Frammenti di ricordi
Lo sapevi che
Regolamento
In questa piccola rubrica si trovano curiosità relative alla storia, antica e recente di Carrara e del comprensorio apuano, piccole annotazioni di storia minore, richieste e scambi di informazioni su fatti ed episodi storici relativamente poco noti, come racconti, aneddoti, modi di dire, filastrocche, personaggi e molto altro per via che non vadano perduti per sempre di una Marina che fu.
- Chiunque può segnalarci un’aneddoto , un ricordo tramite il form sottostante.
- E' una rubrica aperta al contributo di tutti coloro che vogliono parteciparvi.
- Se ritenuto idoneo il tuo frammento sarà pubblicato in questa sezione.
Le CANALIE
Il nome nasce con la creazione della stazione Ferrovia Marmifera Privata che compiva il tratto Ravaccione-Porto di Marina di Carrara, il 19 agosto del 1876, passando tra le varie stazioni intermedie, e rimanendo attiva sino al 15 maggio 1964. Si tratta di una conca a basso di colline e montagne. Il nome deriva da uno stretto e breve solco erosivo nelle pareti delle montagne scoscese vicine, quindi è rimasto anche come zona, relativa a quel canalone percorso anche dal un fiume Carrione con sopra un ponte detto Ponte di Ferro (famoso pontile usato anche per suicidi, esistente tuttora). La zona fa parte del paese di Bedizzano detto “fundum Betutianum” di origine romana, dove più tardi si insedieranno molte nobili e facoltose famiglie di Carrara tra cui i Cibo Malaspina, e dopo l’insediamento della Ferrovia divenne una strada di comunicazione per le Cave di Gioia e Colonnata.
Saluti Lucio Benassi Carrara, 13 dic. 2016
Stazione di Avenza
Il silos che si trovava nei giardinetti della Stazione di Avenza, lato partenze per Sarzana, e serviva a riempire d’acqua le motrici a vapore. La piccola costruzione a lato erano i servizi pubblici (gabinetti di decenza, detti Latrine. Tutta questa costruzione fu abbattuta e ricostruita negli anni “20, pressappoco com’è ora, ovvero ampliata quasi del doppio con moti binari tanto per il trasporto di persone che per l’uso di spedizione marmi, Marmifera compresa, che aveva collegamenti di binari con molte ditte locali produttrici di materiale in marmi. La stazione fu aperta all'esercizio venerdì 26 dicembre 1862 ed era di legno, cambiato poi in muratura. La denominazione Avenza-Carrara subì diversi cambiamenti, vuoi per l’attentato a Mussolino di Gino Lucetti, avenzino, cambiò la denominazione con Apuania-Carrara poi tornò nel 1948 a Carrara-Avenza.
Fichi bineli ( fico Binello )
Fichi bineli ( fico Binello )
Mia madre mi ha sempre raccontato che quando era bambina al mercato di Marina le contadine di Montemarzè ( Montemarcello ) venivano giù dal paese con le ceste in vimini sulla testa per vendere dei fichi piccoli ma dolcissimi. Questi fichi erano venduti per un centesimo ad uno ad uno come le caramelle.
Oggi 11 settembre 2016
Siamo andati a Montemarcello per cercare questa varietà di fico, e dopo aver girato abbiamo notato due persone anziane che raccoglievano fichi. Quindi ci siamo fermati per avere spiegazioni ed abbiamo avuto conferma di tutto ciò che ci riferiva nostra madre. Abbiamo saputo che la pianta in questione è forse la più vecchia del paese, e ne da la conferma la dimensione del fusto, e soprattutto quella che produce i fichi più buoni. Dobbiamo ammettere che abbiamo constatato le due cose e ci associamo pienamente alle affermazioni ricevute. Il fichi binei son detti anche fichi corvini, per il loro aspetto ricurvo, e raggiungono il massimo della bontà quando assumono proprio questo aspetto ( seccando naturalmente sulla pianta ).
Nozione :
Il Fico Binello è da sempre coltivato nelle campagne della Val di Magra ed in particolare nel versante a mare ( Montemarcello, La Serra etc.). Ne troviamo ancora molti esemplari diffusi negli oliveti più vecchi e sui ciglioni dei terreni incolti.
Quando la conduzione delle aziende agricole era basata sulla Mezzadria, il paesaggio collinare era caratterizzato dalla presenza di molte piante da frutto, compreso il Fico Binello che spiccava con possenti macchie di un profondo verde scuro, tra gli olivi e nelle vigne. Era un fatto culturale e tipico della zona coltivare i Fichi per utilizzarne i frutti per il consumo fresco.
La pianta, molto rustica per costituzione, non è mai stata oggetto di specifica coltivazione ed ha sempre occupato le zone marginali del podere: i capofilare dei “doppioni” delle viti, i margini dei ciglioni o dei muri a secco e le parti più aride e sassose del campo. Però, sovente, la pianta si può trovare vicino al portico di casa o nell’orto.Il Binello rappresentava, a causa della sua frequente e diffusa presenza nei campi, il punto per riposarsi al fresco nelle ore più calde delle giornate dei mesi estivi o tenere al fresco le bevande durante il duro lavoro nei campi.
Da non trascurare la funzione alimentare ed energetica dei frutti, data la necessità di calorie richieste dal lavoro totalmente manuale svolto nei campi.
Purtroppo, poco il Fico Binello è stato marginalizzato, abbandonato o addirittura estirpato per favorire la coltivazione dell’olivo. Quindi il numero delle piante si è enormemente ridotto rispetto al passato ed al fine di ripristinare sul territorio questa antica varietà frutticola, il Progetto Dimostrativo in esame si propone alla fine dei due anni d’attività, non solo di propagare e distribuire giovani piante ma anche d’inserire questo ecotipo all’interno di un campo collezione, al fine di conservare la biodiversità in sito.
