Fine di un mito
Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Amarcord di quel Bel Paese dove pullulavano Aziende da fare invidia al mondo intero e il Made in Italy era il fiore all'occhiello dell'economia interna e mondiale... e si, c'era tanto da LEVARSI di CAPPELLO.
Oggi i “nostri” più prestigiosi marchi sono in mano alle multinazionali estere e sinceramente stare alla finestra a vedere questa migrazione fa male al sistema produttivo e al cuore.
Fine di un mito
In questi ultimi decenni, causa una crisi finanziaria sempre più grave, ma sopratutto una colpevole incapacità della "Politica," ad alto livello, abbiamo assistito a un gravissimo deturpamento del numero delle Aziende italiane considerate storiche, o di grande prestigio nel mondo, acquistate da investitori stranieri a cui fa gola la possibilità di sfruttare questi marchi famosi. Purtroppo, per la perdita di posti di lavoro, non tutte le Aziende vengono salvate da questa iniezione di capitali freschi, anche perchè alcuni dei prodotti che le hanno rese famose nel mondo, sono oggi considerati sorpassati e inutili. Una di queste è la famosa fabbrica di cappelli Borsalino, che ha dovuto dichiarare fallimento proprio nel dicembre del 2017. Fondata da Giuseppe Borsalino, ad Alessandria nel lontano 1857, questa manifattura ebbe subito fortuna, lanciando sul mercato un particolare tipo di cappello, che battezzò proprio con il nome di "Borsalino". Questo nuovo accessorio nell'abbigliamento maschile, incontrò da subito i favori dei consumatori, ormai stufi dei classici e poco pratici "cilindri." Sul finire dell'ottocento, la "Buona Società" del tempo, era ancora legata ai canoni di una moda arcaica, e vittoriana, che veniva proprio dalla Gran Bretagna, che imponeva la classica "mise" giacca pantaloni gilè e cravatta, con in testa il cilindro traslucido. Questo copricapo però, era poco pratico, per andare ad esempio sulle prime automobili, o a teatro, essendo oltre che poco stabile sul capo, perchè soggetto ai capricci del vento, anche estremamente scomodo da riporre. Neppure l'invenzione del cosiddetto "Cilindro click" che consisteva nella possibilità del nuovo capello di essere ripiegato, eliminava del tutto questi inconvenienti, ecco perchè l'avvento del nuovo cappello in morbido feltro di coniglio fu accolto come una vera benedizione. All' Esposizione Universale di Parigi del 1900, il Borsalino ricevette addirittura un premio come miglior oggetto innovativo. Alcune faccende riguardanti l'eredità del marchio e della fabbrica, funestarono questa attività per alcuni anni, ma poi ritornata sotto un' unico erede, la produzione riprese alla grande, sfornando oltre due milioni e mezzo di cappelli in un anno, e impiegando oltre 2500 operai. Usando solo feltro di coniglio, anche l'allevamento e la conseguente ricaduta economica, arricchì il territorio, stimolando la produzione di feltro anche a livello familiare, aiutando la gente in quelle zone al tempo non proprio floride economicamente parlando. Ma la Borsalino non si fermò alla produzione di un solo modello. Con il progressivo declino del cilindro, fu la bombetta che prese il suo posto nelle cerimonie ufficiali, e quelle prodotte dalla Borsalino erano semplicemente perfette. Intanto la Società evolveva e i primi viaggi di massa nei nuovi paesi al di là dell'Oceano, portarono nelle gente il desiderio di usare alcuni prodotti che nascevano in quei luoghi lontani. Il caso del cappello detto "Panama" è emblematico. Prodotto con un tipo di palma nana che nasceva del Paese centro-americano, questo bianco cappello spopolò in poco tempo, coinvolgendo nella sua produzione anche la storica fabbrica. Dopo essere stato una vera e propria icona del "Made in Italy" in tutto il mondo, ed essere stato lo "Status Symbol" delle star Hollywoodiane, il Borsalino e la sua fabbrica, nei primi anni 90, entra in crisi e cambia di proprietà. Ma i vari tentativi di salvataggio non bastano e a metà dicembre del 2017, la Borsalino dichiara fallimento. Lo Stato Italiano gli ha dedicato un francobollo da 0,95€ dichiarandola tra le "Eccellenze del Sistema Produttivo" forse un po troppo tardi. Il sistema di lavorazione della storica fabbrica, ha sempre rispettato i metodi tramandati di generazione in generazione, con passaggi completamenti manuali, e tempi che si misuravano in settimane. Del resto la storia artigianale dell'Italia nella cappelleria è millenaria, alcuni paesi semi sconosciuti come ad esempio Montappone, a Fermo nelle Marche, sono da secoli leader nella produzione di cappelli, in questo caso di paglia, ma ad oggi in qualsiasi materiale. Si pensi che in questo piccolo Borgo, che conta appena 1700 anime, vi sono più di quaranta fabbriche artigianali di cappelli. Fa male al cuore vedere come l'Italia sia vista all'estero come un gigantesco supermercato, dove è possibile acquistare marchi di pregio, che poi, magari, verranno apposti, e in modo del tutto legale, su prodotti di dubbia o scarsa qualità. Se questo è il risultato del tanto decantato progresso, io non ci sto, e come diceva Charlie Brown, "fermate il mondo, voglio scendere!"
Mario Volpi
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