Popolo bue
Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Spesso
la classe politica di un paese, si presta, per la loro ideologia, a
limitare la libertà di pensiero delle persone. Un tempo questo era fatto
in modo grossolano e anche un pò ingenuo, oggi con metodi molto più
sofisticati, ma non per questo meno efficaci!
Da
sempre, il potente di turno, ha cercato di influenzare il pensiero del popolo a
proprio vantaggio, non solo nascondendogli la verità, ma anche impedendogli di
esternare qualsiasi tipo di critica nei propri confronti. Lo strumento per fare
ciò è chiamato censura. “ Il popolo non deve pensare,” ebbe a dire un generale
dei Pretoriani all’Imperatore Giulio Cesare, ” ma solo eseguire come fa il bove.”
Dopo la dissoluzione dell’Impero Romano, fu la Chiesa che piano, piano, prese
non solo il potere spirituale, ma anche quello temporale, su gran parte
dell’Europa medievale. Per secoli, la censura fu esercitata dalla Chiesa col
pugno di ferro, sotto la minaccia di scomuniche, per chiunque osasse
ostacolarla, perfino Principi regnanti, o i suoi stessi membri, ricorrendo spesso
ad atti molto più drastici, come per Giordano Bruno. Pur membro della Chiesa,
essendo un frate domenicano, solo perché criticò apertamente i dogmi predicati
dalla Chiesa, come la dottrina trinitaria, dopo ben otto anni di carcere
durissimo, fu mandato al rogo dal tribunale dell’Inquisizione di Roma, con la
bocca chiusa nella terribile mordacchia, proprio per impedirgli di parlare alla
folla che si era assiepata sotto il palco del supplizio. Alla fine del secondo
conflitto mondiale, in Italia, dopo un breve periodo di sbandamento politico-sociale,
un nuovo partito andò al potere; la Democrazia Cristiana. Il nome indicava chiaramente
il suo orientamento, e in barba ai Patti Lateranensi, stipulati con lo Stato
Vaticano nel lontano 1929, da subito con l’aiuto dei suoi politici, cercò di
indirizzare ai propri voleri la vita sociale e politica degli italiani. La
Chiesa capì subito quale arma potente fosse il cinema per influenzare il
pensiero delle masse, nacque così il A.C.E.C. un acronimo che significava
Associazione Cattolica Esercenti Cinema, che di fatto fece nascere una miriade
di sale cinematografiche in moltissime parrocchie, che oltre a fare sleale
concorrenza alle sale laiche sul prezzo del biglietto, fruttava anche un bel
gruzzoletto. In modo arbitrario e ridicolo, anche in queste sale era esercitata,
dal frate o dal prete improvvisato operatore, una ferrea censura. Io stesso da
bambino, fui testimone durante la proiezione di Zorro, della mano posta davanti
al proiettore, per coprire il bacio del protagonista dato l’eroina appena
salvata dal cattivo, scatenando in sala un assordante concerto di fischi. Ben
più grave invece fu la ferrea censura cinematografica esercitata su tutto il
Territorio Nazionale, da un apposito Comitato, presieduto da un politico che
poi diventerà famoso; Giulio Andreotti. Oltre alle cose sessuali, al tempo
erano anche altre le situazioni che facevano storcere il naso al censore.
