Un Giardino dell’Eden personale
Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
Nell'immaginario dell'umanità, dopo il Santo Graal, vi
è la ricerca del Giardino dell'Eden. E se questa ricerca fossa già finita?
Com’è ormai ampiamente documentato, in Italia, dopo la caduta dell’Impero Romano, e il conseguente imbarbarimento della Società, che causò la frammentazione delle popolazioni terrorizzate dalle stragi, e decimate da carestie e pestilenze, occorsero secoli perché si riformasse, intorno a Pievi e Conventi un timido embrione di comunità civile. L’unico modo per sopravvivere in quel periodo buio, era quello di affidarsi alla raccolta di bacche e frutta selvatica, e praticare una primitiva forma di caccia. Queste attività però, mal si conciliavano con la ferrea pratica dell’attività spirituale svolta quotidianamente, e più volte al giorno dalle comunità monastiche, che affidarono totalmente la loro sopravvivenza alimentare a una primitiva forma di agricoltura. Nacquero così gli ”hortis conclusus,” ossia dei veri e propri orti, però recintati da alte mura di pietra per difendersi da predatori a due e quattro gambe. Nati per soddisfare i bisogni terreni, piano, piano, con il passare dei secoli questi orti-giardini, assunsero sempre più un forte simbolismo religioso. Nell’intenzione dei monaci, questi luoghi dovevano assomigliare sempre più al Giardino dell’Eden, e in qualche modo per la loro bellezza e per i frutti che donavano, simboleggiare una Madre misericordiosa, come la Vergine Maria. Con l’avvento del Rinascimento, l’Italia fu suddivisa in una miriade di stati e statarelli, retti da Principi, Baroni, Marchesi, e Duchi, smaniosi di mostrare al mondo la propria ricchezza, e potere. Per fare ciò cosa c’era di meglio se non costruire un castello, o un palazzo, e circondarlo da un magnifico giardino? Nacquero così i cosiddetti “giardini all’italiana,” composti da spazi geometrici perfettamente tracciati, siepi piantumate per formare complicati labirinti, alberi sempreverdi sapientemente potati per riprodurre figure di animali, prati ben curati, e soprattutto fontane, laghetti e giochi d’acqua, il tutto messo apparentemente a caso, invece studiato a formare un’armoniosa sinfonia di bellezza, perfetta per stupire l’ospite illustre. Questo modo di fare i giardini ben presto si diffuse in tutta Europa, influenzando anche le Corti più importati, da quella Francese, a quella Inglese, per arrivare alla Prussiana, e persino alle piccole Corti Tedesche e Fiamminghe. Con il passare dei secoli, le mode cambiano e con esse anche il gusto delle persone, così nel XVIII secolo, prese vigore un nuovo modo di concepire il giardino, chiamato “all’inglese.” Ciò si basava dalla mescolanza di elementi “naturali” come piante, fiori, e alberi, e da una parte “artificiale,” formata da costruzioni come tempietti, pagode, finte rovine archeologiche, e statue. Uno dei maestri di questa tipologia di giardino fu un italiano; Niccolò Tribolo. La sua opera più celebre, anche se la morte improvvisa gli impedì di completarla, fu il famoso “giardino di Boboli,” situato nei pressi di Palazzo Pitti a Firenze. Fino arrivare ai primi anni del novecento, il concetto di “giardino” era concepito solo dall’alta borghesia, perché il “popolino” come era chiamata in senso dispregiativo la popolazione, non concepiva un pezzo di terra adibito alla “ inutile bellezza” senza produrre del prezioso cibo. Le cose cominceranno a cambiare dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Le enormi distruzioni, provocheranno la totale ricostruzione d’interi quartieri, ma ora ciò verrà fatto con i moderni concetti dell’urbanistica. Le case non saranno più costruite addossate le une alle altre, ma divise da ampie strade e spesso ognuna di essa con a disposizione un minuscolo pezzo di terreno. Si costruiscono i primi parchi, si piantumano alberi lungo i viali, si aprono piazze ricche di aiuole con alberi sempreverdi, e fiori. In ogni grande città si istituisce una sezione Comunale di giardinieri per la manutenzione del verde pubblico. La svolta epocale nell’allestimento di giardini privati, avvenne senza alcun dubbio verso la metà degli anni settanta del novecento, con la commercializzazione a prezzi irrisori di tubature in PVC di facile utilizzo, con il semplice uso di raccordi a vite. Anche la neonata elettronica contribuì non poco a questa vera e propria rivoluzione “green.” Nascono i primi negozi specializzati, chiamati in inglese “garden store,” dove è possibile trovare dal tosaerba a motore, allo spruzzatore temporizzato per irrigare, dal sacco di concime speciale, per finire con piantine in vasetto pronte al trapianto. Intanto anche se arrivati secondi nei confronti della popolazione Europea, anche negli italiani cresce la voglia di possedere un piccolo Eden personale. Nascono ditte specializzate che sono in grado di progettare e realizzare un sistema d’irrigazione interrato, oltre alla cura, dalla semina al taglio, di impeccabili prati verdi Negli anni novanta, il giardinaggio evolve ancora di più, proponendo soluzioni un tempo irrealizzabili, come vasche in propilene già pronte da interrare, che simulano le sponde rocciose di un laghetto, con pompa nascosta per far ricircolare l’acqua, creando giochi, o piccole cascate, mentre faretti impermeabili sommersi forniscono una luce bianca o multicolore, che nelle notti estive infonderà al laghetto un’atmosfera quasi magica. Si sfrutteranno anche gli antichi pozzi delle cascine, o se ne scaveranno di nuovi, per un sistema di irrigazione super tecnologico. Una pompa ad immersione fornirà acqua comandata da una centralina elettronica che non solo farà partire gli irrigatori interrati a “zone,” formate da quattro o cinque spruzzatori, ma che sarà in grado di gestire fino a 15 di queste zone, in modo del tutto automatico. Per non sprecare acqua a causa dell’evaporazione, è possibile fare partire l’irrigazione nel cuore della notte, e in più un sensore interromperà il flusso in caso di pioggia. L’elettronica ormai super miniaturizzata è in grado di nascondere in finte pietre, piccoli altoparlanti, che in modalità Wi-Fi trasmetteranno il canto dei grilli, il fruscio del vento, o il ticchettare della pioggia, che, specialmente nelle notti estive, conferiranno al giardino un alone di magico mistero. Per la rasatura del prato poi, non vi sono più problemi. Una tagliaerba robotizzata programmabile uscirà di notte rasando il prato, e rientrando alla sua “casetta” se piove, a lavoro finito, o quando la batteria è scarica. L’ultima frontiera della tecnologia, per risparmiare acqua e energia elettrica è la centralina metereologica, che in automatico si collega con il servizio meteo in Rete, e in modo autonomo decide se effettuare l’irrigazione, in base alla direzione e intensità del vento, o alle percentuali di probabilità di pioggia. Forse la moderna tecnologia riuscirà a breve, in quello che generazioni di monaci non sono riusciti a fare nei secoli, ossia creare sulla terra qualcosa il più vicino possibile a un Giardino dell’Eden, ad uso e consumo … personale.
Mario Volpi 4.12.22
Racconti di questa rubrica