Giocare al “ruzzolone”
Una Volta Invece
Spetta/Le
Redazione
fino a pochi
anni fa, le festività Natalizie erano una gioia anche per i genitori, ansiosi
di regale ai loro figli giocattoli enormi e magnifici. Oggi tutto questo si è
ridimensionato, dove, in una minuscola "chiavetta" vi è un gioco elettronico
che permetterà al bambino d'interagire con un compagno in Giappone o in India.
Fino a qualche anno fa,
in occasione delle feste Natalizie, si assisteva a una vera e propria corsa
all’acquisto di giocattoli. In quasi tutte le grandi catene commerciali, si
provvedeva almeno con un mese di anticipo a realizzare uno spazio apposito,
pieno di giochi e giocattoli di ogni tipo. Oggi tutto ciò è rimasto un retaggio
di un recente passato. L’uso del giocattolo, è una prerogativa di tutti i
mammiferi. I cuccioli di questa specie, apprendono, e sviluppano con il gioco,
le qualità che le saranno necessarie nella vita da adulti, per la loro stessa
sopravvivenza, e per occupare un posto nella scala gerarchica del branco. Non
stupisce quindi che anche l’animale uomo, fin dalla preistoria abbia costruito
giocattoli per i propri cuccioli. Bambole, e animali in terracotta sono stati
rinvenuti nelle tombe di bambini egizi deceduti più di tremila anni fa. L’evoluzione
del giocattolo, però, è stata assai lenta, perché considerato da sempre
complementare, e non essenziale alla vita quotidiana. Proprio per questo, il
balocco, è stato una spia della situazione socio-economica del suo possessore,
più questi occupava un posto di prestigio nella Società, più il giocattolo era
ricco e prezioso. Bisognerà comunque aspettare gli anni della prima rivoluzione
industriale, avvenuta a metà del XVIII secolo, in Gran Bretagna, per vedere un
primo embrione di fabbrica di giocattoli. In quegli anni per i figli delle
persone più facoltose, soprattutto femmine, nascerà la moda di regalare loro, la
casa delle bambole, completa di arredi in miniatura, bambolotti con viso e arti
in ceramica, vestiti con preziosi abiti, e con parrucche di capelli veri, per
finire con stoviglie in miniatura di maiolica, e perfino in argento. Ai maschietti
invece, si regalavano cavalli a dondolo in legno massello, con la testa in
cartapesta, carrettini simili alle carrozze vere, da far trainare a cani o
pony, trottole multicolori, per finire con i classici e intramontabili birilli.
Questi giochi, oltre a stabilire inequivocabilmente lo status sociale degli
adulti, avevano lo scopo di preparare i bambini alla loro vita da grandi,
ovviamente all’interno di una Società agiata. Per i bambini poveri invece, i
giocattoli erano sconosciuti, sia per l’indigenza dei genitori, ma soprattutto
per la mancanza di tempo da dedicare allo svago, perché i figli del popolo a
quei tempi, erano impegnati nei lavori agricoli, o come apprendisti nella
nascente industria. Questa situazione, senza sostanziali cambiamenti, si
protrasse fino alle soglie del XX secolo, dove a cavallo delle due guerre
mondiali, l’industria del giocattolo, evolse pochissimo, sostituendo la
ceramica, e il legno, con il ferro stampato e verniciato. Proprio in questo
periodo a Liverpool in Gran Bretagna, verrà lanciato sul mercato un gioco di
costruzioni con barrette di ferro forate, viti, e bulloni, che avrà un successo
straordinario, il Meccano. I giocattoli, erano per lo più statici, ma ancora
estremamente costosi, ad uso e consumo delle classi più ricche. Anche dopo la
fine della seconda guerra mondiale, la situazione ludica dei bambini non era
cambiata. Noi, nati nel primo dopoguerra nel territorio Apuano, pur nella
miseria più nera, avevamo una fortuna, potevamo disporre a dismisura delle
“carote,” ossia grossi cilindri di marmo, scarti dalla foratura dei vasi da
cimitero. Non sappiamo a chi venne per primo l’idea di costruire “il
ruzzolone.” Con un pezzo di filo di ferro, rubato a qualche “ramata” (rete di
recinzione) si costruiva una specie di morsa con i capi che stringevano la
carota di marmo alle due estremità, dove con un chiodo e un sasso, si praticava
un rudimentale foro. Un pezzo di spago completava l’opera, che ci permetteva di
correre a perdifiato trainando questo rudimentale “schiacciasassi.” Anche una cerchione
di bicicletta senza raggi diventava un fantastico giocattolo. Con un bastoncino
era possibile spingerlo a velocità pazzesca, imitando con molta fantasia i
campioni di ciclismo del tempo. Poi di colpo avvenne il cambiamento. I nuovi
materiali nati durante il secondo conflitto mondiale, e il nuovo modo di
utilizzare quelli esistenti, stavano letteralmente rivoluzionando tutti i
settori produttivi, tra cui quello dei giocattoli. Nel territorio Bresciano, a
ridosso degli anni cinquanta, nascono come funghi aziende che si dedicano alla
pressofusione di componenti di alluminio, e delle sue nuove leghe a basso costo.
