La guerra a Marina
1944 Il fronte
Una testimonianza
La Signora Giuliana che oggi ha 80 anni racconta:
Quando hanno bombardato Marina di Carrara avevo 13 anni, era il 22 maggio del 1944 alle ore 11.30 e il rombo pesante dei bombardieri americani è ancora vivo nelle mie orecchie, così come il rumore che facevano gli anfibi dei soldati in marcia.
Ricordo come se fosse ieri che mio padre non appena udì quel rombo che preannunciava distruzione e morte cercò di radunarci tutti in casa, ma i mie fratelli più grandi, impauriti, scapparono nella tenuta della contessa Ceci, in cerca di un riparo nella fitta pineta.
La pineta sembrava un luogo sicuro, invece proprio li furono sganciate la maggior parte di bombe da parte dei bombardieri americani. Probabilmente pensavano che i carri armati tedeschi si fossero nascosti sotto gli ombrelli dei pini.
Ancora oggi se si va nella pineta, si possono ancora vedere gli avvallamenti provocati dalle bombe.
Di lì a poco un boato fece spalancare la porta d'ingresso della nostra piccola abitazione che era nel vicolo S. Giuseppe, poi ancora un boato e la porta che si spalanca di nuovo.
E' stato solo per miracolo che dopo il bombardamento la mia famiglia si è potuta riunire incolume. Una delle mie sorelle rimase sepolta sotto la terra sollevata dall’esplosione di una di quelle bombe nella pineta, ma per fortuna rimase illesa.
Altre persone meno fortunate sono morte, altre sono rimaste ferite.
Nello stesso giorno del bombardamento, radunata la famiglia, raccolte e messe su un carretto le poche cose che avevamo siamo sfollati a Torano. Quando è iniziato il bombardamento mia madre aveva messo la minestra sul fuoco e visto che era quasi pronta l’ha messa in un paiolo e l’abbiamo mangiata la sera a Torano. Dopo alcuni mesi siamo tornati a Marina.
Per riuscire a sopravvivere i miei fratelli che non erano militari cominciarono ad imbarcarsi sui pescherecci, erano pagati in pesci che spesso barattavamo per farina e pane. Mio padre che era invalido a seguito di un incidente accadutogli sulla nave nella quale era imbarcato non poteva fare lavori pesanti e allora costruì un grosso contenitore di zinco che riempiva d’acqua di mare. Era fatto fuoco sotto il contenitore con legna di recupero per fare il sale. La spiaggia era piena di reticolati e per arrivare al mare occorreva il permesso dei soldati tedeschi di guardia, permesso che non sempre era dato se non in cambio di sale. L’acqua che era raccolta dentro damigiane e trasportate su carretti.
La parte di sale che rimaneva era venduta a Carrara.
Ricordo come se fosse ieri un fatto che capitò a mia sorella la quale rientrando a casa, trovò sull'argine del Carrione un militare polacco morto. Vinta la paura e la titubanza gli sfilò gli anfibi e li portò a casa per un nostro fratello che li mise per andare al lavoro.
Quando arrivarono gli americani, ricordo che dalla paura sono scappata assieme agli altri bambini. Non avevamo mai visto uomini di colore nero.
Gli alleati per farci capire che venivano in nostro aiuto ci lanciavano ruote di pane nero, gridando: ”Bred, bred!” Ma non sapevamo che quella parola voleva dire pane e scappavamo via. Oltre il pane, i soldati americani ci lanciavano cioccolata e le sconosciute gomme da masticare che avevano un gusto di menta che non potrò mai dimenticare.