Sostenendo che “i panni sporchi devono essere lavati in casa”, film capolavori,
come ”Miracolo a Milano” o “Umberto A” di De Sica, solo per citare i più
famosi, furono pesantemente censurati, non essendo gradito al censore politico,
il primo neorealismo che mostrava le reali condizioni socio-economiche delle
italiche genti del tempo. Molti personaggi sia politici che religiosi, vedevano,
nell’esercitare il bigotto moralismo con la censura, la vera e unica missione
della loro vita. Il più importante di essi fu certamente, colui che decenni
dopo, avrebbe conquistato il Quirinale, diventando Presidente della Repubblica Italiana;
Oscar Luigi Scalfaro. Per anni Capo del Comitato d’Ascolto della Televisione
Italiana, ossia dell’organo di censura della stessa, restò famoso per un episodio
che tenne banco per mesi in quell’anno del primo dopoguerra. Nella calda estate
del 1950, Scafaro stava pranzando assieme a dei colleghi in un noto ristorante
romano, quando ad alcuni tavoli di distanza una signora oppressa dal caldo
asfissiante si tolse il bolerino restando a spalle nude. Il parlamentare andò
su tutte le furie, accusando la signora di essere una donnaccia, e qualcuno
affermò che la prese anche a ceffoni. L’avvenimento suscitò grande scalpore in
Italia, non solo per il plateale atto di una ridicola censura, ma soprattutto
perché la donna era moglie di un esponente di spicco del Movimento Sociale
Italiano. Si passò alle denunce, e si finì anche in teatro, visto che anche al
tempo la satira colpiva. La censura clericale non risparmiava neppure le canzoni. Testi come “Dio è morto”
dei Nomadi, “ 4/3/1943” di Lucio Dalla, o “Luci a San Siro” di Vecchioni, solo
per citarne alcuni, furono censurati, e pesantemente rimaneggiati prima di
essere immessi in circuito. Si pensi che in ogni chiesa era presente “l’elenco
dei libri all’indice“ che ogni buon cristiano doveva consultare, una barbarica
forma di censura culturale secolare, abolita solo sotto Paolo VI nel 1966.
Negli anni settanta, con l’avvento di altre forme di Media, la censura
religiosa, cominciò a sentirsi in pericolo, e disperata, serrò ancora di più le
sue maglie, arrivando ad eccessi da Inquisizione Spagnola. Nel 1976, la censura
cinematografica italiana, condannò letteralmente “al rogo” il film “Ultimo tango
a Parigi.” Nel 2002, una giuria internazionale ha posto questa pellicola tra i
cento miglior film sentimentali del mondo. Questo becero controllo censorio si
accaniva soprattutto sulle “oscenità sessuali” come erano chiamate le scene giudicate
“spinte,” tralasciando completamente le trucolente scene di violenza dei film
“horror splatter” americani, che nel frattempo stavano spopolando tra i giovanissimi.
In molti di queste pellicole, vi erano zombi e vampiri, che facevano centinai
di morti, ammazzati nei modi più raccapriccianti, dove il sangue sgorgava a
fiumi, ma che lasciavano completamente indifferente il censore. Nella neonata
televisione, invece, oltre a un “censorio lavaggio” del linguaggio, con
cancellazione di qualunque parola potesse solo ricordare oggetti, o atti, anche
lontanamente sessuali, si arrivò a censurare con pesanti calzamaglie intere,
perfino le gemelle Kessler, al tempo delle vere star. Anche la censura politica
non scherzava, tanto che il famoso Alighiero Noschese, uno dei più bravi e
popolari imitatori di quel periodo, dovette ottenere l’approvazione dell’allora
Presidente della Repubblica Giovanni Leone, per poter imitare alcuni personaggi
politici durante una trasmissione televisiva. Oggi la Chiesa non scomunica più i
fedeli che le disobbediscono, perché francamente farebbe sorridere, ma non per
questo la sua voglia di censurare è cessata. Solo lo fa con altri metodi,
soprattutto politici ed economici. Stessa cosa avviene per la carta stampata.
Finito il tempo delle testate indipendenti, oggi molti “poteri forti,” hanno
acquistato una o più testate giornalistiche, dove logicamente si lega l’asino
dove vuole il padrone. Per quelli che non si adeguano scatta la riduzione dei
finanziamenti statali alla carta stampata, il che equivale a una condanna a
morte. Anche il mondo delle televisioni è molto simile. Molti grandi Broadcast
sono privati, e quindi fanno e dicono ciò che più fa loro comodo, influenzando
anche pesantemente l’opinione pubblica, ma dando lavoro a migliaia di persone, si
deve fare buon viso a cattivo gioco. Del resto anche il servizio pubblico della
Rai non è immune a questa vera e propria forma di censura mascherata. A tal
proposito va ricordato che molte trasmissione televisive, poco “gradite” ai
partiti al potere, come Report, hanno subito una drastica riduzione dei
finanziamenti, alcune poi, sono state addirittura soppresse, e i giornalisti
scomodi, messi “in naftalina!” Non ha caso nel 2016 la stampa italiana è stata
giudicata appena al settantasettesimo posto come indipendenza, quindi, c’è poco
da stare allegri per noi, “popolo bue!”
Mario Volpi 17.12.2020
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