Un mattino diverso
Racconti
Spetta/Le Redazione
Chi
come me ha vissuto gran parte della sua esistenza a l'aperto, non può,
anche volendo, ignorare i cambiamenti che la Grand Madre fa da miliardi
di anni, mentre l'uomo "moderno" spesso non se ne accorge!
Come
ormai da decenni, anche questa mattina mi sono svegliato prima dell’alba. La
sveglia a cristalli liquidi sul comodino, illumina la camera di un tenue
bagliore verde, e indica che sono appena le sei. Accanto a me sento il rassicurante
respiro di mia moglie che dorme ancora, e cercando di non disturbarla mi alzo
dal letto.
In
bagno sento che questa mattina c’è qualcosa di diverso, forse l’aria, la luce o
chissà cosa, non riesco a capire cosa sia, e con una certa inquietudine
comincio a radermi. In cucina accendo la macchina del caffe a cialde, e mentre
si scalda, apro le imposte. L’aria frizzante della notte mi accarezza il volto
con il suo gelido alito, e mi strappa un brivido involontario, ma è solo un
attimo, prima di inspirare a pieni polmoni, quel vero e proprio balsamo
naturale. Laggiù, dietro le colline del
Candia, s’intravede appena un tenue chiarore tra il giallo e il rosato, sembra
che questa mattina la notte non voglia levare il suo nero mantello che avvolge
il mondo, così le ombre indugiano ancora, tra le strette viuzze del piccolo
borgo, quasi prendendosi gioco della fioca illuminazione pubblica che tenta
inutilmente di dissiparle. Il lugubre verso di un gufo dal bosco vicino tenta
di spaventarmi, ma a me non fa paura, anzi, e un piacere sentirlo, perché mi
dice che l’ambiente è ancora integro. Da un sottoscala mezzo diroccato, esce un
gatto insonnolito, mi guarda, sbadiglia, si strofina il musetto con una zampa, poi
si stira arcuando con voluttà la schiena flessuosa, alza la coda come una
bandiera, e piano piano si avvia per chissà dove. I fari di un’auto che passa
in lontananza tagliano come lame le ombre della notte, che subito dopo si
richiudono come un ombrello dopo la pioggia.
Un
silenzio irreale regna nella cucina, e l’improvviso gorgoglio della macchina
del caffè che segnala di essere pronta, diventa un rumore quasi sacrilego, come
quando in chiesa, a qualcuno cade qualcosa durante l’ostensorio. Sorseggio il
caffè come piace a me, bollente e senza zucchero, assaporandone l’intenso aroma,
che sveglia i miei sensi ancora assopiti, mentre anche il mondo esterno
comincia a svegliarsi. Nella strada provinciale cominciano a passare le prime
auto, mentre un lattiginoso chiarore rende inutile la luce dei loro fari. Il
lamentoso suono di un’ambulanza in lontananza mi dice che per qualcuno questa
mattina è davvero molto diversa. Mi vesto e decido di fare una capatina nell’orto,
devo raccogliere le susine gialle, ormai giunte a maturazione. Intanto il sole
si sporge dalla cresta delle colline, come una fanciulla curiosa, e i suoi
raggi, dapprima incerti, diventano a mano a mano più forti, fino a incendiare
di un rosso carico il cielo sopra Fontia e i Palazzetti. Anche se avviene da
milione di anni, questo è sempre uno spettacolo unico e grandioso. Il
cancelletto, male in arnese che porta nell’orto, si apre con una lamentosa
protesta dei vecchi cardini arrugginiti, dimentico sempre di oliarli e qualche
giorno saranno sopraffatti dalla ruggine. Prendo lo scaleo, e mi dirigo vergo
il vecchio e contorto susino, che sembra quasi schiantarsi sotto il peso di
quel carico d’oro, che piega i suoi rami più bassi fin quasi a terra. Alzo gli
occhi è resto stupito, il sole ancora basso sull’orizzonte, passando tra i rami
dell’albero fa brillare i suoi frutti come fossero diamanti, e non ne capisco
il motivo, quindi ne colgo uno e tutto diventa chiaro. Durante questa strana notte,
un impalpabile velo di rugiada si è posato sull’albero e i suoi frutti come un
sudario, che ora, accarezzati dai raggi obliqui del sole, riflettono la luce
come pietre preziose. Anche i miei passi hanno disegnato un sentiero tra l’erba,
simile alla bava argentea di una lumaca. Comincio la raccolta dei frutti
dorati, non dimenticando di “assaggiare” quelli più morbidi e maturi, del resto
non ho fatto colazione! Con il “capagno” (cestino di vimini con manico) e la
pancia piena, torno verso casa, ma un gioioso garrire mi fa alzare lo sguardo.
Sui fili del telefono decine di rondini, hanno messo in scena un grazioso
balletto aereo. Si posano, una accanto all’altra per poi ripartire garrendo,
scivolando senza peso in quel cielo ancora bambino, per poi tornare a posarsi
come se seguissero i movimenti in sincrono studiati da una famosa coreografa. Quando
sono posate poi, con il becco, non dimenticano di sistemarsi l’elegante frac
con cui sono vestite, cinguettando l’un l’altra quasi si scambiassero opinioni
sulla validità della loro prova di ballo. Mia moglie che nel frattempo si era
alzata, mi accoglie con un sorridente buongiorno, seguito da uno scherzoso “ho no!”
pensando alla mole di lavoro che l’aspetta per fare la confettura di susine di
cui sono particolarmente ghiotto. Anche se sembra tutto uguale agli altri
giorni, questa mattina mi sembra che ci sia qualcosa di diverso, di strano,
qualcosa d’indefinibile che ancora non riesco a capire, e con questo fastidioso
pensiero che mi ronza nel cervello, mi dirigo verso l’auto. Devo recarmi al
forno del paese per prendere il pane e un po’ della deliziosa foccaccina,
(schiacciata) specialità locale. Ma appena apro la portiera lo vedo! In una
folta macchia di more, accanto all’argine del fiume, un piccolo pettirosso
saltella in cerca d’insetti, e allora, di colpo capisco tutto, l’ambasciatore è
arrivato!
Puntuale
come il destino!
Oggi
è lunedì 23 settembre 2019, e il pettirosso annuncia che comincia l’autunno!
Mario Volpi
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