Ricordo che prima che gli alleati costringessero i tedeschi alla ritirata furono tempi molto duri per noi. Ricordo che prima di andarsene i soldati tedeschi raccoglievano dei cavi lunghissimi e distruggevano tutto ciò che incontravano e per rabbia uccidevano persone e anche bambini. Una notte io e la mia famiglia, assieme ad altre famiglie per paura di rappresaglie ci siamo nascosti in una rientranza del vicolo S. Giuseppe dentro ad un magazzino di medicinali che era di proprietà della farmacia Venè. Stavamo in silenzio e sentivamo le voci dei soldati tedeschi in ritirata. Ancora oggi, ogni tanto, mi capita di sentire nelle orecchie le loro voci forti e cattive.
A guerra finita ci fu data la tessera per andare a mangiare al refettorio che era nello stabile dove oggi c'è la sede della sezione del Partito Comunista dedicata a Berlinguer, in Viale XX Settembre a Marina di Carrara.
Avevamo un’altra tessera con la quale potevamo avere mezzo etto di pane il giorno per componente del nucleo familiare e un’altra tessera per il vestiario.
Mio padre e miei fratelli maggiori ripresero ad andare a pescare per barattare il pesce con la farina, uova e latte.
Un' altra fonte di sostenimento per molte famiglie era la Fattoria Ceci che allora era un podere splendido.
Era coltivato a grano, mais, uva, alberi da frutto e con vialetti bordati di rose, dove la contessa Ceci amava passeggiare. Alla povera gente di quel tempo interessavano di più le verdure e la frutta delle quali si appropriava nonostante che il fattore perlustrava la tenuta sulla sua bicicletta come se fosse un ufficiale tedesco. Ogni anno per Santa Rita, alle ore 11.30, una messa nella Chiesa Sacra Famiglia di Marina di Carrara ricorda il tragico evento del bombardamento della cittadina e il parroco benedice le rose portate dai fedeli.
La Signora Giuliana che oggi ha 80 anni racconta:
Quando hanno bombardato Marina di Carrara avevo 13 anni, era il 22 maggio del 1944 alle ore 11.30 e il rombo pesante dei bombardieri americani è ancora vivo nelle mie orecchie, così come il rumore che facevano gli anfibi dei soldati in marcia.
Ricordo come se fosse ieri che mio padre non appena udì quel rombo che preannunciava distruzione e morte cercò di radunarci tutti in casa, ma i mie fratelli più grandi, impauriti, scapparono nella tenuta della contessa Ceci, in cerca di un riparo nella fitta pineta.
La pineta sembrava un luogo sicuro, invece proprio li furono sganciate la maggior parte di bombe da parte dei bombardieri americani. Probabilmente pensavano che i carri armati tedeschi si fossero nascosti sotto gli ombrelli dei pini.
Ancora oggi se si va nella pineta, si possono ancora vedere gli avvallamenti provocati dalle bombe.
Di lì a poco un boato fece spalancare la porta d'ingresso della nostra piccola abitazione che era nel vicolo S. Giuseppe, poi ancora un boato e la porta che si spalanca di nuovo.
E' stato solo per miracolo che dopo il bombardamento la mia famiglia si è potuta riunire incolume. Una delle mie sorelle rimase sepolta sotto la terra sollevata dall’esplosione di una di quelle bombe nella pineta, ma per fortuna rimase illesa.
Altre persone meno fortunate sono morte, altre sono rimaste ferite.
Nello stesso giorno del bombardamento, radunata la famiglia, raccolte e messe su un carretto le poche cose che avevamo siamo sfollati a Torano. Quando è iniziato il bombardamento mia madre aveva messo la minestra sul fuoco e visto che era quasi pronta l’ha messa in un paiolo e l’abbiamo mangiata la sera a Torano. Dopo alcuni mesi siamo tornati a Marina.
Per riuscire a sopravvivere i miei fratelli che non erano militari cominciarono ad imbarcarsi sui pescherecci, erano pagati in pesci che spesso barattavamo per farina e pane. Mio padre che era invalido a seguito di un incidente accadutogli sulla nave nella quale era imbarcato non poteva fare lavori pesanti e allora costruì un grosso contenitore di zinco che riempiva d’acqua di mare. Era fatto fuoco sotto il contenitore con legna di recupero per fare il sale. La spiaggia era piena di reticolati e per arrivare al mare occorreva il permesso dei soldati tedeschi di guardia, permesso che non sempre era dato se non in cambio di sale. L’acqua che era raccolta dentro damigiane e trasportate su carretti.
