La morte colorata
Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Il progresso spesso è basato sul sacrificio di chi
prima di noi, ha inconsapevolmente usato "l'innovazione tecnologica"
rivelatesi poi letale.
Il XVIII secolo, è da tutti gli storici
indicato come il periodo della nascita del primo embrione di siderurgia
industriale. Fino a quel momento, erano i fabbri a svolgere un lavoro
prettamente artigianale, volto soprattutto alla produzione di manufatti per uso
quotidiano, e attrezzi da lavoro. Nel 1781 in Inghilterra, patria della prima
rivoluzione industriale s’inaugura
l’Iron Bridge, il primo ponte metallico al mondo. Anche la cantieristica
navale comincia la costruzione di vascelli in ferro. Ma ben presto ci si
accorse di un grave problema. Il metallo esposto agli agenti atmosferici, a
causa dell’ossigeno presente nell’aria, con l’acqua creava una reazione
elettrochimica che dava origine alla ruggine, che come un cancro, lentamente
“mangiava” il metallo rendendolo friabile. Per ovviare a questo grave
inconveniente, i chimici del tempo cercarono di creare un prodotto che spalmato
sopra il metallo potesse svolgere un’opera protettiva. Ma per decenni, ogni
tentativo con innumerevoli prodotti non sortì alcun effetto degno di nota. Poi
qualcuno pensò di provare una sostanza presente in natura, già usata dagli
antichi romani; il Minio. Questo minerale, di color rosso, è composto da ossido
di piombo, e piombo, e si trova in natura soprattutto in Spagna, Scozia e Sardegna. Dopo un rudimentale processo di
macinazione e amalgama con olio di lino cotto, trementina, e mastice, si vide
che pennellato sul metallo offriva una buona protezione. Nei decenni a seguire,
la sua produzione industriale, subì dei notevoli progressi, tanto che
l’antiruggine a base di Minio, fu per quasi un secolo l’unica difesa contro la
ruggine. Intanto la siderurgia progrediva con lo sviluppo di altoforni, per un acciaio
sempre migliore, e macchine laminatrici, che sfornavano profilati di ogni forma
e misura. Così in pieno 1800, in Francia e Italia fiorì un nuovo stile
architettonico, il Liberty, che darà origine a una vera e propria forma d’arte
in particolare per il ferro battuto: l’Art Nouveau. Le ville patrizie italiane
si cingeranno di elaborate cancellate in ferro battuto, ridondanti di ricci e
fiori metallici. Nasce così un vero e proprio mestiere, il verniciatore di bersò,
ringhiere, cancellate, e artistiche inferriate, oltre a tutti quei manufatti
metallici che necessitavano di un’accurata manutenzione periodica.
L’antiruggine usata era ovviamente il Minio, e dopo alcuni anni ci si accorse
che questi lavoratori diventavano scorbutici, camminavano in modo strano,
avevano un colorito pallido, e frequentissimi atroci dolori addominali. Il
Minio intanto, continuava la sua graduale conquista del mondo della siderurgia.
Si vide che era ottimo anche come marcatore per i lavori di precisione svolti
con lime e raschietti dagli aggiustatori meccanici, che lo usavano
quotidianamente spalmandolo sui pezzi che poi strofinavano sui piani di
riscontro. Anche questi specialisti dopo alcuni anni lamentavano seri problemi,
assai simili a quelli accusati dai verniciatori di ringhiere, e purtroppo per
alcuni di loro sopraggiunse anche la morte. Si capì così che il responsabile di
tali malanni era il piombo, che assorbito attraverso la pelle delle mani avvelenava
in modo graduale e irreversibile l’intero organismo, provocando una grave
malattia chiamata Saturnismo. Il mondo della nautica intanto, aveva
definitivamente abbandonato il legno per passare a costruire le navi
completamente in ferro. Ma anche qui sorse un grave problema. La cosiddetta
“opera viva” ossia quella parte di scafo immersa nell’acqua, era soggetta agli
attacchi di organismi marini, coma alghe e cirripedi, chiamati in gergo “denti
di cane.” Questi organismi con il guscio simile proprio a una zanna, si
attaccavano in migliaia alla lamiera dello scafo, rallentando di molto la
velocità della nave, e, a lungo andare, arrecando danni anche al metallo. Anche
in questo caso la chimica si mise al lavoro, e scoprì che mescolando alla
vernice l’arsenico, questi organismi non si attaccavano più. Ben presto però,
gli operai addetti alla verniciatura, e alla pulitura delle carene, chiamati in
gergo “picchettini,” accusarono malesseri in ogni parte del corpo, e in
parecchi casi svilupparono tumori. Si capì che l’arsenico presente nelle
vernici, oltre che per contatto con la pelle, veniva assorbito anche per inalazione,
e quasi di colpo questo potente veleno fu bandito dalle vernici antivegetative.
Ma come abbiamo detto, la cantieristica era ormai per la maggior parte
orientata sulle costruzioni metalliche, e anche l’interno delle navi andava
verniciato. Nei primi anni del 900, il metodo usato era la verniciatura a
rullo, ma ben presto si passo al nuovo sistema di vernice a spruzzo, appena
inventato. Per fare ciò, era però necessario che la vernice fosse molto
diluita, e questo era possibile aggiungendovi dei solventi. Solo molto più
tardi ci si accorse che alcuni componenti di questi solventi come il Toluolo, e
il Benzene, oltre che volatili ed estremamente infiammabili, erano
particolarmente tossici e cancerogeni. Non solo, se inalati con protezioni alle
vie respiratorie non adeguate, potevano portare a svenimenti, e asfissia. In
più nei locali chiusi e angusti come le sentine o i doppio fondi delle navi,
senza una adeguata ventilazione era altissimo il rischio di esplosione.
Purtroppo nei decenni a seguire, la cronaca nera dovette registrare parecchi
incidenti accaduti durante i cicli di verniciatura a bordo di navi, che
causarono la morte e il ferimento anche grave di centinaia di operai. Oggi, per
fortuna, sostanze tossiche come il Minio, e l’Arsenico, sono state bandite, e i
solventi di nuova generazione, hanno di fatto drasticamente abbassato il
rischio di incidenti durante le operazioni di verniciatura, grazie anche ai moderni
sistemi di protezione individuale, di
ventilazione forzata, e soprattutto all’uso sempre più massiccio di vernici a
base d’acqua. Questo lo si deve in gran parte al sacrifico di centinaia di
operai che nel secolo scorso hanno affrontato la morte, una morte colorata.
Mario Volpi 15.10.22
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