Piazza Nazioni Unite
La piazza Nazioni Unite di Marina di Carrara è nata dopo gli anni 1950/60: prima si chiamava Piazza delle Poste e con delibera della Giunta Municipale di Carrara, in data 28 agosto 1963, con voti unanimi ed accertati stabiliva le nuove denominazioni stradali di Marina (ben circa trenta).
Un mio collega anche lui insegnate alla Cavalli-Conti di Milano, in via Orefici, angolo via Torino, mi chiese di consigliarlo nella ricerca di un albergo a Marina di Carrara. Lo indirizzai alla Pensione Camilla e se tutto fosse occupato, alla Pensione Anna poco distante dalla Camilla. Poi i miei famigliari mi suggerirono di mandarlo al Bagno Florida (consiglio della sorella del marito di mia sorella Maria Angela), Valeria che abitava a Bonascola, alla Perla, ed il titolare del Florida Sergio Grassi era lui stesso di Bonascola. Infatti così fu. Per alcuni giorni anch'io andavo al Florida a farle compagnia, dove rividi Valerio Paoletti che già conobbi alla Mobili Eterni IMEA di Carlo Vacchelli, dove lavorai nell'ufficio pubblicità diretto dal dott. Campus, un abile genovese, nel periodo 1946-50. Paoletti alla IMEA rimase poco, era addetto a consigliare gli eventuali clienti nella scelta dell'arredamento. Lo rividi a Milano negli anni 70, alla Fiera Internazionale e parlammo del più e del meno, confidandomi che aveva aperto un negozio-galleria di Antiquariato nei sotterranei della nuova galleria, ma che ultimamente non andava molto bene, per cui pensava di spostarsi perché l'affitto era troppo alto (poi lo aprì in via Mazzini, quasi angolo con via D'Azeglio). Il mio collega milanese rimase al Florida dieci giorni poi mi incaricò di saldare il suo conto, come così feci. Dopo dieci giorni, passando a Carrara in via Roma, mi fermò, con un telo bianco al collo, Sergio Grassi, il titolare del bagno, che avendomi riconosciuto nello specchio che aveva in fronte, mi rincorse pregandomi di entrare dal barbiere che doveva parlarmi. Infatti entrammo e mi comunicò che la persona che avevo presentato al suo bagno, era sparita senza pagare, né il bagno né alcune consumazioni al Bar-Ristorante. Precisai che avevo io stesso portato i soldi e consegnati ad un suo collaboratore addetto del bar, con i baffi, alto e magro. (quando gli portai i contati era in mattinata), ma il titolare arrivava nel pomeriggio, Sergio detto Sergino, riconobbe il suo dipendente e mi pregava di recarmi, nel pomeriggio al Florida, per confermarle quanto avevo riferito. Infatti mi recai al Bagno, ma appena mi vide Sergio, mi precisò che tutto era stato chiarito, ovvero aveva licenziato il dipendente infedele per motivi immaginabili. Ci salutammo, ma l'anno successivo, un altro mio collega milanese, lo mandai sì alla Pensione Camilla, (purtroppo tutta occupata, dirottandolo al bagno da Umbertino, (Tartarelli) all'inizio di via Vespucci, ma non trovammo posto, così tentammo all'Atlantic (vecchia costruzione, dove aveva la camera sulla spiaggia: infatti saltava la finestra per correre sotto l'ombrellone! . . . e si trovò benissimo.
Io personalmente, con la mia famiglia, eravamo al Bagno Sport, quasi al Paradiso (non era ancora stato diviso come Bagno Sport e Bagno Super Sport). Sempre per la storia di piazza Nazioni Unite, l’Italia è entrata nel Gruppo Nazioni Unite (193 nazioni), il 14 dicembre 1955, sotto l’egida dell’O.N.U.
Ovviamente la piazza è nata dopo tale data, quindi Il 12 giugno 1941 si tenne a Londra una riunione tra i leader dei paesi coinvolti nelle mire espansionistiche della Germania nazista. Fu firmata la Dichiarazione Interalleata nella quale i firmatari si impegnarono a "lavorare insieme, con gli altri popoli liberi, sia in tempo di guerra che di pace" e questa dichiarazione può essere considerata la prima tappa verso la costituzione delle Nazioni Unite. Due giorni dopo il Presidente degli Stati Uniti, Franklin Delano Roosevelt ed il Primo Ministro britannico Winston Churchill in un incontro tenuto sulla nave da guerra britannica HMS Prince of Wales nell'Oceano Atlantico al largo dell'isola di Terranova, firmarono la Carta Atlantica, nella quale stabilirono un insieme di principi di collaborazione internazionale per il mantenimento della pace e della sicurezza. La definizione Nazioni Unite venne usata per la prima volta da Winston Churchill (citando una frase di Byron), riportata in un volume dello stesso Byron. A Washington il 1º gennaio 1942 i rappresentanti di 26 nazioni in guerra proclamarono la loro adesione alla Dichiarazione delle Nazioni Unite; più tardi si aggregheranno altri 21 paesi. In questa occasione si ebbe il primo utilizzo ufficiale del termine "Nazioni Unite" suggerito dal Presidente Roosevelt. Il 30 ottobre 1943 si tenne la Conferenza di Mosca alla quale parteciparono i rappresentanti di Regno Unito, Cina, Unione Sovietica e Stati Uniti che si concluse con la firma della Dichiarazione sulla sicurezza generale, delle suddette quattro nazioni (Declaration of the Four Nations on General Security) nella quale si prevedeva la creazione di un'organizzazione internazionale per il mantenimento della pace e della sicurezza.
