Vialla Dosi
Dimore storiche
Una villa privata
della fine del 1600 in stile barocco ancora oggi di proprietà della famiglia
Dosi Delfini. La dinastia ha origini lombarde e il primo Dosi arriva a
Pontremoli come comandante di una guarnigione di soldati nel 1498 e Inizia a
vivere nel borgo alto del pase (a nord), alle pendici del Castello del
Piagnaro. In quegli anni a Pontremoli come nel resto in tutta la Toscana
c’erano le lotte tra i Guelfi (sostenitori del papa) e i Ghibellini (sostenitori
dell’imperatore ). Per cercare di mettere pace tra i due schieramenti Castruccio
Castracani degli Antelminelli costruì un muro che divise il borgo in due parti.
Così Dosi che viveva a nord del paese parte occupata dai Guelfi ebbe il compito
di sorvegliare e difendere il paese dagli assalti dei Ghibellini. L’ascesa
della famiglia inizia dal 1650 in poi, quando Pontremoli passò sotto il Gran
Ducato di Toscana e fu aperto il porto commerciale di Livorno. Con questo
evento molte famiglie pontremolesi diventarono mercanti ed è quello che farà
anche la dinastia Dosi. E’ in questo periodo che un Dosi e precisamente Nicolò
entrerà nel consiglio dei nobili di Pontremoli, ricomprendo un incarico
importante. Saranno i suoi figli Carlo e Francesco conosciuti con il soprannome
dei parrucconi, inizieranno a costruire
la villa. Francesco sulla sinistra è stato il braccio, colui ha vissuto nel
nord Italia commerciando, mentre Carlo a destra rimasto in loco si occupò
dell’amministrazione dei denari provenienti dal commercio e seguì i lavori della
villa. Dagli atti notarli si
apprende che i Dosi iniziarono ad acquistare molti appezzamenti di terra in
località Co dei Chiosi, (chiosi - appezzamenti di terra privatizzati) dove
sorge la villa. Per
arrivare alla dimora siamo passati sotto
un arco in pietra che un tempo era l’ingresso principale della proprietà. Abbiamo
percorso un vialetto alberato (oggi pubblico) per circa 15 minuti e
oltrepassato una cappella costruita nel 1705 da Carlo Dosi come riporta
l’epigrafe marmorea, e continuando la passeggiata tra la campagna siamo
arrivati all’attuale ingresso. Questo tragitto fa capire la vastità
dell’appezzamento di terra che aveva la famiglia in quegli anni.
Ai lati dell’imponente cancello troviamo due statue mutilate dai militari
tedeschi durante la seconda guerra mondiale che invasero la villa depredandola
dei suoi tesori. Oltrepassato
quest’ultimo, ci ritroviamo all’interno di un maestoso giardino, dove due cerri
secolari di rara bellezza piantati nel 1877 in occasione della nascita di un
figlio maschio, fanno da cornice a una doppia scalinata in arenaria sormontata
da piccole statue che conducono all’ampia terrazza dove si trova la porta
d’ingresso. All’interno del parco si trovano anche due lecci censiti e risalenti
al 1600 circa. Sopra il portale, come detto in precedenza, oltre i busti dei
due “parrucconi “ troviamo al centro lo stemma della famiglia.
·
Lo
stemma
Nell’emblema araldico troviamo: la torre, che
rappresenta la forza della famiglia affiancata dalla cicogna sentinella, ferma
a guardia della torre, con lo scopo di sorvegliare l’accesso dagli invasori. A differenza
delle altre, lei non può permettersi di addormentarsi, infatti, proprio per
questo motivo la vediamo raffigurata mentre tiene nella zampa destra un sasso,
che nel caso si dovesse addormentare cadendo con il rumore la sveglierebbe.