La parte di sale che rimaneva era venduta a Carrara.
Ricordo come se fosse ieri un fatto che capitò a mia sorella la quale rientrando a casa, trovò sull'argine del Carrione un militare polacco morto. Vinta la paura e la titubanza gli sfilò gli anfibi e li portò a casa per un nostro fratello che li mise per andare al lavoro.
Quando arrivarono gli americani, ricordo che dalla paura sono scappata assieme agli altri bambini. Non avevamo mai visto uomini di colore nero.
Gli alleati per farci capire che venivano in nostro aiuto ci lanciavano ruote di pane nero, gridando: ”Bred, bred!” Ma non sapevamo che quella parola voleva dire pane e scappavamo via. Oltre il pane, i soldati americani ci lanciavano cioccolata e le sconosciute gomme da masticare che avevano un gusto di menta che non potrò mai dimenticare.
Ricordo che prima che gli alleati costringessero i tedeschi alla ritirata furono tempi molto duri per noi. Ricordo che prima di andarsene i soldati tedeschi raccoglievano dei cavi lunghissimi e distruggevano tutto ciò che incontravano e per rabbia uccidevano persone e anche bambini. Una notte io e la mia famiglia, assieme ad altre famiglie per paura di rappresaglie ci siamo nascosti in una rientranza del vicolo S. Giuseppe dentro ad un magazzino di medicinali che era di proprietà della farmacia Venè. Stavamo in silenzio e sentivamo le voci dei soldati tedeschi in ritirata. Ancora oggi, ogni tanto, mi capita di sentire nelle orecchie le loro voci forti e cattive.
A guerra finita ci fu data la tessera per andare a mangiare al refettorio che era nello stabile dove oggi c'è la sede della sezione del Partito Comunista dedicata a Berlinguer, in Viale XX Settembre a Marina di Carrara.
Avevamo un’altra tessera con la quale potevamo avere mezzo etto di pane il giorno per componente del nucleo familiare e un’altra tessera per il vestiario.
Mio padre e miei fratelli maggiori ripresero ad andare a pescare per barattare il pesce con la farina, uova e latte.
Un' altra fonte di sostenimento per molte famiglie era la Fattoria Ceci che allora era un podere splendido.
Era coltivato a grano, mais, uva, alberi da frutto e con vialetti bordati di rose, dove la contessa Ceci amava passeggiare. Alla povera gente di quel tempo interessavano di più le verdure e la frutta delle quali si appropriava nonostante che il fattore perlustrava la tenuta sulla sua bicicletta come se fosse un ufficiale tedesco. Ogni anno per Santa Rita, alle ore 11.30, una messa nella Chiesa Sacra Famiglia di Marina di Carrara ricorda il tragico evento del bombardamento della cittadina e il parroco benedice le rose portate dai fedeli.
Questa Signora che oggi non c'è più 11 maggio 2013 era mia madre, conosciuta da tutti a Marina come la "Giolì" ha lasciato un grande vuoto nel mio cuore.