Lucio Benassi Carrara, 28 luglio 2016
Stadio dei marmi ieri, oggi, domani
“Ospita le partite interne della Carrarese dal 1955.”
E' risaputo che l'attuale area era stata il Parco della Rimembranza, in occasione delle vittime della prima guerra mondiale 1915-1918, piano di alberi sempreverdi (ghiande) e varie altre specie, con tre ingressi con cancelli in ferro battuto e sostegni in marmo bianco massiccio, imponenti nella loro struttura.
Uno era dove l’attuale entrata), uno a sinistra dell’attuale entrata dove c’era una via che non ricordo il nome, ma che ho percorso molte volte, la terza all’angolo di via Piave con via Carriona. Circondato da belle cancellate dalle quali sporgevano lecci, ghiande, pini, cedri, ligustri ed all'interno banchine e gazebo, (e non come adesso con un triste vecchio muro). Nel 2005 è stato intitolato ai quattro giocatori carraresi che facevano parte della Nazionale Olimpica di Calcio vincitrice della medaglia d'oro alle olimpiadi di Berlino del 1936, sotto descritti:
Libero Turiddo Marchini, (Castelnuovo Magra, 31 ottobre 1913 – Trieste, 1 novembre 2003).
Achille Piccini, (Carrara, 24 ottobre 1911 – Carrara, 14 febbraio 1995)
Bruno Venturini, (Carrara, 26 settembre 1911 – Lecce, 7 marzo 1991).
e Paolo Vannucci, (Carrara, 19 settembre 1913 – ...) è stato un calciatore di ruoloportiere. Per maggiori informazioni visitare la pagina dedicata.
Assumerà la denominazione Stadio Comunale dei Marmi con i nomi dei quattro suddetti giocatori, ma brevemente conosciuto come "Stadio dei Marmi".
La Carrarese Calcio 1908, semplicemente nota come Carrarese, è una società calcistica italiana con sede nella città di Carrara. Fondata nel 1908 come Società Polisportiva Carrarese e milita nel campionato di Lega Pro. La squadra giocava nel campo "Augusto Mungai" in seguito chiamato "Campo Viale XX Settembre", poi soprannominato da Bruno Roghi, inviato de La Gazzetta dello Sport, "Fossa dei Leoni" dopo che rimase impressionato dal ruggito dei tifosi. Nel 1946 venne ammessa provvisoriamente nel girone A della Serie B per aver sfiorato la promozione nel 1943, ma nel 1955 la Carrarese si trasferì all'attuale stadio comunale "dei Marmi" che con l'occasione l'impianto venne inaugurato, con alterne fortune i campionati di IV Serie (che dal 1959 assumerà il nome di Serie D) sfiorando più volte la promozione tra i professionisti. Questa arriverà nella stagione '62-'63. Meno fortunati saranno gli anni '70 che vedono la squadra scendere nuovamente tra i dilettanti per ben dieci stagioni dal 1968 al 1978. Alla fine degli anni '70 avviene la svolta: riesce a vincere il campionato di Serie D del 1978 e a tornare tra i professionisti nella neonata Serie C2, quindi verrà portata nel 1982 alla promozione in C1, poi nella nuova serie C. Ma ecco il nuovo proprietario ed Il 6 luglio 2012 Gianluigi Buffon diventa azionista unico della società, Oggi, al 2016, si susseguono alti e bassi con minacce, ed anche accomodamenti per far proseguire la società. Speriamo che ci riescano, ma ne dubito, oggi metà maggio 2016, la Carrarese è in vendita !
Visitato il 20 Marzo 2016
Ora il nome di “Parco della Rimembranza”, è passato al piccolo parco a fianco dello Stadio, circondato e protetto da una rete metallica e con all’interno panchine e giochi per bambini. Ma è tutta un’altra cosa!
Il frammento del Duce, nella grande foto era presente nello stadio (alludo all’attuale Fossa dei Leoni”, ogni qualvolta si eseguivano Manifestazioni ginniche. Infatti era presente anche quando andavo a vederle queste manifestazioni negli anni 1942-45. Veniva cambiato in occasione delle partite di calcio con pubblicità commerciale e qualche volta di avvenimenti fascisti. Si esibivano avanguardisti e giovani fasciste (le donne con il cerchio di legno erano moto coreografiche, i giovani esibivano la loro abilità mascolina con
prestazioni che esaltavano i muscoli di tutto il corpo). Anche quando intervenne Renato Ricci., ras fascista di (Carrara, 1º giugno 1896 – Roma, 22 gennaio 1956). Esponente del movimento fascista nel Carrarese e squadrista, fondò l'Opera nazionale balilla, (O.N.B.) di cui fu presidente sino al 1937. Sottosegretario di stato per l'Educazione fisica e giovanile (1929-37), sottosegretario e ministro alle Corporazioni (1939-43). Dopo l'8 settembre 1943 fu comandante della Guardia nazionale repubblicana della RSI, ovvero coloro che chiamavamo “MaiMorti” con le sigle sul risvolto del bavero e sul cappello del LXXXV Battaglione d'assalto "M" (dalla Legione "Apuana" di Massa) –
Io stesso dal 1940 fui incluso nei “Figli della Lupa”, di cui neppure il significato conoscevo, ma dovevo presentarmi alle riunioni nel cortile della scuola di Fossola, dove, all’esterno del secondo ingresso esiste tuttora una lapide in memoria dei caduti durante la guerra 1940-45, (e quella della grande guerra 1915-18) con ai lati dell’intestazione, oltre alle date, raffigurati due fasci del littorio, tutto in marmo bianco. La data del 1945 mi fa pensare che essendo terminata la guerra il 25 aprile 1945, perlomeno in Italia, la lapide quando l’hanno creata quelli dell’Ist. Pubblica Assistenza di Fossola
Io ho avuto tre maestre fossolesi: Celina Gentili (parente del Sottotenente Alessandro Gentili, a cui è intitolato l’istituto, già maestro, caduto a 26 anni nella prima guerra mondiale, ad Arcola il 1915-18 : vedi nell’elenco della foto allegata), poi
il maestro Cattani, di cui non ricordo il nome, ed abitava sul viale a Ortomurano (nella villa “Villino Mariotti” (e così si chiama tutt’oggi) il cui figlio Pierluigi, che io ricordi abitava sempre sul viale ma a Marina di Carrara, dietro il Supermercato prima del sottopasso autostradale, e, diciamo amico, col quale giocavo nel giardino della villa, in affitto, del cosiddetto “Villaggio della Sapienza”. La terza ed ultima maestra elementare fu la terribile Morescalchi della quale avevamo un timore folle: in verità non era poi così terribile come la descrivevano, “Vox populi, vox Dei”, era soltanto rigorosa!
