I maestri - carraraonline.com

Sezione a cura di Mario Volpi
Vai ai contenuti

I maestri

Una Volta Invece
Cara Redazione
Il ventesimo secolo è stato quello in cui si sono persi il maggior numero di antichi mestieri e professioni. Di sicuro il ventunesimo non sarà da meno, e fra pochi decenni vedremo la totale sparizione dell'antico mestiere del mastro d'ascia.  Marina di Carrara un tempo era famosa per la professionalità dei suoi mastri d'ascia che  lavoravano al Cantiere, dove si costruivano ancora grandi navi in legno. Oggi purtroppo si cerca di far rinascere questo antico mestiere anche con corsi, e scuole, ma io penso che sia una battaglia persa in partenza.
I maestri … del legno


La civiltà dell’uomo, è progredita grazie alle esplorazioni, dove le diverse culture hanno avuto la possibilità di confrontarsi e di prendere il meglio le une dalle altre. Questi grandi, e spesso epici viaggi sono stati compiuti in maggioranza per mare, con l’ausilio di navi comandate da intrepidi capitani. Ma mentre il nome di questi, come Colombo, Vasco da Gama, Magellano, ecc. sono entrati, e rimarranno nella storia, poco o nulla si sa di coloro che con il loro duro, e prezioso lavoro, hanno reso possibile queste mirabili imprese, i mastri d’ascia.
I mastri, o maestri d’ascia, erano gli antichi costruttori delle navi di legno, dalle poderose fregate, ai modesti gozzi da pesca. Le famose Repubbliche marinare, sono diventate potenze economiche, e militari, grazie ai loro cantieri navali, dove innumerevoli mastri d’ascia costruivano, e riparavano le navi della flotta. Questa figura artigiana era quasi l’equivalente all’attuale ingegnere nautico, dove la grande esperienza costruttiva, e la conoscenza dei materiali, sopperiva alla scarsa cultura nozionistica. Il mestiere di mastro d’ascia era spesso tramandato da padre a figlio, l’apprendista era portato in cantiere all’età di sette o otto anni, e cominciando dai lavori più umili, arrivava pian piano, a prendere sempre più confidenza con il mestiere, fino, in qualche caso, a superare il maestro. A un buon mastro d’ascia non erano richieste solo abilità specifiche nella costruzione degli scafi, ma era soprattutto nella conoscenza dei materiali che doveva eccellere. Molti erano noti perché andavano a scegliere il legno personalmente nel bosco, altri per i loro metodi di stagionatura anche bizzarri, come lasciare immersi in acqua marina le tavole di cerro che sarebbero diventate parte del fasciame.
Era importante abbattere l’albero a luna buona, per evitare il futuro attacco di tarli e vermi, tagliarlo subito in tavole e metterlo a stagionare. Anche la stagionatura doveva essere fatta con criterio, perché, se durava poco, la tavola si ritirava creando delle pericolosissime crepe, se stagionava troppo a lungo, il legno diventava secco e duro, difficile da lavorare.
Ogni tavola, doveva essere lavorata e montata “al verso” cioè le fibre del legno dovevano essere messe in modo che sopportassero al meglio lo sforzo nel punto dello scafo in cui erano poste. Ogni parte della nave doveva essere costruita con il legno più adatto, così per l’alberatura si preferiva il pino o l’abete, per il ponte, il larice o il castagno, e così via. Come si può intuire una cura particolare era riservata alla costruzione “dell’opera viva,” ossia quella parte dello scafo a diretto contatto con l’acqua. Questa, oltre ad avere le tavole di fasciame a tenuta stagna, cosa che si otteneva, con l’ausilio di un’altra figura professionale molto importante che vedremo più avanti, doveva avere una linea filante, oltre alle ordinate e ai madieri molto robusti, per sopportare i colpi di mare. La carena era la parte vitale della nave, perché dalla sua tenuta dipendeva la vita dell’equipaggio, era importante anche che non vi si attaccassero i “denti di cane” dei molluschi che oltre a rallentarne di molto la velocità, ne compromettevano la durata. Per sopperire a questo inconveniente ogni mastro d’ascia aveva una sua formula segreta per la vernice antivegetativa che vi andava applicata, composta di sego, resine vegetali, zolfo, e il terribile arsenico. Il mastro d’ascia non era indispensabile solo in cantiere, ma anche in navigazione. Specialmente nella Marina da Guerra, ogni nave comprendeva almeno un paio di mastri d’ascia nel suo equipaggio, il cui compito era la manutenzione ordinaria, ma soprattutto quella straordinaria, per riparare i danni in caso di combattimento. Gli scafi di legno avevano bisogno anche di un’altra figura professionale, il calafato. Quest’artigiano era chi, con uno scalpello senza taglio, chiamato “malabestia,” e un mazzuolo di legno, riempiva con stoppa, o canapa impregnata di pece, le fessure tra le tavole della carena, per renderle impermeabili. Anche se la cosa a prima vista sembra facile, in verità non lo era, perché si doveva dosare con precisione la forza con cui forzare la stoppa o la canapa, per non correre il rischio che la fessura nel fasciame cedesse di colpo. Il calafato era sempre presente negli equipaggi del tempo, sia commerciali, che militari, e sapendo che la durata media di un viaggio di allora era di circa due anni, se ne capisce il motivo. Era singolare il modo in cui riusciva a operare anche in assenza di strutture portuali. Trovata una caletta riparata, il mastro d’ascia grazie alle sue conoscenze tecniche, con l’aiuto di barili riempiti di zavorra, faceva sbandare la nave anche di quaranta gradi, il calafato compiva così il suo lavoro da un lato, e poi ripeteva l’operazione dalla parte opposta. Oggi purtroppo, il secolare mestiere del mastro d’ascia, è in via di estinzione, complice l’abbandono delle costruzioni di legno per via degli alti costi, e della laboriosa manutenzione, a favore della più pratica e versatile, plastica o vetroresina. Un tempo anche a Marina di Carrara la figura del mastro d’ascia era molto comune, per via della presenza di un grosso cantiere navale che costruiva scafi di legno, rimasto attivo fino ai primi anni cinquanta. Oggi, purtroppo a Marina, sopravvive solo un piccolo cantiere che costruisce e ripara gozzi da pesca. Nel tratto di costa che va da Livorno alla Spezia, però, sono ancora molte le eccellenze nella manutenzione di grossi e antichi yacht di legno, cosa che ci fa sperare che il fascino, e il sapere di questo antico mestiere non vada perduto per sempre.

Mario Volpi

Racconti di questa rubrica
Lascia un commento


Nessun commento
CarraraOnline.com
CarraraOnline.com
Torna ai contenuti