Un lettore scrive
Sono più giovane della signora Giuliana, che mi piacerebbe contattare perchè probabilmente ci conosciamo visto che abitavo proprio vicino a via Marco Polo, al 4 di via Firenze. Avrei anch'io ho da raccontare i miei ricordi della guerra, ma per questa volta mi limito ad un episodio di cui nelle cronache della Resistenza ho letto soltanto fugaci accenni. Mi riferisco a quanto avvenuto nella zona della pineta Ceci il 9 settembre 1943. Debbo premettere che da qualche tempo una compagnia, credo di artiglieria da campagna, era accampata nella pineta per non essere individuata dalla ricognizione alleata, era comandata da un capitano che ricordo di aver visto passare in rassegna la truppa montando un cavallo bianco. Inoltre, sempre da un pò di tempo, c 'era un 'autoblinda tedesca che stazionava sotto le querce a lato della caserma della Guardia di Finanza, dove adesso c'è quel punto vendita di oggettistica etnica. Dell'annuncio dell'armistizio ho un ricordo molto vago, mentre ricordo molto bene cosa successe il giorno dopo. Quando ci siamo svegliati la mattina abbiamo visto che i soldati italiani avevano posizionato una mitragliatrice, protetta da alcuni sacchetti di terra, all'angolo lato pineta fra via Marco Polo e via Firenze orientata verso il mare. Di fronte, in mezzo alla via Marco Polo a non più di 20 metri, due soldati tedeschi avevano una mitragliatrice puntata verso la postazione italiana. La drammaticità della situazione era aumentata dal fatto che il deposito munizioni degli italiani era nella chiesina di S. Giuseppe e quindi per rifornirsi dovevano passare a fianco dei due tedeschi che li schernivano platealmente. Tutta la mattina non successe niente, ma nel pomeriggio i tedeschi attaccarono appoggiati dall'autoblinda. Ci fu uno scontro a fuoco furibondo dentro la pineta e gli italiani ebbero la peggio. Alcuni furono fatti prigionieri: ricordo di averne visto uno che fu perquisito contro il muro di cinta della tenuta Ceci, mentre altri riuscirono a scappare e vennero rivestiti con abiti civili dalle famiglie della zona. Uno di loro si rifugiò a casa mia e raccontò che il capitano era stato ucciso da una raffica di mitraglia mentre cercava di far saltare l'autoblinda con una bomba a mano. Avevo solo 6 anni, ma conservo vividi questi ricordi.
Anzi, mi piacerebbe che ci fosse qualcuno che ne sa di più, inquadrasse meglio questo episodio che rientra in quegli episodi che furono la prima manifestazione di resistenza ai nazisti. Una proposta: perchè non organizzate degli incontri in cui si possano confrontare questi ricordi e se ne possa conservare traccia per il futuro visto che ormai siamo vecchiotti ?
Franco Ghirlanda 20 /02 /2011
Una lettrice scrive : Reduce dalla Germania
Complimenti per il sito! è un pezzo di vita di chi come me cerca informazioni sulla terra del mio babbo e dei suoi antenati. Sarà per la mia età che ormai mi cataloga tra gli anziani della mia famiglia ,sarà per rendere un tributo a mio padre emigrato in Argentina nel 1949 dopo essere stato rastrellato dai tedeschi a Carrara e portato via in Germania ,sarà perché mi è rimasto impresso nella memoria l'immagine raccontata da una mia zia, del ritorno dalla Germania del mio babbo, dove mi raccontava che quella sera davanti a casa di fronte alla pineta era seduto mio nonno Natale Zanelli come ogni sera, e vedeva avvicinarsi sempre di più una figura maschile, traballante e magrissimo, finché giunto davanti a lui li disse "babbo" , mio padre era ridotto talmente male che neanche suo padre lo riconobbe! sarà perché ascoltando il racconto delle mie zie del periodo che sono state "ospiti" al campo profughi di Marina dove l'ordine del giorno ogni mattina era sopravvivere..tutto questo ha fatto nascere in me il desiderio di ricostruire la nostra genealogia e noto con stupore che in rete ci sono pochi documenti da consultare. potete gentilmente indicarmi qualche sito o archivio di stato dove trovare elenchi di nominativi? Grazie
Maria Cristina Zanelli
Raccogliamo e pubblichiamo con il consenso la testimonianza della Signora Maria Cristina.
Se qualche visitatore ha notizie, o ricordi in merito può scrivere alla Redazione
Maria Cristina Zanelli
Raccogliamo e pubblichiamo con il consenso la testimonianza della Signora Maria Cristina.