Lucio Benassi
Carrara, 21 maggio 2016
La Caravella
La mitica Caravella, nasce come un dancing, bello ma dannato: sparito dopo un tremendo uragano e mai ricostruito, forse non lo ritenevano conveniente i vari gestori che il Municipio di Carrara autorizzava alla conduzione, probabilmente facendogli pagare anche la ricostruzione. Io ho pochi ricordi, ma belli, del locale inaugurato nel 1937 (ed i primi avvenimenti extramusicali furono le mitiche edizioni di “Bagno contro Bagno”. Io personalmente l’ho frequentata immediatamente dopo l’ultima guerra: infatti accompagnavo mia sorella più grande di me di oltre otto anni, che col suo fidanzato, un vice comandante dei Vigili del Fuoco, (a Massa, allora in via Marina Vecchia). Era mia madre che mi obbligava ad accompagnarla, visto che la consuetudine vigente non autorizzava una fanciulla ad uscire sola, proprio perché accompagnata dal fidanzato, ben sapendo che un fidanzato poteva essere per breve-lungo periodo! Personalmente alla Caravella conobbi altra ragazzina che lei stessa accompagnava la sorella, per cui, all’esterno del dancing, imparammo a ballare, pestandoci i piedi in continuazione, fintanto che la musica ed il ritmo ci fece diventare abbastanza bravi ballerini (visto che avevamo preso appuntamento tutte le domeniche estive). Prima dell’ultima guerra era frequentato da marinai del nostro Porto e provenienti da altre città, dove spesso incontravano la ragazza della propria vita, perlomeno fino agli anni ’60. Mia sorella si sposò nel 1950, per cui questo ritmo si fermò. Intanto cresceva l’altra mia sorella e pensavo a quanto avrei potuto fare anche per lei, ma cambiarono le abitudini ed il ritmo non continuò così. In famiglia si frequentavano i bagni che riempivano via Amerigo Vespucci e noi si prenotava ogni estate al Bagno Sport, fino quando i proprietari si divisero, creando due Bagni contigui (Sport e Super Sport), ma il tempo che ci aveva maturati, per cui lasciamo ogni velleità, per situazioni più serie, lavoro compreso.
Venne ad occupare gli spazi anche per alcuni anni la “Septemberfest”, festa della birra bavarese germanica, nel 1978, in base ad un accordo di gemellaggio con la nostra città sin dal 1976, facendo affluire oltre 120/mila visitatori, per cui la Caravella si dimostrò piccola per il grande afflusso, ottennero lo spazio alla Fiera Campionaria in occasione di manifestazione alimentare, uniti ad un Luna Park. Poi era diventata una pista di pattinaggio su rotelle, la "pista" lastricata in marmo recava cinque entrate laterali anch'esse in marmo che permettevano l'accesso alla pista da ballo, io continuai a frequentarla regolarmente il sabato e la domenica: arrivarono anche frequentatori del Circolo Ricreativo ENEL Gruppo Sportivo Vignaletto (C.R.ENEL G.S.Vignaletto nato nel 1980), che partecipavano ai campionati nazionali, poi nacquero altri tipi di pattini, compresi gli skateboard, ora anche radiocomandati. (Poi, nel 1985 quando l’Enel chiuse tutti i Club fu creato il G.S. Vignaletto Libertas Carrara). Benché spesero una barca di denaro anche per dotarla, la pista costruita rettangolare sul davanti, ovvero verso viale Colombo, munita di ben 24 potenti riflettori che la rendevano illuminata a giorno. Che ricordi, sono gli ultimi ad occupare questo spazio che era diventato ormai storia per Marina. Oggi, 2016, confina, verso la via Rinchiosa con un parco Giochi per Bambini e il bar Jonnie Fox’s, che io l’ho conosciuto, in quel periodo con altro nome. Sul lato del Paradiso, con una piscina coperta e altra scoperta gestita dal Club Nautico che ha sul davanti una Scuola di Scherma Apuana. L’area risulta in stato di completo e totale abbandono, tutti dichiarano che dovrà essere riqualificata, magari con altre attrattive, e resa totalmente disponibile a quanti vorranno e potranno frequentarla. Ma ne dubito che così possa essere.
