Via Giovanni Baratta
Strada facendo
Artista-imprenditore
Esiste una strada a Marina di Carrara, intitolata a un personaggio con un nome talmente comune che sembrerebbe vissuto ai giorni nostri; Giovanni Baratta. Questo, deriva da fatto che il cognome Baratta è panitaliano, ossia presente e usato da secoli su tutto il territorio nazionale. In realtà il personaggio in questione è nato a Carrara il 13 maggio del 1670. Essendo nato nella capitale mondiale del marmo, non poteva non essere figlio d’arte di un’intera famiglia di famosi scultori. Oltre al padre Isidoro, già affermato scultore, era nipote di Francesco Baratta detto il Vecchio, che aveva collaborato nientemeno che con il Bernini. I suoi due fratelli poi, Francesco Baratta detto il giovane e Pietro Baratta, erano loro stessi valenti scultori, per finire con un suo nipote Giovanni Antonio Cybei, che collaborò attivamente con Giovanni per molto tempo. Ma la prerogativa di quest’artista era che al contrario della maggior parte dei suoi colleghi del tempo, non si spaventava a viaggiare. Cerchiamo di chiarire cosa comportasse fare un lungo viaggio a quel tempo. Prima di tutto le strade, erano poco più di mulattiere, insicure anche dal lato strutturale, prive di ponti, per cui bisognava guadare fiumi e torrenti, fangose d’inverno, e polverose di estate, ma soprattutto infestate dai cosiddetti “rubatori delle strade” ossia i briganti. Per andare da Carrara a Roma erano necessari dieci giorni a cavallo, e circa il doppio con un carretto. Anche il costo e la logistica non erano cosa da poco, perché era necessario attraversare più Stati, con conseguente pagamento di pedaggi, passare la notte in locande, il più delle volte dormire su pagliericci pieni di cimici e pidocchi, dividendo la “camera” con altre persone. Per un artista poi, trasportare tutta una serie di arnesi del mestiere, non era certo agevole, perché oltre al peso, gli arnesi di ferro in quel periodo buio, erano preziosi quasi come l’oro, quindi bisognava prestare attenzione ai furti. Nonostante queste difficoltà Giovanni Baratta si recò a Firenze, al tempo una vera culla di artisti, diventando allievo di Giovan Battista Foggini, architetto e scultore di grande prestigio. Ma già si vedevano in lui le doti di una “modernità” non comune ai suoi tempi. Partecipò a un concorso di scultura addirittura a Roma, dove vinse il secondo premio, ma che gli fece prendere in considerazione l’idea di trasferirsi nella citta eterna, cosa che fece. Il cambio di residenza non gli impedì di continuare gli studi, anzi, divenne allievo di Cammillo Rusconi, Principe dell’Accademia di San Luca, un’Associazione di artisti. Badate bene che il termine” Principe” era il corrispettivo attuale di Presidente, di quest’associazione, che aveva l’obiettivo di innalzare il rango degli artisti, considerati dalla nobiltà del tempo, alla stregua di un qualunque artigiano. Tornato dopo poco tempo a Firenze, cominciò la sua vera carriera artista imprenditoriale, con un bassorilievo nell’importante chiesa del Santo Spirito, che per la sua delicata bellezza lo fece conoscere al mondo, un tempo piuttosto chiuso, dei committenti di opere d’arte. Alle soglie del settecento, ad appena trenta anni, gli fu commissionata una gigantesca statua di San Tommaso da collocare nella chiesa dei S.S. Michele e Gaetano di Firenze. Da qui in avanti cominciò una vera e propria vita errabonda, per eseguire lavori a Genova e Lucca, per poi tornare a Firenze, dove allestì uno studio. Tale era la sua fama, che il re di Danimarca Federico IV si recò nel suo atelier, e gli comprò tutte le sculture in esso contenute. La sua fama raggiunse perfino l’Inghilterra, dove un nobile gli commissionò parecchie sculture. Lavorò per committenti a Montevarchi, Livorno, e Castel Fiorentino. Ma le soddisfazioni più grandi le ebbe certamente nell’eseguire lavori per la Casa Reale Savoia di Torino, che lo nominò scultore reale. Tornato finalmente da artista affermato nella sua Carrara, vi apre uno studio, e il Duca di Massa Cybo Malaspina lo nomina Conte, un onore non comune a quei tempi. Qui comprò una cava, che forniva marmo per vari restauri in varie chiese italiane. Non pago della sua gloria continuò a scolpire opere meravigliose perfino per il Portogallo. Morì a Carrara il 21 maggio 1747, a settantasette anni per quel periodo un vero record di longevità. Fu sepolto con tutti gli onori nel Duomo di S. Andrea di Carrara. Anche se misconosciuto ai più, il Baratta, è stato uno dei più importanti scultori del tardo barocco settecentesco italiano, ma soprattutto il primo vero imprenditore di se stesso.
Mario Volpi
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