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Sezione a cura di Mario Volpi
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Dalla Francigena all'Autostrada

Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
L'estate sta finendo, e cominciano i rientri, lunghe file in autostrada, croce e delizia degli italiani, ma sappiamo come si faceva quando queste non esistevano ancora?
Andiamo a scoprirlo!
Dalla "Francigena" all'Autostrada

Nel periodo estivo, o in concomitanza di festività importanti, si sente spesso parlare di  giornate da "bollino rosso" o di "partenze intelligenti." Questa terminologia è riferita all'intensità del traffico veicolare che si registra sulla rete autostradale Italiana. Anche se come è abitudine dell'italico popolo, noi critichiamo spesso il sistema autostradale Nazionale, questo, a parere di molti Enti nazionali e non, tra cui anche l'Istat, è uno dei migliori d' Europa, e ai primissimi posti nel mondo. Altro discorso invece per quello che riguarda il suo costo, considerato, questo si, uno dei più cari a livello Europeo. A tal proposito però, i Gestori autostradali smentiscono questo dato, affermando che il prezzo è al terz'ultimo posto in Europa. Questa affermazione non si capisce da dove scaturisca, visto che per esempio in Olanda e Germania le autostrade sono gratis. Anche se pochi lo sanno, lo sviluppo politico-sociale italiano, dai primi del novecento, all'immediato dopoguerra, è stato fortemente influenzato dalle "autovie," termine con cui un tempo si indicavano le autostrade. Il regime fascista, per cercare di elevare l'Italia da Paese prevalentemente agricolo in Paese industriale, cercò di potenziare il sistema stradale, proprio come stava facendo nelle "colonie." Era però evidente che per proseguire in questa politica "stradale" occorrevano notevoli risorse economiche, materia di cui l'Italia ha sempre difettato. Si deve all'intuizione, anche se alcuni dicono non completamente farina del proprio sacco, di un'imprenditore, costruttore e ingegnere,  Piero Puricelli, che pensò di costruire strade a solo uso automobilistico, con capitali privati, con concessione Governativa cinquantennale per la riscossione di un pedaggio. Nacque così la prima autostrada italiana, la Milano Laghi, che fu inaugurata nel 1924. In pochi decenni ne furono costruite altre, quasi tutte al nord Italia, ad eccezione della Napoli-Pompei di soli 23 Km, opera che fu però funestata da ruberie e altri illeciti, che ne ritardarono di ben sei anni l'inaugurazione, avvenuta nel 1929. L'ultima prima dello scoppio della seconda guerra mondiale fu la Firenze Mare, fortemente voluta dal segretario Fascista di Lucca, costruzione anche questa contrassegnata da un diffuso malaffare, che ne posticipò l'apertura al 1933. Nel primo dopoguerra, la rete stradale italiana era praticamente distrutta, così come quasi inesistente il parco auto circolante. Gli spostamenti di merci e persone, avvenivano quasi esclusivamente per ferrovia, che però. specialmente nel Sud Italia, aveva una rete obsoleta, con diverse tratte a scartamento ridotto, che non potevano collegarsi alla rete nazionale, anche questa in pessime condizioni. Questa situazione comportava, una grossa perdita di tempo negli spostamenti di persone, e tempi lunghissimi con aggravio di costi nel trasporto merci. Si pensi che dato la morfologia del territorio italiano, molte strade dovevano superare impervi passi appenninici, come il Bracco o la Cisa, che per gli autocarri del tempo erano una vera e propria sfida impossibile. I camion erano tutti nostrani, e si chiamavano Lancia, OM, o Fiat. Pur dotati di motori di cilindrate ragguardevoli, raramente, i più potenti superavano i 140 CV, che al giorno d'oggi sono erogati da una moto. In più questi "bisonti" di un tempo, dovevano trascinare anche un rimorchio, da qui il nome autotreno. Spesso racconto ai miei figli, quando ci troviamo imbottigliati in qualche ingorgo stradale, come si procedeva, in quegli anni, su per il passo della Cisa dietro a uno di questi bestioni. Il più comune era il Lancia Esatau, che tutti chiamavano "musone" perchè il motore era posto fuori della cabina di guida, questo tipo di camion era il più usato per effettuare "la linea" come un tempo si chiamava il trasporto interprovinciale. Il Codice della Strada del tempo, imponeva agli autotreni, adibiti a questa attività, che in cabina vi fossero due autisti, così su per le ripide erte della Cisa, mentre il motore con la prima ridotta innestata urlava al massimo dei giri, la sua disperazione, si procedeva alla folle velocità di 4 Km ora, cosa che consentiva al secondo autista di scendere al volo, fare...pipì, e risalire agevolmente alla curva successiva. Se l'autista era una brava persona, in alcuni punti vi era una specie di piazzola dove poteva accostare, e fare passare il lungo serpentone di auto che seguivano, altrimenti si arrivava a Berceto o a Parma dopo tre, o quattro ore, spesso con l'acqua del radiatore che bolliva. Nei primi anni sessanta il Governo, pensò di costruire una "superstrada" che come una spina dorsale, unisse il nord e il sud dell'Italia. Così nel 1964, venne inaugurata la più lunga autostrada italiana la A1, che univa Milano a Reggio Calabria, che venne subito chiamata "Autostrada del Sole." Altre autostrade seguirono in pochissimi anni, tanto che il Sindacato accusò il Governo di favorire, e di fare investimenti a vantaggio di Fiat, tralasciando il servizio pubblico, cosa che come si vide più tardi, corrispondeva a verità. Anche i petrolieri furono accusati di fare cartello per aumentare in autostrada il prezzo della benzina, accusa che cadde nel vuoto, tanto che anche ai giorni nostri questo problema è ben presente. Nonostante tutto però, è innegabile che il sistema autostradale, abbia non solo aumentato il parco auto circolante, con tutte le problematiche ad esso legate, ma anche migliorato gli scambi socio-culturali di una nazione che secoli di divisioni politiche avevano trasformato in una sorta di accozzaglia feudale, aiutandola ad entrare da protagonista del terzo millennio.

Mario Volpi
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