Altra promessa: “lo storico spazio pubblico della Caravella a Marina di Carrara tra poche settimane tornerà a disposizione dei cittadini e dei turisti. L’annuncio è stato fatto questa mattina dall’assessore, 26 aprile 2011, Andrea Vannucci”, si legge su di un Redazionale Web. Come si vuole dimostrare che qualsiasi annuncio non vale alcuna promessa.
Si inizia la pulizia drastica, dichiarano il 19 luglio 2011 - con oggi arrivano le ruspe per demolire e ripulire la Caravella - . La strategica area centrale del litorale, da anni in visibile abbandono, dal primo di luglio è tornata dal demanio nella disponibilità del Comune. Intervengono, sempre con promesse, personale qualificato, dall’Amia, come dichiara il presidente Gian Enrico Spediacci «Non si può continuare a guardare questo degrado, nella zona di Marina sul lungomare, senza fare nulla. E i cittadini dovrebbero essere collaborativi, invece...». Si sono aggiunti la vice presidente Marella Marchi, quindi solo due o tre cittadini, presenti alla riunione. Sul posto l’assessore Dante Benedini, che ha la delega per gli impianti comunali. Ma neppure ha voluto mancare il sindaco Angelo Zubbani per rendersi conto di persona di tutto il lavoro necessario e per ringraziare l’Amia e i detenuti (intervenuti alla pulizia), benché se il progetto della nuova nascita della Caravella andrà in porto e se ne parla da anni, la sua realizzazione non potrà che derivare dall’operazione di studio, per uno stop al degrado. Due anni fa ci fu un’altra pulizia, ma poi ricadde tutto nel dimenticatoio, come al solito. Si è iniziata una delle tante pulizie qualche anno fa, e la più recente il 5 luglio 2015, mentre il Tirreno del 26 novembre 2015, in un servizio, dichiarava: “Alla fine l’amministrazione ce l’ha fatta e si è ripresa la Caravella, uno dei luoghi simbolo del territorio, non solo di Marina di Carrara. Il sindaco Angelo Zubbani ha già le idee chiare su come rinascerà la Caravella. O meglio su cosa non diventerà. Un concorso di idee per far rinascere la Caravella: il Comune ha pronto un bando e dopo un confronto con i cittadini darà il via libera ai progetti. Con dei paletti ben precisi: l’area nel cuore di Marina resterà adibita a struttura ludico sportiva. E non si potrà costruire nulla: gli spazi coperti saranno infatti ridotti al minimo. In sostanza non sarà possibile pensare a alberghi, residence o quant’altro: questi progetti non saranno nemmeno presi in considerazione”.
Ci tornai ai primi del 2003 con signore e signorine del mio condominio, per alcune serate ballabili, dove i ritmi erano scanditi con orchestra o con musica riprodotta, ma non fu la stessa cosa, per cui abbandonammo quest’idea balzana. Il temporale poi mise l’aut-aut su ogni iniziativa. Mi rammenta, in un certo verso la situazione dell’ex Hotel Mediterraneo: se ne parla e se ne sparla in continuazione ed in ogni occasione, fanno progetti che non manterranno (come per l’Hotel del Marmo, dove c’è scappato un morto). Queste situazioni in Carrara si sprecano: vedi ad Avenza l’ex rimessa tranviaria, l’ex Mercato alla Lugnola, l’Hotel del Marmo e l’Hotel Mediterraneo suddetti, che neppure le minacce municipali di scadenza progetto influenzarono i proprietari: sempre buoni propositi mancanti di ogni iniziativa. Anche la zona di Villa Ceci, andrebbe ripulita, anche da persone poco raccomandabili, ma Lega Ambiente di Carrara, mi conferma che in quell’area essendo privata nulla si può fare (ma se nel volume “Guida di Carrara”, nel 1932, gli autori Bizzarri-Giampaoli, dichiaravano: “Nella villa Ceci, il Comune avrebbe intenzione di aprire un pubblico giardino . . .”, alla pag.176, ma siamo ancor oggi ad attenderlo questo bel giardino !
Dopo oltre trent’anni, la gente si domanda «Ma cosa ci faranno alla Caravella?». . . Qualcuno si chiede se sarà realizzato anche il progetto Water Front su Marina, (in attesa della copertura finanziaria), l’area fra viale Colombo, via Rinchiosa e viale Vespucci, potrebbe diventare la location ideale. La destinazione d’uso è comunque ludico culturale, a due passi dal mare, sotto la pineta, diventando la nuova Versiliana di Marina, ma ne dubito, ne dubito tanto !
Lucio Benassi Carrara, 16 aprile 2016
Preciso, inoltre, che Legambiente di Carrara ha denunciato, presso le Procure di Massa e di Roma, alla Procura Generale presso Corte Appello di Genova e alla Procura presso la Corte dei Conti a Firenze (per la Toscana), il 28 giugno 2010, esposto relativo all’area pubblica della Caravella che rischia di diventare privata, il Comune di Carrara in regime di concessorio.
La "pista" lastricata in marmo recava cinque entrate laterali anch'esse in marmo che permettevano l'accesso alla pista da ballo.
Cara Redazione
Anche se "carrarino d.o.c" ho anch'io frequentato in gioventù la Caravella, e devo dire che le mie prime emozionanti avventure con il gentil sesso, sono avvenute proprio al suo interno. Luogo di svago per me e per i miei figli, mi sarebbe piaciuto molto che potesse frequentarla anche il mio nipotino, che invece vede solo un indecente cumulo di rifiuti.
