Mamma pipì
Una Volta Invece
Spetta/Le Redazione
AL contrario di sessanta anni fa, oggi, quando nasce un bambino, non serve solo il suo fabbisogno alimentare, ma il benessere, e il progresso, hanno lentamente dilatato queste necessità a un livello economico tale, che risulta spesso insostenibile per una coppia di novelli sposi. Una delle voci di spesa maggiore è senza dubbio quella dei pannolini usa e getta. Perciò io consiglierei di valutare attentamente anche l'opzione di quelli lavabili, oltre a un bel risparmio economico, penso che anche l'ambiente se potesse, ci ringrazierebbe.
Mamma pipì
E’ indubbio che il momento più critico per la sopravvivenza di ogni essere vivente, sia la nascita. Per questo, madre Natura, ha provveduto ha dotare ogni specie di un meccanismo che potesse aiutarli a superare questo difficile momento. Così gli erbivori vengono al mondo già ricoperti di pelliccia, e in grado di camminare poche ore dopo la nascita, i carnivori sono tenuti al caldo, e al sicuro in profonde tane sotterranee, i volatili sono ricoperti da un soffice piumino, e si rifugiano sotto le penne della madre all’interno dei nidi. Solo l’uomo nasce completamente nudo, semicieco, e totalmente dipendente dalla madre, così fragile e indifeso, che sembra impossibile che invece di estinguersi, sia diventato la specie dominante sul pianeta terra. Oltretutto, al contrario delle altre forme di vita, nell’essere umano, questa dipendenza dura parecchi anni, di cui certamente i più critici è difficili, sono quelli precedenti il cosiddetto svezzamento. Il neonato ha bisogno di essere coperto, per proteggerlo dal caldo e dal freddo, ma è necessario che questa protezione possa essere rapidamente cambiata, quando è contaminata da urina e feci. Nei millenni per questa incombenza sono stati usati i materiali più disparati, dalle pelli degli animali, alla corteccia battuta degli alberi. Fu solo nell’ottocento, che, a causa del progresso tecnologico, e la meccanizzazione dei telai, fu possibile usare tessuti a basso costo. Da allora la fasciatura dei neonati, divenne un’operazione ben codificata, sia per i materiali, sia per il numero dei pezzi di tessuto necessari alla bisogna. Nelle famiglie meno abbienti si usava il cotone, mentre in quelle ricche si preferiva il lino, da cui più tardi, quest’accessorio, prese anche il nome “panno-lino”. Per cercare di tamponare l’uscita di liquidi, si usavano, oltre a quadrati di tessuto chiamati “pezzi,” metri di fasce, pensando anche che, costringendo le gambe del neonato in posizione diritta, si favorisse, specialmente nelle femmine, delle future splendide gambe. Purtroppo invece, questa pratica, ha portato nei soggetti predisposti, alla comparsa di una malattia posturale, chiamata displasia dell’anca, che ha comportato, nei tempi moderni, parecchi interventi chirurgici per l’applicazione di una protesi. Oltretutto, la fasciatura, o l’applicazione di più strati di tessuto, non impediva la fuoriuscita di pipì, né tantomeno conteneva l’odore delle feci, anzi, il contatto con tessuti bagnati, e contaminati, su pelli così delicate, innescava spesso delle dolorose dermatiti, fino ad arrivare a infezioni da Candida, un tempo non facilmente curabili. Negli anni cinquanta, con il progredire della scienza medica, si capì che queste infezioni erano generate da microrganismi che si annidavano nei pannolini, così si consigliava alle madri la bollitura degli stessi. Ricordo ancora quando ero bambino, che la mia vicina di casa, voleva che la aiutassi ad alimentare il fuoco acceso nell’aia, su cui era posto un pentolone con dentro decine di fasce, e “pezzolan,” (nome dialettale di un quadrato di cotone) che lei rimestava continuamente con un grosso bastone. Nell’acqua era stato aggiunto aceto, che donava agli stessi, quando erano asciutti, un odore, a dir poco nauseabondo. Nel primo dopoguerra, fecero la loro timida comparsa, una specie di pannolino lavabile. Erano dei semplici quadrati di un materiale impermeabile, con delle tasche, dove si doveva mettere il vero pannolino di stoffa. Ebbero vita breve, sostituiti subito da una vera e propria novità, che aveva un nome accattivante; ciripà. Era un triangolo di tessuto, con al centro, un riporto in morbida spugna, andava cinto intorno ai fianchi del bambino, proprio come facevano gli indios di cui prendeva il nome. Intanto, nel 1957, negli Stati Uniti, il boom economico, e l’emancipazione femminile, sottraendo tempo alle madri per la cura della prole, fecero nascere la voglia di un pannolino da buttare dopo l’uso. La prima risposta a questo desiderio fu un rotolo di morbida cellulosa, dove si doveva ritagliare e adattare il pannolino, prima della sua applicazione. Sicuramente però, il padre del primo vero pannolino usa è getta, è stato un chimico inglese Victor Mills, che nel 1961, ideò, e fece costruire, il primo modello, che chiamò “Pampers.” Quest’invenzione ebbe un successo travolgente, tanto che negli anni settanta, la domanda superava di molto l’offerta che le fabbriche artigianali del tempo erano in grado di soddisfare. Visto il gradimento ottenuto dal pubblico, e fiutando l’affare milionario, l’industria non tardò a meccanizzarsi, e a sfornare prodotti innovativi, così negli anni ottanta, furono inventati pannolini con al loro interno polimeri super assorbenti. Questa nuova sostanza chimica, era in grado di trasformarsi da polvere, in gel, assorbendo in liquidi, decine di volte il suo volume iniziale. Oggi sul mercato sono presenti decine di marche diverse, con un giro di affari mondiale difficilmente quantificabile. Ma questa comodità nell’accudire il neonato non è certamente a buon mercato, né dal punto di vista economico, né soprattutto da quello ecologico. Si calcola che nei primi tre anni di vita, un neonato, consumi una quantità di pannolini pari a circa una tonnellata, con una spesa che può arrivare ai 1000 €. I pannolini non sono biodegradabili, e se portati in discarica, hanno una vita stimata di circa cinquecento anni, mentre se bruciati, possono facilmente produrre la terribile diossina. Ecco perché molte madri ripiegano sui nuovi pannolini lavabili, oggi enormemente più efficienti, e diversi da quelli di un tempo. La disputa di quali siano i migliori, è aldilà da essere finita, solo di una cosa si è sicuri, che fino alla fatidica frase “mamma … pipì,” il loro uso sarà assolutamente indispensabile.
Mario Volpi
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