Un “Palazzetto” misterioso
Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Per l'inciviltà di qualcuno, un'altra testimonianza
del passato è destinata a finire nell'oblio, senza dirci il perché fosse stata
creata. Per alcuni di noi, il passato è privo d'importanza, dimenticandosi
totalmente delle proprie origini!
Sulla collina che domina Monteverde, chiamata “la Costaccia, ” si erge un manufatto antico, che i carrarini chiamano “I Palazzetti.” Questa specie di abitazione fortificata è da sempre un mistero. E’ costituita da un terrapieno che in origine doveva servire anche da muro di cinta, che segue per diverse centinaia di metri la morfologia della collina. Sull’estremità di sinistra, ossia la parte verso la citta di Carrara, vi era una grossa costruzione, su tre piani, mentre il terrapieno verso Est, termina con due grosse torrette a base quadra, collegate tra loro da un’, imponete ringhiera, formata da eleganti capitelli in massello di marmo bianco. L’interno era splendido. Nel giardino ai piedi delle due torrette, faceva bella mostra di se una piccola “piscina”, alimentata da uno zampillo di acqua sorgiva che usciva dalla bocca di un mascherone di marmo. Una scala monumentale portava al giardino soprastante, coltivato a vite, per poi continuare sull’estremità Nord del recinto, dove sorgeva il parco, ricco di piante secolari come querce e cipressi. Fino alla fine degli anni cinquanta, questa costruzione era abitata, anche se priva delle basilari “comodità” moderne come energia elettrica, e servizi igienici. Sul finire degli anni sessanta, ormai abbandonato a se stesso, questo manufatto, con l’imponente uliveto che lo circondava, fu comprato da un noto imprenditore carrarese, che dopo piccoli lavori di ristrutturazione, come il montaggio di alcune porte nuove, vi portò alcune mucche, per la produzione di latte, che un addetto ogni mattina portava, fino a Monteverde per la vendita. Curava anche gli ulivi, con l’annuale raccolta delle olive, fatta da parecchie donne in giornata, per ottenere del pregiato olio extravergine. Io ebbi la fortuna di conoscere molto bene questa persona, e, anche se ero solo un ragazzo, di onorarmi della sua amicizia. Poi però, l’imprenditore, ebbe un tracollo finanziario, che lo fece fallire, e di conseguenza anche il “guardiano-fattore, ” fu ritirato. Alcuni giorni fa, alzando lo sguardo, mentre transitavo in auto sul viale XX Settembre, ebbi la brutta sorpresa di vedere le due torrette completamente crollate, forse a causa di un furioso temporale notturno. Il declino dei Palazzetti però, e cominciato molti anni fa, quando qualcuno tracciò con una ruspa una strada abusiva per raggiungere più agevolmente qualche terreno. L’opera fu subito bloccata, ma la facilità di accesso così creata, diede il via a una serie infinita di saccheggi, per opera di occasionali visitatori, ma soprattutto di “ladri d’arte su commissione” di quello che restava dei Palazzetti. Furono smurati e rubati, tutti gli stemmi di marmo che ornavano la facciata della casa, la ringhiera fu divelta e portata via, come le porte di legno massiccio. Il resto fu vandalizzato selvaggiamente. I soffitti, fatti con incannicciate ricoperte di calce, e finemente dipinti, furono fatti crollare a sassate, le scale di marmo di accesso alle torrette colpite con grosse pietre e fatte crollare, così come i pavimenti delle torrette stesse. In poco tempo il fabbricato centrale perse parte del tetto, e con le continue infiltrazioni d’acqua la rovina fu totale. I rovi s’impossessarono dell’uliveto che a oggi è totalmente inaccessibile, così come il giardino. Io alcuni anni fa cercai di trovare testi che potessero fare luce sull’anno della sua costruzione, e che cosa in realtà fosse, ma non trovai nulla. La sua costruzione comunque, sembra risalire alla metà del 1800, quindi non è un reperto medievale, come molti pensavano. Anche le due torrette avevano una funzione estetica e non difensiva, perché possedevano delle ampie finestre, e la splendida ringhiera di marmo che le collegava ne era la prova. Si pensa che appartenesse alla nobile famiglia dei conti Pisani, che avevano tenute e uliveti, a Fossola e Fontia, addirittura che lo usassero come casa estiva ma questa spiegazione non mi sembra credibile. Prima di tutto, per il suo difficile accesso. Anche in tempi antichi, l’unica via di comunicazione che passava nelle sue vicinanze era la mulattiera Nicola-Fossone-Fontia-Castelpoggio. La costruzione centrale, poi, pur essendo abbastanza ampia, non aveva lo sfarzo tipico delle case della nobiltà ottocentesca, come d’altro canto, era troppo sfarzosa per essere una semplice casa di contadini. Sulla porta d’ingresso vi era un bassorilievo di marmo che raffigurava un pesce, antico simbolo cristiano, che fa supporre che potesse essere una sorta di convento di qualche comunità religiosa. Ora completamente in rovina, è la muta testimonianza di come l’inciviltà di alcune persone, privi le future generazioni di godere delle bellezze, che uomini vissuti in altre epoche, con gli scarsi mezzi del tempo, e con immane fatica, furono in grado di creare, e pensare che ci chiamano” homo sapiens! “
Mario Volpi 26.08.2020
Racconti di questa rubrica