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Casa Pilloa

Itinerari liguri
Località Biassa
Biassa, una frazione del comune di  La Spezia, è un borgo di circa 650 abitanti  a 323 metri sul livello del mare.
La sua storia è molto antica . La sua popolazione  in  origine risiedeva sul monte Parodi  e alla base del Verrugoli in un centro chiamato Roccanera, probabilmente a causa delle cave di arenaria presenti in zona. Al centro del paese sorgeva la chiesa di San Martino  e ancora oggi possiamo ammirarne i resti. Da questo antico borgo passarono molti Santi, tra i quali San Martino, San Rocco e San Bernardo.Nel XIV secolo vi fu costruita anche una capella dedicata a Santa Caterina da Siena. La seconda residenza dei Biassei fu Coderone, un antico castello le  cui rovine si possono ancora vedere e visitare.Il castello fu fatto costruire nel verso la metà del XIII sec. dalla repubblica di Genova per difendere questa zona contro la Repubblica di Pisa che tentava di occuparla e fu proprio in quest'epoca che parte degli abitanti di Roccanera si trasferirono su quel colle prestandosi a  servizio come mezzadri-soldati presso i nuovi Consoli Genovesi; il nuovo paese sorse quindi attorno al castello, con la sua chiesa dedicata a Santa Maria Maddalena.Nel 1251 fu redatto lo statuto di Biassa e tutti i suoi uomini giurarono fedeltà al Comune di Genova.
Tra i vari signori che occuparono e abitarono il castello di Coderone in seguito vi furono i Biassa , una famiglia che è rimasta celebre nella storia di La Spezia e negli annali militari di Genova e d'Italia.Di questa famiglia che verso la fine del XV sec, quando il castello perse la sua importanza militare, si stabili a La Spezia portando con se parte dei dipendenti, sappiamo molto poco. Di sicuro sappiamo che avevano rapporti d'amicizia e di parentela con i Conti Malaspina della Lunigiana e che nella loro residenza spezzina ospitarono numerosi personaggi illustri come Caterina de' Medici, papa Clemente VII, Papa Paolo III e l'imperatore Carlo V.
Gli abitanti rimasti al castello si spostarono nella piu comoda vallata vicina, costituendo cosi, assieme ad altri che già da tempo vi abitavano, la definitiva residenza che corrisponde a quello che oggi è il paese di Biassa.
Verso la fine del Quattrocento venne costruita la nuova chiesa consacrata,come la precedente, a San Martino. L attività principale , da cui gli abitanti traevano il loro sostentamento continuò ad essere la lavorazione della pietra arenaria e la coltivazione delle viti  a Tramonti, una vicina terra in riva al mare, caratterizzata da muretti a secco e piccoli poderi d'uva.
Casa Pilloa

IL PERCORSO
Il percorso (AVG alta via del golfo) parte a sinistra, per chi sale verso il paese di Biassa, dalla locanda del Gallese con un sentiero che ci porta in due ore alla casa Pilloa e alla batteria del Monte Croce.
Questo itinerario di media difficoltà  si snoda quasi interamente nell'ombra di faggi, castagni, piante di alloro e di agrifoglio.
Si percorre una vecchia scalinata in pietra arenaria e poco dopo si incontra un vecchio lavatoio,  camminando notiamo incisa in uno scalino dell'antico sentiero la data “1903”, questo sentiero era una antica via di collegamento tra le colline e il mare percorsa da viandanti e pellegrini.
Mentre saliamo sono evidenti i segni convenzionali del sentiero CAI n°525.
Giunti ad un primo bivio proseguiamo dritto, giunti al successivo crocevia prendiamo la direzione verso Portovenere e da lì, in circa 40 minuti, arriviamo alla sella Gesuella, 496 metri s.l.m.
A questo punto andiamo a sinistra in direzione Madonna dell'olmo, dopo poco il sentiero inizia a scendere e nella vegetazione si intravede una grossa struttura medioevale ad archi, costruita in pietra arenaria di Biassa.
La presenza di acqua e di castagni ci fa presumere che questo insediamento sia stato abitato continuativamente.
Di questa maestosa struttura ormai ridotta da un rudere, rimangono  i grandi archi che la componevano e qualche muro.
La struttura risale al 1247 ed era di proprietà dei monaci del Tino, poi divenne residenza dei Doria.
