. Di questa situazione, che vede una vera e propria mungitura degli automobilisti, tutte le amministrazioni ne sono a conoscenza, ma nessuna di loro vuole limitare, o tanto meno regolare quest’attività, che frutta loro milioni di Euro. I recenti scandali sui semafori intelligenti truccati, hanno evidenziato il problema, che tutti cercano disperatamente di far passare sotto silenzio, forse perché temono, che prima, o poi, anche le pacifiche “mucche” possano sfondare i recinti.
Mario Volpi
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