Se qualche visitatore ha notizie, o ricordi in merito può scrivere alla Redazione
Grazie
Un lettore scrive : ricordi indelebili
Nel 1943 avevo tre anni : mentre stavo giocando nel cortile del palazzo grande della farmacia a Fossola, mia mamma mi chiamò per rientrare a casa perche' suonava l'allarme.
Io e la mia famiglia ci siamo nascosti nella cantina della nostra casa. Non mi resi conto che il bombardamento aveva formato un grosso cratere nel posto dove prima giocavo.
Questo cratere nel corso degli anni è stato riempito di rifiuti.
Il giorno stesso i miei genitori hanno caricato su un piccolo camioncino, ultra stipato, diverse cose prese dalla casa, ci siamo fermati a Carrara, e abbiamo scaricato alcuni mobili e siamo saliti al paese di Bedizzano come sfollati.
A Bedizzano ricordo di avere mangiato tanta polentina di castagne, ricordo le pulci e ricordo che quando suonava l 'allarme aereo scappavo da casa per rifugiarmi in chiesa.
Ricordo che ogni tanto venivo portato a Carrara dai miei zii dove riuscivo a mangiare qualcosa in più.
Nella zona ci fu il bombardamento e in via Groppini mia mamma mi riferì che le bombe erano state sganciate in sequenza e per miracolo l'ultima è caduta a 150 metri dalla nostra casa senza alcuna conseguenza.
Rammento che mia madre mi portava a Monteverde a cogliere le olive cadute in terra per fare l'olio, allora estremamente prezioso.
Ricordo che per un certo periodo non era possibile trovare le scarpe e mi facevano indossare zoccoli di legno.
Quando arrivava l'aereo di ricognizione degli alleati gli adulti mi dicevano :è la "cicogna"…………..
Una notte c'erano i bombardamenti e siamo andati nel rifugio della Ghiacciaia.
Il rifugio consisteva in una galleria scavata nel monte ai lati della quale c'erano dei sedili di terra e il tutto era illuminato da lumi a carburo.
Marzio Casoli
29 luglio 2011
Io e la mia famiglia ci siamo nascosti nella cantina della nostra casa. Non mi resi conto che il bombardamento aveva formato un grosso cratere nel posto dove prima giocavo.
Questo cratere nel corso degli anni è stato riempito di rifiuti.
Il giorno stesso i miei genitori hanno caricato su un piccolo camioncino, ultra stipato, diverse cose prese dalla casa, ci siamo fermati a Carrara, e abbiamo scaricato alcuni mobili e siamo saliti al paese di Bedizzano come sfollati.
A Bedizzano ricordo di avere mangiato tanta polentina di castagne, ricordo le pulci e ricordo che quando suonava l 'allarme aereo scappavo da casa per rifugiarmi in chiesa.
Ricordo che ogni tanto venivo portato a Carrara dai miei zii dove riuscivo a mangiare qualcosa in più.
Nella zona ci fu il bombardamento e in via Groppini mia mamma mi riferì che le bombe erano state sganciate in sequenza e per miracolo l'ultima è caduta a 150 metri dalla nostra casa senza alcuna conseguenza.
Rammento che mia madre mi portava a Monteverde a cogliere le olive cadute in terra per fare l'olio, allora estremamente prezioso.
Ricordo che per un certo periodo non era possibile trovare le scarpe e mi facevano indossare zoccoli di legno.
Quando arrivava l'aereo di ricognizione degli alleati gli adulti mi dicevano :è la "cicogna"…………..
Una notte c'erano i bombardamenti e siamo andati nel rifugio della Ghiacciaia.
Il rifugio consisteva in una galleria scavata nel monte ai lati della quale c'erano dei sedili di terra e il tutto era illuminato da lumi a carburo.
