C'è arte e Arte
Attualità
Spetta/Le Redazione
Da secoli ci s'interroga se il vero artista sia quello che crea materialmente l'opera, o chi l'ha progettata. Ai nostri lettori l'ardua sentenza!
Si può tranquillamente affermare che tutti i “carrarini, ” (carraresi) nati fino alla metà degli anni cinquanta del secolo scorso, siano cresciuti a pane e marmo. Qualcuno affermerà in verità, che c’era tanto marmo e poco pane, ma comunque la maggior parte della forza lavoro carrarese, per secoli, si è basata sull’estrazione, e la lavorazione del marmo. Attività messa spesso in grave difficoltà economica, per eventi climatici, o politici, che inevitabilmente avevano enormi ripercussioni sulla popolazione, generando miseria e malnutrizione, con conseguente elevato tasso di malattie e mortalità soprattutto tra i bambini. Volendo stendere un velo pietoso, sull’utilizzo che oggi si fa del marmo, polverizzato per ricavarne carbonato di calcio, un tempo, e ancora oggi, era in prevalenza utilizzato per due scopi; quello architettonico, e quello artistico. Quello architettonico è composto soprattutto da marmo tagliato in blocchi più o meno grandi, da cui si ricavano balaustre in massello, colonne e architravi, e da lastre in basso spessore, per realizzare tavoli, pavimenti, e rivestimenti di pregio, questo settore è in sostanza al completo servizio dell’edilizia. Vi è poi quello artistico, da dove da blocchi di Statuario di Carrara, o di Bianco Gioia, sempre di Carrara, si ricavano soprattutto sculture, bassorilievi, monumenti equestri e funebri. Com’è facile capire, un tempo a Carrara, il settore architettonico, con le sue numerose segherie, e laboratori, era la forza economica trainante, mentre gli “studi” di scultura, alcuni centenari come quello ancora esistente di Nicoli, con gli artisti che vi lavoravano, davano lustro alla città, facendola diventare famosa in tutto il mondo. Già gli antichi romani si approvvigionavano “in lapicidinis all’Alpe Lunae” della bianca materia, mentre è ben documentata la frequentazione della Civitas di Cararia (Città di Carrara) da artisti come Michelangelo, Donatello, Canova, e Bernini, che a partire dal XIII secolo venivano nelle nostre cave per scegliere i marmi per i loro capolavori. Per secoli a Carrara, è stata presente una scuola di pensiero, una sottile ma importantissima divisione, tra arte, e Arte con la “A” maiuscola. Ora cercherò di spiegare la differenza che s’intende sottolineare da un’unica attività, che è la scultura. Un tempo erano numerosissimi i “laboratori,” non studi, si noti la differenza anche nel nome, dove si realizzavano busti, bassorilievi, targhe con decori, e monumenti funebri. Gli artigiani che li eseguivano erano detti “ornatisti” e anche se parecchi di loro avevano frequentato diplomandosi l’Accademia delle Belle Arti di Carrara, o la Scuola del Marmo sempre di Carrara, non erano considerati, scultori. Per alcuni “puristi” i veri scultori, erano coloro che oltre a realizzare l’opera manualmente, la “progettavano”, e mi riferisco a una schiera quasi infinita di artisti “carrarini” del passato, come Carlo Finelli, Pietro Tacca, Danese Cattaneo, Bolgi Andrea, per finire al più contemporaneo Arturo Dazzi, noto al grande pubblico per essere l’autore del “cavallino” di Piazza Matteotti. Io non sono un critico d’arte, per carità! Ma conosco molto bene il mondo del lavoro manuale, e vi posso assicurare che in ogni tipo di lavoro esistono veri e propri artisti, capaci di svolgere quel determinato compito, magari progettato da altri, in modo più che mirabile. A tal proposito mi pare assai calzante l’esempio dell’opera di un giovane scultore napoletano, Giuseppe Sanmartino, che alla metà del 1700, realizzò, una scultura a mio avviso stupefacente, il Cristo Velato. Un ricco nobile napoletano, per ornare la sua Cappella personale, gli commissionò “ un Cristo morto disteso, a grandezza naturale, coperto da un sudario leggerissimo.” Ebbene, anche se “progettata” dal committente, quest’opera è stata realizzata con un’abilità scultorea tale, che per secoli si pensò che per realizzare il velo si fosse servito di qualche pratica di “alchimia” per pietrificarne uno in tessuto, tanto è realistica l’impressione che fosse veramente trasparente, e non in marmo. Quest’opera meravigliosa, è realizzata con due tipi di marmo, la scultura in marmo bianco di Carrara, mentre per il giaciglio è stato utilizzato un marmo colorato. E’ esposta nella Cappella di Sansevero a Napoli, e purtroppo è poco nota, ed è un vero peccato, perché per la sua mirabile fattura meriterebbe, ben altra notorietà. Si pensi che il grande Antonio Canova dopo aver ammirato la scultura, affermò che sarebbe stato pronto a dare dieci anni della sua vita per poterne rivendicare la paternità. Oggi, molte sculture, anche di scultori famosi sono realizzate prima con un programma grafico al computer, e poi in un piccolo bozzetto in creta o gesso, che poi ”l’artista” delega per l’esecuzione manuale ai “non scultori” carraresi, che la scolpiscono in qualche laboratorio cittadino. Quindi parafrasando l’immenso Michelangelo che affermava che “la scultura è quella che si fa per forza di levare” quale sarebbe quest’abissale differenza tra arte e Arte?
Mario Volpi 11.10.22
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