Nigrum voluptatem
Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Le nuove generazioni, nate all'interno di questa Società consumistica, i racconti delle condizioni di vita di un tempo spesso paiono favole. Ritengo perciò doveroso, portare una testimonianza vissuta sulla mia pelle, sull'uso e il consumo di una bevanda, che oggi per la sua diffusione è abbondanza è considerata quasi banale, ma che ai miei tempi, era una vera e propria preziosa leccornia. Spero così, che vedendo come i loro padri apprezzassero il loro poco, imparino a non lamentarsi, e ad accontentarsi del loro...troppo.
Nigrum voluptatem

A forza di sperimentare vi riuscirono. Il più usato fu certamente l’orzo. Quest’umile cereale, era presente in ogni fattoria, e opportunamente tostato e macinato, forniva una polvere, la cui infusione, era molto simile al vero caffè. Lo stesso risultato si poteva ottenere con l’avena, ma ambedue avevano un gusto spesso troppo amaro, così a qualcuno, venne l’idea del malto. La “maltazione” consisteva semplicemente nel fare germogliare i semi, e quando ciò era avvenuto, farli seccare e tostarli. Questo procedimento abbatteva i tannini amari, ed esaltava il dolce del germoglio, favorendo un infuso più gradevole. Nelle nostre campagne erano usati anche i lupini. Coltivati soprattutto per arricchire il terreno, e per ricavarne farina, trovavano nella nostra piana alluvionale di Luni, le condizioni ideali per la loro crescita. Dopo un’immersione in acqua, erano fatti germogliare, ma essendo troppo amari, erano mescolati con i fichi, anche loro secchi, e tostati. A Carrara, e nei paesi a monte, era la cicoria, il surrogato più usato. Pianta spontanea, e di facile reperibilità, con le sue radici tostate, si preparava un ottimo caffè, pratica che è durata oltre la fine del secondo conflitto mondiale. Anche l’industria non rimase insensibile a questa necessità, e fino a tutti gli anni sessanta, il surrogato di caffè “La Vecchina, ” e la “Miscela Leone”, erano ampiamente consumati da gran parte della popolazione. Oggi miscele di caffè in cialde, e macchine da espresso ultratecnologiche la fanno da padrone, ed è possibile ottenere un espresso superbo in pochi secondi. Sembra perciò impossibile, che appena mezzo secolo fa, il solo ottenere una tazzina di caffè, fosse un vero e proprio, sogno proibito. Un tempo, la polvere dei vari surrogati, dopo essere stata messa in un pentolino d’acqua bollente per alcuni minuti, era fatta riposare, e infine filtrata attraverso un colino. Era questa l’unica”macchina” usata per secoli dai nostri nonni, per prepararsi il … nigrum voluptatem, o almeno quello che di più ci si avvicinava.
Mario Volpi
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