Lo stabile è su due piani, si presume che nella parte alta ci siano state le camere destinate ai pellegrini, mentre la parte bassa aveva altre funzioni. Ispezionando i numerosi locali in uno di questi intravediamo la linea architettonica di una cappella, proseguendo si arriva nella grande stanza ad archi.
Le immagini sono in sequenza del percorso
Storia della Casa Pilloa
Questa costruzione è un antico insediamento abitativo, risalente al 1247 edificata “in loco dicto Pillora” che nel Regesto degli Atti dell’Abbazia del Tino così è riportato: “Deposizione fatta avanti ai consoli di Carpena da Montanino e Mercato di Biassa, Vivaldo Conte di Casavecchia, Franceschino, Riccardetto e Tagliaferro sui beni del Monastero di S. Venerio ed in particolare sulle terre di “Arocca”, “Balano”, “Pillora” e “Serra”. Il luogo fornisce l’indicazione per molti altri toponimi composti ad esso collegati e che particolarmente identificano parti del complesso lì esistente: “cà de Piloa”, “casteo”, “castello Doria”; relativi alla costruzione esistente, nel suo complesso. Essa era caratterizzata dalle ampie volte di cui una particolare costruita a crociera. L’ultimo abitante è stato Rafò de Pìlua, contadino del Pianùn de Pìlua secondo una tradizione tramandata a Biassa. Attualmente sia la “Pian de Piloa” che sta ad indicare il piano esistente al di sopra della costruzione, che nei documenti membranacei viene indicato come “in plano montis”,  sia la piana stessa sono in completo abbandono.  Col toponimo “Boza de Piloa” o “Bozo de Piloa” si indica la pozza d’acqua che si trova in detto piano e che si tramanda dai tempi antiche essere stato un laghetto in cui si poteva “andare in barca”. Col toponimo “Fornase de Piloa” si indica la fornace per la fabbricazione della calce che si trova in fondo a detto piano. Le pietre della zona erano particolarmente adatte alla cottura per diventare bianchissima calce. Col termine “Trabocheti” si indicano le costruzioni sotterranee dove forse si trovavano le cisterne per l’acqua del complesso. “I stalon” sono le stalle usate dai Marchesi Doria quando raggiungevano Piloa con i loro cavalli, percorrendo la “strada della archesina” dopo che questa era stata sistemata proprio da loro. “Gli archi” i muri di sostegno del complesso per il loro tipico modo di costruzione. Oltre a questi vi erano poi nel complesso, la chiesa ed il cimitero privati. Nessuno ha ancora compiutamente definito la funzionalità del complesso che era certamente imponente e situato in un luogo impervio per cui aveva sicuramente grande importanza come ricovero in quota per pellegrini e viandanti che percorrevano questa via da e per Roma in epoca medioevale. Infatti “In loco digitur Pillora” è stilato l’atto del 19 Febbraio 1249, con cui Prete Roberto, per conto dell’Arcivescovo di Genova – Delegato Papale – rimette in possesso del Monastero del Tino i beni tenuti da Tealdino, Giorgio e Gerbino di Biassa. Da questo atto si evince quindi che, pur essendo Prete Roberto il Rettore di quegli uomini ed anche il messo del Delegato Papale dovette recarsi (!) in Piloa a garantire ed ossequiare i Monaci del Tino in una loro pertinenza vista la grande importanza che questo complesso aveva in materia di assistenza materiale e spirituale data ai pellegrini, su incarico della Sede Apostolica. La croce dell’antica chiesa esistente nel complesso, fu poi portata in basso, nel Santuario della Madonna dell’ Olmo dove esiste anche una raffigurazione di San Nicola da Tolentino che insieme a San Rocco (che ha lasciato l’intitolazione della Cappella di Coregna) furono due Santi che transitarono per Fabiano. In una carta del XVII secolo si legge l’indicazione S.Croce sopra il monte deducendo quindi che a quell’epoca il complesso di Piloa esistesse ancora. Si può quindi dedurre che la costruzione della cappellina che poi darà origine al Santuario della Madonna dell’ Olmo sia avvenuta quando il complesso in alto venne abbandonato cosa che avvenne appunto nel corso del XVII secolo.L’etimologia della parola è incerta: ricorrendo al latino “pila” colonna si potrebbe far riferimento ad un colonnato come prima opera costruita in loco ma di cui non è, finora, stata ritrovata traccia.
In collaborazione con ChatNoir
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