Chi come me, era adolescente negli anni sessanta, non può non ricordare con struggente nostalgia le calde serate estive passate alla Caravella. Era una magnifica pista rettangolare di marmo bianco, immersa nel verde della pineta tra Viale Cristoforo Colombo, e Viale Amerigo Vespucci, circondata da una ringhiera di sicurezza per i pattinatori, e per circa un metro, da una robusta rete metallica, fissata alla base su una grossa tavola di legno che serviva per attutire l’urto dei pattini. Su di un lato piccolo, era posto il bar, il deposito dei pattini, e la cassa, mentre su uno dei più lunghi faceva bella mostra di se un palcoscenico in cemento, rialzato di un paio di metri dal piano della pista, e ricoperto da una tettoia che si slanciava elegantemente verso l’alto. Le sue cinque porte di entrata erano ombreggiate dai pini, e ingentilite da aiuole con fioriture stagionali. Il modo di divertirsi al tempo, era molto diverso da quello attuale, magari un po’ ingenuo. Privi di mezzi economici, ci si accontentava di poco, e quel poco, non avendo mezzi di raffronto, ci rendeva felici. Così dopo cena, magari in tre o quattro sulla stessa Vespa o Lambretta, con i “capelloni” al vento (al tempo l’obbligo del casco era aldilà da venire) ci si recava alla Caravella, con le camice fiorate aperte sui petti … glabri, i pantaloni rigorosamente bianchi a zampa di elefante, come quelli di Celentano, si andava a caccia “d f’restiere, ”(di forestiere) ricercate le romagnole, ambitissime, le tedesche, anche se molti di noi parlavano male anche l’italiano. Spesso, la caccia era infruttuosa, così si dava fondo ai magri risparmi, e dopo aver noleggiato un paio di maleodoranti pattini a rotelle, ci si consolava, lanciandosi in pista, per mostrare a tutti la nostra bravura, che spesso finiva con una rovinosa caduta. Il massimo dell’eccitazione però, era raggiunto quando alla Caravella, era in programma qualche serata-evento straordinario, di solito un cantante più o meno famoso, che si esibiva nei primi concerti dal vivo. Lì, la corsa era a conoscere chi era sulla porta, per permetterti di entrare come “Portoghese”, o a escogitare macchinosi e improbabili percorsi per aggirare i controlli. Quando ospitò per qualche tempo la festa della birra, fu per molti di noi, l’occasione di sfoderare le proprie arti di seduttore, nei confronti delle giovani tedesche, che affluivano numerose dai Camping della Partaccia. L’unico inconveniente era che spesso, queste bionde valchirie, erano accompagnate, non dai loro compagni tedeschi, ma da ragazzi “massesi,” conosciuti sulla spiaggia, che non vedevano di buon occhio i “carrarini” fare gli occhi dolci alle loro conquiste. Così, complice anche qualche bicchiere di “scura” di troppo, finiva spesso a cazzotti, con immancabile fuga prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. La Caravella, ha avuto anche il merito di fare da ponte tra due generazioni, infatti anche i miei figli hanno imparato a pattinare sulle lastre di marmo della sua splendida pista, e hanno anche fatto in tempo ad assistere a qualche spettacolo estivo al suo interno. Poi il lento e indecoroso declino, figlio di un mancato adeguamento ai tempi moderni, dettato non si sa se, da ragioni politiche, o economiche, che a oggi ne hanno compromesso, forse per sempre, il suo eventuale recupero. Così la Caravella, un pezzo di storia di Marina, è diventa una discarica, piena di rifiuti e calcinacci, finita per sempre, rimasta solo come nostalgico ricordo nel cuore di quelli, purtroppo sempre più pochi, che l’hanno frequentata nei giorni del suo massimo splendore, cui ha saputo donar emozioni … oltre che rotelle.
Mario Volpi
STORIA del Caffé EUROPA
1)Vi rispondo volentieri, il Caffè Europa, un tempo era ubicato all'angolo di via Roma dove ora è l'Esselunga. Era un bar molto grande frequentatissimo, dove vi era un grande Sala biliardi, che ospitava molte gare, e addirittura attorno agli anni settanta, ospitò una esibizione del campione mondiale di biliardo artistico,uno spagnolo di cui non ricordo il nome. Passò di mano diverse volte e si trasferì a pochi portoni di distanza dove è ubicato anche adesso.
E De Fazio
2)Nel palazzo Vacchelli, il figlio Giovanni con la Fondazione Vacchelli, e l'Immobiliare IM.MO. SpA, possiede uffici, anche per la
gestione del palazzo, imponente esempio di opera architettonica realizzata in stile bugnato fiorentino fra il 1912 e il 1914
dal Cavalier Eugenio Vacchelli su progetto dell’Architetto Raggi di La Spezia. A piano terra, sull'angolo tra piazza Matteotti
e via Roma, si trovava il Caffè Europa (come scritto nella dicitura sull'angolo, in ferro battuto), io lo frequentavo regolarmente
quando lavoravo all' IMEA, Industria Mobili Eterni Arredamento, di Carlo Vacchelli, (marito e moglie, Carlo (1904-1983 e
Bianca Casoni (1905-1971), riposano in una tomba a pagamento nel cimitero di Turigliano: entrando, subito nella strada a destra,
rialzata di cinque gradini di marmo, in fondo alla strada stessa, c'è una tomba bassa e larga, con del verde attorno).