Marzio Casoli
29 luglio 2011
Cronaca dal fronte
Verso le 2,45 della scorsa notte il camino del signor Lattanzi Bruno fu Pietro, partiva da Marina di Carrara diretto alla volta di Parma.
Vi erano a bordo 13 persone compresi l’ autista e il proprietario.
Il veicolo inoltrandosi per 200 metri circa nella via dei Mille investiva una mina anticarro con una ruota posteriore.
Decedeva sul colpo Bernardi Vittore di anni 32 e la signora Arrighi Diana di anni 31.
Con un camion ed altri mezzi i feriti venivano trasportati al nostro civico ospedale dove stamane alle 9,30 dopo aver subito l’ amputazione delle gambe decedeva Musetti Elvira di anni 43.
L’autista del camion Vatteroni Colombo di anni 26 rimaneva illeso.
Ecco l’elenco dei feriti, alcuni dei quali versavano in gravissime condizioni:
Bruschi Mirolfo di anni 39, Masetti Nella di anni 39, Bernardini Giovanna di anni 32; Musetti Giorgio di anni 14, Mazza Vittorio di anni 24, Bianchi Vittorio di anni 24, Bianchi Giovanni di anni 14.
Il 15enne Bruschi Giuseppe ferito alle gambe ed al volto veniva lasciato a Marina con Bruno Lattanzi, proprietario del veicolo.
Dal Tirreno del 16 / 8 / 1945
Il veicolo inoltrandosi per 200 metri circa nella via dei Mille investiva una mina anticarro con una ruota posteriore.
Decedeva sul colpo Bernardi Vittore di anni 32 e la signora Arrighi Diana di anni 31.
Con un camion ed altri mezzi i feriti venivano trasportati al nostro civico ospedale dove stamane alle 9,30 dopo aver subito l’ amputazione delle gambe decedeva Musetti Elvira di anni 43.
L’autista del camion Vatteroni Colombo di anni 26 rimaneva illeso.
Ecco l’elenco dei feriti, alcuni dei quali versavano in gravissime condizioni:
Bruschi Mirolfo di anni 39, Masetti Nella di anni 39, Bernardini Giovanna di anni 32; Musetti Giorgio di anni 14, Mazza Vittorio di anni 24, Bianchi Vittorio di anni 24, Bianchi Giovanni di anni 14.
Il 15enne Bruschi Giuseppe ferito alle gambe ed al volto veniva lasciato a Marina con Bruno Lattanzi, proprietario del veicolo.
Dal Tirreno del 16 / 8 / 1945
Per non dimenticare
BIGLIETTO DA AUSHWITZ
Quando le orde scellerate già erano state sopraffatte e la loro disumana follia finalmente schiacciata e repressa, ad Aushwitz, nell’angolo buio di una fetida baracca fu trovato un minuscolo foglio sul quale qualcuno aveva scritto:
“Tu che leggi, quando in un altro secolo calpesterai quel ciuffo di ortiche che io fui e vivrai in una storia così lontana da quella che io ho vissuto, sappi che io ero innocente e non avevo usato violenza al alcuno e come te, uomo libero, avevo il viso solcato dalla collera impotente, dall’orgoglio represso, dalla pietà inconsapevole, ma soprattutto scavato dalla paura:
BIGLIETTO DA AUSHWITZ
Quando le orde scellerate già erano state sopraffatte e la loro disumana follia finalmente schiacciata e repressa, ad Aushwitz, nell’angolo buio di una fetida baracca fu trovato un minuscolo foglio sul quale qualcuno aveva scritto:
“Tu che leggi, quando in un altro secolo calpesterai quel ciuffo di ortiche che io fui e vivrai in una storia così lontana da quella che io ho vissuto, sappi che io ero innocente e non avevo usato violenza al alcuno e come te, uomo libero, avevo il viso solcato dalla collera impotente, dall’orgoglio represso, dalla pietà inconsapevole, ma soprattutto scavato dalla paura:
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