Via Nazario Sauro
Strada facendo
Marina di Carrara, ha, da quando esiste, fondato le sue risorse economiche sul mare, e sulle attività a esso collegate. Luogo di costruzione di barche in legno, e in ferro, di grande prestigio, ha formato nel corso dei secoli superbi marinai, che hanno solcato con grande professionalità e coraggio i mari di tutto il mondo. Quindi, non poteva non essere inserito nella sua toponomastica, il nome di un grande marinaio; Nazario Sauro.
Nacque a Capodistria, al tempo territorio Austro-Ungarico nel 1880. Dopo le elementari, il padre, marinaio, cercò di fargli proseguire gli studi, ma il giovane Sauro gli disse chiaramente che quella dello studio non era la sua vocazione. Portato dal padre a bordo delle navi, divenne in breve tempo un abile marinaio, tanto che ad appena venti anni, ottenne il suo primo comando di una nave mercantile. Iscrittosi alla scuola Nautica di Trieste, ottenne ad appena ventiquattro anni la qualifica di Capitano di grande Cabotaggio. Intanto però, anche la fede politica si stava formando nell’animo di quel giovane Capitano. La madre, di origini romane, lo aveva allevato instillando nel suo animo l’amor di Patria verso l’Italia, e nei suoi viaggi attraverso l’Adriatico, aveva cominciato a frequentare persone che al tempo erano chiamati “irredentisti” ossia patrioti che mal sopportavano il dominio Austriaco su territori che loro consideravano italiani. Nazario Sauro, così, mentre effettuava viaggi commerciali sulle navi di cui era comandante, cominciò a segnare con grande diligenza e accuratezza, i fondali, le secche, gli scogli e tutto ciò che riguardava le coste Dalmati fino a quelle Albanesi, certo che un giorno tutto ciò gli sarebbe tornato utile. Piano, piano, la sua formazione politica che lo aveva portato verso una visione socialista, virò verso quella Mazziniana, che pensava che solo la guerra avrebbe ridato libertà a quei territori oppressi. La sua sete di giustizia è libertà fu tale che tra il 1908 e il 1913, svolse con imbarcazioni a vela, moltissimi trasporti clandestini di armi e munizioni verso l’Albania, al tempo sotto il dominio Ottomano, appoggiato dall’Austria. Si appassionò talmente alla causa Albanese che mise alla figlia il nome Albania.
Intanto l’Impero Asburgico, sentiva sempre più forte l’ostilità del popolo che stava sottomettendo nei suoi confronti. Così pensò di “punire” gli italiani, ordinando a tutte le Ditte e Società istriane di licenziare tutti i dipendenti italiani. Sauro entrò subito in disaccordo con questa legge, e la ignorò totalmente, anzi sulle navi sotto il suo comando assumeva solo marinai italiani. Le autorità borboniche non potevano accettare una simile sfida, e dopo varie multe e richiami, costrinsero la Società di Navigazione di cui Nazario era dipendente, a licenziarlo. Intanto nel 1914, era scoppiata la Prima Guerra Mondiale, che, nei primi anni vedeva ancora l’Italia in posizione di cauta neutralità. Nazario Sauro, per, non poteva sopportare questa situazione, così in treno lasciò Capodistria verso Venezia. Qui si mise al servizio, insieme ad altri esuli italiani, di una primitiva forma di Intelligenze, a favore dell’Italia, recandosi spesso a Trieste, allora in territorio Austriaco, per consegnare passaporti falsi a chi voleva fuggire, o per carpire informazioni militari. Il rischio era altissimo, perché essendo un cittadino austriaco se scoperto sarebbe stato certamente messo a morte per impiccagione. Per non destare sospetti portò sempre più spesso con se il figlio Nino, che anche se giovanissimo portò a termine svariate missioni tanto che, alcuni anni dopo, ricevette dal Re d’Italia in persona la medaglia d’argento al valor militare. Intanto anche l’Italia entrò in guerra e Nazario Sauro si arruolò in Marina con il grado di Tenente di Vascello. Dalla base di Venezia organizzo a molte azioni di guerra sulle coste nemiche, anticipando di molti anni la nascita dei corpi speciali. Per fare ciò cambiò nome per non essere riconosciuto in caso di cattura. Partecipo come Pilota a bordo di motosiluranti a più di settanta missioni, posando mine, o attaccando navi. Il suo capolavoro però lo ottenne con l’attacco portato a Parenzo una località oggi in Croazia sede di un porto e un’aviorimessa da dove partivano gli idrovolanti nemici. Con un cacciatorpediniere, riuscì con l’inganno, parlando la loro lingua a farsi indicare dalle sentinelle l’ubicazione degli hangar, poi completamente distrutti dal fuoco delle artiglierie di bordo. Imbarcato per un’importante missione su un sommergibile, a causa di una forte corrente sottomarina, questo s’incagliò su un basso fondale. Catturato, fu riconosciuto da un suo ex concittadino e condannato a morte. Fu impiccato nel carcere di Pola il 19 agosto 1916. La sua esecuzione provocò una forte indignazione internazionale, tanto che lo Stato Maggiore Italiano lo insignì della medaglia d’oro alla memoria nello stesso anno. La sua figura è considerata, a tutti gli effetti, il vero simbolo di patriottismo, e di sete di libertà, contro ogni tipo di sopruso e sopraffazione. Sono moltissimi i luoghi nelle città italiane a portare il suo nome. A Capodistria fu eretto un grande monumento in suo onore inaugurato alla presenza del re Vittorio Emanuele III, e la Marina Militare a messo il nome di questo italiano-istriano a più di venti navi.
Mario Volpi
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