Da qualche tempo questo Blog fa una cosa altamente meritoria, cercando di valorizzare e rilanciare il nostro patrimonio storico culturale rappresentato dalle Maestà, ovvero le Edicole Sacre, presenti sul nostro territorio. Anch’io ho voluto partecipare a questo progetto, scattando alcune foto, e raccontando una storia che da bambini ci narravano, riguardante una di queste, a mezza strada tra favola e leggenda, ma che ben rappresenta la fede, e nello stesso tempo, il timore riverenziale che queste “Madonnine” esercitavano sulla popolazione del tempo. La Maestà in questione si trova in via Agricola, che sarebbe quella stradina che dallo Stadio, da un lato, porta alle prime rampe della salita di Monteverde, mentre dall’altro verso Fossola. Ora, anche se ancora stretta e tortuosa, è completamente asfaltata, e attraversa un quartiere pieno di grossi condomini, e ville lussuose.
Io quando era ragazzino la via Agricola andava dal Cimitero di Fossola fino all'angolo con la via Carducci, dalla Gildona, (dove proprio sull'angolo, in una villa gialla, abita mia cugina Manuela Benassi, proprietaria della Pensione Marinella), quindi era lunghissima. Se legge la mia storia di Fossola, la descrivo, essendoci nato oltre ottanta anni fa. Tanto per la precisione: il comando SS era nella già villa Lazzerini poi Poli della dottoressa Loredana Lembo (e non nell'area dell'attuale Museo del Marmo). Avevano depositato tutte le munizioni nell'ex Parco della Rimembranza poi "distrutto" per creare lo Stadio dei Marmi.
Per noi ( Mario Volpi ) era il nostro campo di gioco preferito, specialmente in estate, perché partendo da dove adesso sorge il Museo del Marmo, fino alla fontanina di Monteverde, era costeggiata da un grosso “b’tal,” (fosso per l’irrigazione) che era il “fiume” dove le nostre “barchette” fatte con semplici pezzi di legno si sfidavano in estenuanti regate. Sordi alle raccomandazioni delle nostre mamme, che ci dicevano di non andare a giocare nel “campo minato” come si temeva che fosse ancora il terreno dell’attuale Museo, (in tempo di guerra vi sorgeva una postazione tedesca) non ci dimenticavamo invece mai di farci il segno della croce, quando passavamo davanti alla Madonnina, sicuri che non avrebbe permesso che saltassimo in aria. Come vuole la tradizione poi, nel mese di maggio, noi bambini facevamo il “fioretto” che consisteva nel portare alla Madonnina ogni giorno un fiore diverso, e facevamo a gara tra di noi a chi lo portava più strano e sconosciuto.
Ci raccontavano che un giorno, un cacciatore passasse per quella strada, e giunto al cospetto della Madonnina, furioso per non avere preso nulla durante la battuta di caccia abbia esclamato” non hai permesso che prendessi nulla, quindi prendi questa” e sparò una fucilata all’effige sacra. L’indomani, l’uomo, che era un cavatore, fu riportato a casa dentro un sacco “a tochi com la tunina.” (a pezzi come il tonno di scarto.) Nel racconto è ben presente l’orrore della gente per una profanazione del sacro così terribile, com’è chiaro il richiamo a una pena ritenuta giusta, e che in una città come la nostra, non poteva essere che l’incidente in cava. L’Edicola si trova a pochi metri dal muro di cinta del Museo del Marmo, e a esaminarla accuratamente, si vede bene che purtroppo è in pessime condizioni, la parte in muratura ha subito per metà un parziale restauro, che forse ha peggiorato le cose, demarcando fortemente il vecchio dal nuovo.
La scultura della Madonnina è priva di mezza faccia e di mezza testa, cosa che potrebbe aver generato la credenza del colpo d’arma da fuoco. In calce vi è scolpito qualcosa simile a un nome, ma l’unica cosa che si legge chiaramente è la data, 1769. Secondo me è un ex-voto per una grazia ricevuta, perché si vede un bambino che sembra travolto da una ruota di carro, poco discosta vi è una mitra Vescovile come fosse caduta dal capo della figura accanto, quasi che il Santo che l’ha salvato fosse un Vescovo.
E’ un gran peccato che piccoli capolavori come questo, testimoni della nostra storia Medievale e Rinascimentale, siano abbandonati così, agli atti vandalici, e all’ingiuria del tempo, o peggio. Era mia intenzione mostrare un’altra splendida Madonnina di pregevole fattura, che era posta in un’Edicola sulla via mulattiera che da Fossone Alto porta a S. Lucia, ma quando mi sono recato sul posto, ho dovuto costatare che non c’era più, rubata, forse venduta a qualche collezionista senza scrupoli. Con la crisi finanziaria attuale, è impensabile che le istituzioni investano soldi nel restauro e la protezione di queste opere, ma perché non interessare a tale compito qualche sponsor privato? Non sarebbero necessarie cifre astronomiche, e certamente dalla collettività il nome di questo “mecenate” scritto magari in una targhetta in calce, sarebbe ricordato con più efficacia di cento insulsi, e costosissimi, spot pubblicitari.
Mario Volpi