Prevedo di essere coetaneo del figlio Giovanni che ora vive a Forte dei Marmi, in una traversa di Viale della Repubblica,
quasi prospiciente il bel mare.
il Caffé EUROPA (ora la dicitura, ereditata da altre persone, più avanti verso il semaforo, attualmente da cinque anni a Cristiano
Correggi), aveva un banco di mescita per la lunghezza, (Carrara verso Marina), con dei tavoli all'esterno, appoggiati al muro
(durante l'estate), ed erano aperti anche gli ingressi sulla via Roma, oltre a quelli di piazza Matteotti, già intitolata a Luigi Carlo
Farini (Russi, 22 ottobre 1812 – Quarto, 1º agosto 1866), con nove luci in via Roma: 6 porte e tre finestre, e 3 luci in piazza
Matteotti, con 12 globi copri lampade lattiginosi, visibili attualmente. Soprastante tutte le "luci", una bella antica ed artistica
pensilina in ferro battuto verniciata di nero e sottostanti accessori, compreso l' arrotolamento delle tende in caso di solleone,
(vedi foto allegata, relativa agli anni 1920-30), con la scritta Eugenio Vacchelli Mobili, papà di Carlo. Gli uffici dell' IMEA
erano al primo piano, pubblicità, ufficio spedizioni postali, ufficio offerte e corrispondenza, ufficio amministrativo, direzione,
mentre le spedizione erano al piano terra, interne, con unita la falegnameria per piccole riparazioni.
Da notare anche Palazzo Giampaoli, con bellissime colonne, portali, e sculture in marmo bianco Carrara, la piazza Farini non
ancora asfaltata e neppure piantumata, un vettura tramviaria, due lunghi lampioni e sulla destra alberi rialzati dalla piazza,
ed erano nel giardino del Caffé Nazionale, che l'usava con tavoli per la clientela, che sostavano famiglie a prendere anche un gelato.
Pare che il Caffè Europa nacque nel 1916, sino ad arrivare nel 1932 a Zampolini Alessio, (vedi fotocopia della fattura di
Eugenio Vacchelli, il nonne dell'attuale proprietario Giovanni Vacchelli, che concesse la licenza al figlio, Zampolini Alvisio
che lo tenne sino al 1953 poi lo affittò e quindi lo cedette al figlio Roberto (questi ultimi Zampolini erano dei baristi).
Roberto nel 1964 cedette la licenza a Giovanna Carozzi sposata Lattanzi che nel 1972 chiude definitivamente, (mentre l'UPIM
occupava i locali al piano terra ed al primo piano, già occupati dall' IMEA, ed in seguito dopo varie esposizioni, i locali furono
occupati dal Supermercato Esselunga, occupando anche quelli del Caffé Europa, dove è tuttora nel 2013. Comunque le mura
erano e sono della famiglia Vacchelli, mentre la licenza, cosa diversa, la Carozzi la vendette a Bonuccelli, che a sua volta la gira
a Cristiano Correggi, cinque anni fa, e la possiede ed esercita tuttora, al numero civico 12, della piazza Matteotti.
Nel 1918 la sede centrale della Eugenio Vacchelli era a La Spezia, mentre a Carrara esisteva una filiale, "palazzo proprio" (sic!).
Era luogo di riferimento per appuntamenti di uomini d'affari, dove si poteva incontrare Ugo Mazzucchelli, Caramatti, quello
dell'abbigliamento, giovane intraprendente, il pasticciere Federico Salza, ed anche il genovese Paolo Villaggio (non ancora nel
mondo del cinema), quando lavorava alla Montecatini che si trovava dove attualmente dovrebbe andare il capolinea dell' ATN,
ed abitava al Convitto nella Casa ex Balilla, ed i futuri avvocati, tra cui Alfarano, ed una volta anche Arturo Dazzi, in frettolosa
partenza per Pisa, mentre Nando Dunchi beveva sempre un caffè corretto. Mi incontravo anche con il giornalista Manrico Viti
che seguiva l'IMEA con il dott.Campus, genovese, responsabile ed addetto alla pubblicità. Poi arrivò l'eclettico Valerio Paoletti
(Carrara 28-4-1927 – Carrara 28-12-1998), che prese in mano le relazioni con la clientela, ma rimase per poco, fin quando aprì
in galleria, (costruita nelle fondamenta delle casa Bader, dove c'era la Banca Toscana e il caffè Nazionale, e dei giardini Marchetti
in via Roma, proprio prima di Salza), dove ora c'è Nerbi, nel sotterraneo, una esposizione di oggetti e mobili antichi, prima di
traslocare nella via Mazzini 19, ovvero piazza Matteotti. Lo incontrai a Milano e mi disse che stava cercando di aprire un
negozio di antichità, gli promisi che sarei andato a trovarlo, ma fu una fase fatta e non lo rividi più, se non a Carrara alla giuda
della sua auto antica Citroen, credo del 1947, quindi al suo decesso, alla fine di dicembre 1998.
Eravamo la gioventù del dopoguerra, un po' strampalata, ma molto efficiente ed intraprendente, facendo in continuazione, ed era un
obbligo, la "vasca" di via Roma, avanti ed indietro, (anche se in seguito si è affievolita, perché ognuno ha preso poi la propria strada,
lasciando il posto alle nuove generazioni). Ora Carrara, pomeriggio e sera è quasi deserta, molti uffici si sono spostati verso
Avenza e verso Marina, gli Istituti scolastici a Fossola, molte filiali bancarie hanno chiuso, il Tribunale si è spostato a Massa,
(assieme a quello di Pontremoli), seguirà l'Ospedale unico in via Enrico Fermi a Marina di Massa e la città vive soltanto il mattino
per le poche incombenze comunali, e di altro genere, anche se tentano manifestazioni nella zona storica, per incrementare il flusso
e far si che i commercianti non chiudano la loro attività.