L’animale ha sopra la testa, la corona imperiale simbolo nobiliare conferitogli
dai figli del Duca di Parma e Piacenza Francesco Farnese e la moglie Dorotea
Sofia di Neuburg, che nel 1714 al
ritorno delle nozze della figlia Elisabetta con l’imperatore Filippo V di
Spagna si fermarono alla villa per una
visita. Affascinati da tanta bellezza, saranno proprio i figli dei duchi
Farnese a conferire alla famiglia Dosi il titolo nobiliare di Marchesi. Nello
stemma si trovano anche due delfini, che rappresentano il secondo cognome della
famiglia. Al riguardo di ciò ci sono due teorie. La prima sostiene che il cognome
sia sempre esistito e che nel tempo si sia perso, per poi riapparire in un secondo
momento. L’altra invece sostiene che il cognome Delfini sia stato aggiunto in
seguito ad un matrimonio. Quest’ultima teoria, sembra la più plausibile perché,
sia nel Palazzo Dosi a Pontremoli, in alcune stanze della villa e su la
facciata dell’edificio lato nord ritroviamo lo stemma originario della famiglia
ma senza i delfini. Nello stemma un cartiglio riporta la data di costruzione
1700 che in realtà è simbolica, poiché come detto sopra i lavori all’edificio
risalgono all’incirca al 1680
In questo
meraviglioso giardino tra camelie, gelsomini, rose e magnolie ci sono quattro
fontane e bassorilievi incastonati tra i muri di recinzione. Un’incisione sul
muro delle scale ricorda che la villa fu la prima sede del prestigioso premio
letterario Bancarella. Visto l’imponente struttura, ovviamente la villa fu
costruita a più riprese, e in un certo periodo anche abbandonata, perché la
famiglia investì denari per la costruzione del Palazzo Dosi nel centro di
Pontremoli. Le generazioni future in seguito ripresero i lavori di ampliamento
fino ad arrivare alle attuali dimensioni. Purtroppo la villa subì molti furti
sia nel periodo della rivoluzione francese, sia durante l’occupazione
germanica. Gran parte degli arredi interni, furono stati rubati, e gli stucchi
sfregiati. La proprietà nel corso degli anni ha cercato di riacquistare mobili
e accessori d’epoca per ricreare il più possibile l’ambiente originario. La
villa è a più piani terrazzati, sopra il loggiato, un tempo adibito a stalle si
trova il piano nobile, mentre al secondo piano si trovano le stanze riservate
alla servitù (oggi abitate dalla proprietà nel periodo estivo). Entrando ci si trova subito nel salone
adibito a sala da ballo, completamente in stile baracco. Le cornici delle finestre,
delle porte e delle balaustre sono del grande artista opere del cremonese Francesco
Natali, che ha usato la tecnica (trompe-l’oeil), ossia dipinte in modo per
ingannare l’occhio, dando al visitatore un’illusione reale di prospettiva
tridimensionale che in realtà non esiste, ma è solo un’illusione creata dai
colori chiari e scuri. Lo stile artistico delle grandi pareti è opera di Francesco e G. Battista Nicoli, dove un bellissimo affresco rappresenta la vita. Nel
quadro si vedono tre donne che tengono in mano un filo; sulla destra la più
giovane, al centro la donna più adulta e sulla sinistra la più anziana, colei
che taglierà il filo della vita e di conseguenza dopo di lei ci sarà la morte. In
un altro dipinto troviamo raffigurata la pace, dove un Dosi cerca di tenere
lontano la guerra o la carestia. Nella scena, si vede; una donna, la colomba, l’ulivo
e la corno coppia, simbolo di abbondanza. In un altro affresco vediamo
raffigurata Giulia, la moglie amatissima da Carlo, tanto amata che alla sua morte
il marito si ritirerà in convento lasciando tutta l’eredità ai figli. Il resto
delle pareti è un trionfo di scene mitologiche. Nella parte alta del salone
troviamo un corridoio balconato lungo circa 120 metri lineari. I due piani sono
collegati mediante una scala a chiocciola interna anch’essa affrescata in stile,
baracco. Al primo piamo oltre al salone si trovano; la sala rossa dalle mura e
dagli arredi completamente in colore rosso, anche in questo locale come in
tutti gli altri vani troviamo appesi alle pareti bellissimi oli su tela, che,
oltre a raffigurare i membri della famiglia ritraggono molte scene religiose,
in quando i Dosi erano famiglia devota. Continuando la visita si arriva alla
sala della biblioteca, dove spiccano volumi antichi sulla storia d’Italia.
Proseguendo il percorso si arriva alla sala da gioco, con centro un tavolo da
bigliardo. Subito dopo una porta decorata ci introduce nella sala da pranzo,
dove il marchese amava sedersi con la vista sul viale alberato, in modo da
vedere gli arrivi alla villa. La marchesa, invece sedeva difronte al ninfeo del
Nettuno e il suo sguardo era rivolto sul belvedere, un tempo terrazzato a
giardini, oggi invece è coltivato a vite. La visita continua con la camera del
Marchese e la cameretta dei figli fino ad arrivare all’ultima stanza dove si
trova la cappella privata affrescata con dipinti originali del 1700.
Pontremoli 4
gennaio 2020
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