Così, l’uso intensivo della catena di montaggio, rende economicamente
conveniente per gran parte della popolazione italiana, l’acquisto di giocattoli
metallici di squisita fattura, un tempo quasi impossibili da realizzare, ma
soprattutto costosissimi. Riproduzioni di pistole e fucili, modellini di auto,
aerei, e trenini, e una varietà pressoché infinita di giocattoli metallici,
inondano il mercato. Da li a poco, sul finire degli anni sessanta, dapprima la
celluloide, e infine la plastica, aumenteranno ancora di più la disponibilità
di balocchi colorati di tutti i tipi, e per tutte le tasche, sia per maschi che
per femmine. Negli primi anni ottanta, molti giocattoli saranno elettrici,
comandati a distanza con un filo, e quelli più sofisticati, da onde radio. Alcuni
diventano un’icona, come la Barbie, una bambolina prodotta in mille versioni
dalla Mattel, un’azienda statunitense, o come i famosissimi mattoncini colorati
Lego, che prendono il nome proprio dalla fabbrica nata in Danimarca. Ma la
svolta, è alle porte. Siamo agli inizi degli anni novanta e l’avvento
dell’elettronica sforma giochi che sembrano provenire da un mondo alieno. Robot
parlanti e semoventi, automobiline fuoristrada che affrontano ogni tipo di
terreno, carrarmati che sparano e agiscono in modo autonomo, bambole che
parlano camminano, mangiano, bevono, e che si “ammalano,” per poi
miracolosamente guarire con un’iniezione digitale, aeri elettrici che volano
comandati da terra con un semplice telecomando, ma soprattutto i primi
videogiochi portatili a batteria, come il famoso Game Boy. Questa rivoluzione
digitale nel mondo dei giocattoli, evolverà per quasi un ventennio, per poi
conoscere una crisi profonda. Oggi il mondo ludico dei bambini è cambiato
rapidamente, tanto che grandi aziende come l’italiana Furga, leader nella
produzione di bambole, saranno costrette a chiudere i battenti, proprio come la
statunitense Toys R, un vero colosso nella produzione di giocattoli, che ha
dichiarato bancarotta nel 2017. Oggi i giochi dei bambini sono digitali, e si
svolgono al computer, o su consolle apposite in sessioni on line con compagni
sconosciuti residenti in tutto il mondo. I giocattoli di oggi non vengono più
fabbricati dai “folletti” al Polo Nord, nella fabbrica di Babbo Natale, ma in
fantascientifici laboratori, dove ingegneri informatici e programmatori, con
fervida fantasia creano paesaggi e avventure virtuali fantastiche. Questo è il
progresso, ma io sono certo, che i bambini di oggi, non proveranno mai
l’ingenua felicità, di quel ragazzino scalzo, e in calzoncini corti, che, con una
schiera di amichetti reali e chiassosi, correva a perdifiato, trainando il
ruzzolone.
Mario Volpi 22.12.21
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