Lucio Benassi Carrara, 20 settembre 2013
2)Effettivamente il giardino di piazza Matteotti (già Farini), aveva un parapetto in rete metallica,
per la sicurezza (poi sostituito con delle ringhiere), mentre il muro di cinta era interrato, ovvero il giardino era
rialzato per tutto il muro che si vede nella fotografia, a scalare verso il Bar, ed aveva due ingressi: uno sulla piazza
Farini, (al centro del muro, e si vede un pilastro), che mediante due/tre scalini si saliva verso il giardino, con relativo
cancello di chiusura, altro all'interno del Bar Nazionale con breve scaletta per uso anche dei camerieri che servivano
al tavolo.
Potete costatare che dopo Palazzo Giampaoli non c'era ancora il palazzo dove oggi c'è la Banca Monte dei Paschi,
all'angolo con la via d'Azeglio e via 7 luglio (già via Garibaldi, quasi di fronte all'ingresso principale del Colombarotto),
dove c'erano case comuni di due/tre piani, quasi fatiscenti, poi abbattute. (noi ragazzini salivamo le scale sino al primo
piano e dalla finestra del ballatoio si poteva vedere l'interno del giardino ricco di alberi, fioriture, serre, piante di frutta
e giardinieri al lavoro, ecc.). Mentre il Colombarato aveva, tutto intorno da via Aronte a via Cavour sino alla Moretta,
un alto muro di cemento, con altri ingressi, agli angoli via Aronte/via Garibaldi, per la servitù, (dove trovavansi
anche gli alloggi e tra via Garibaldi e via Cavour ingresso d'emergenza. Le carrozze entravano dall'ingresso
principale, molto largo per il periodo in riferimento, con cancello artistico di metallo, sorretto da due potenti pilastri con
sopra due grandi vasi in marmo. La carrozze furono poi sostituite da auto.
Tanto per informarvi, essendo, come dichiarate felicemente, una nuova fortunata generazione.
Saluti a tutta la redazione
Lucio Benassi Carrara, 21 settembre 2013
Naufragi
Dov'è localizzato il relitto dell'Illustrious?
Nei primi mesi del 1795 la squadra navale dell'ammiraglio Hotham incrociava nel Mediterraneo in lotta con la flotta della Francia rivoluzionaria per il controllo del Mediterraneo. Il 13 marzo le due squadre vennero a contatto, la nave inglese Agamemnon comandata da un giovanissimo Orazio Nelson attaccò la nave francese Ca Ira. Lo scontro durò, violento, fino al calar della notte e volse a favore degli inglesi. La mattina seguente la nave francese Censeur si fece sotto la Ca Ira nel tentativo di trainarla verso un porto amico. Questa manovra fece si che le due navi fossero costrette a procedere lentamente e, quindi, furono raggiunte dalla flotta inglese. Ne seguì una nuova ed ancor più cruenta battaglia al largo di capo Noli, al termine della quale le due navi furono catturate.
La flotta inglese utilizzava come base navale il porto amico di Livorno, ma questo era lontano ed anche alcune navi inglesi avevano riportato seri danni, perciò l'ammiraglio Hotham diresse sul porto di La Spezia. Quando il convoglio era quasi arrivato, all'altezza dell'isola del Tino, la nave inglese Illustrious che procedeva a rimorchio gravemente danneggiata, ruppe i cavi di traino per andare ad incagliarsi sui bassi fondali della spiaggia di Lavenza, dove fu abbandonata e fatta saltare in aria dall’ufficiale. Un parte dell’ equipaggio si salvò e venne soccorso dagli abitanti che si dovettero far aiutare da un interprete.
Successivamente nei pressi della foce del canale Fossa Maestra (che ovviamente non si trovava dove ora ma molto più arretrata, vedi i mutamenti della nostra costahttps://www.carraraonline.com/mutamenti_della_nostra_costa.html ) venne rinvenuto un manoscritto, purtroppo le pessime condizioni di conservazione lasciavano leggere solo poche righe comprensibili : “stremati, vinti, persi, e così fu la fine sulla spiaggia di Lavenza”, poi solo due lettere come firma, ma anch’esse incomprensibili.
Chissà se quel diario era davvero appartenuto alla nave inglese Illustrious, oppure a chissà QUALE ALTRO SEGRETO DEL MARE.
La localizzazione esatta dei resti non è nota, qualcuno sostiene che il relitto potrebbe trovarsi nel giardino di villa Monzoni.
Considerazioni personali:
Chissà se fu mai trovato qualche cannone o qualche accessorio pesante. Secondo la mia opinione i cannoni furono gettati in mare sui fondali piu' profondi nel disperato tentativo di alleggerire la nave ed evitare l'incaglio. Forse questi cannoni potrebbero essere le uniche testimonianze di quel lontano disastro marittimo che si puo' ancora sperare di trovare.
Le informazioni sopra riportate sono state prese da un’ articolo apparso anni fa sul sole 24 ore.
- Un lettore scrive
Visto che la nave si e' incagliata su un basso fondale con mare mosso, sara' stata irreparabilmente danneggiata, ma non e' affondata nel senso letterale del termine (cioe' la nave che si poggia integralmente sul fondo, ricoperta dal mare e quindi al riparo dalla successiva azione del moto ondoso), che e' l'unica precondizione per poter sperare di conservare qualcosa dopo cosi' tanti anni. Il relitto incagliato sara' stato progressivamente spogliato dei suoi accessori di valore eventualmente rimasti a bordo o recuperabili sul basso fondale antistante alla spiaggia (cannoni, argano, alberature....) non appena il mare si fosse calmato e le successive mareggiate degli anni successivi avranno completato la distruzione e la dispersione di quanto restava della struttura lignea della nave (in caso contrario avrebbe provveduto l'uomo a smantellarla, se non altro per levare un intralcio alla navigazione). Ritengo che l'unica speranza di trovare qualcosa di una nave in legno dopo oltre due secoli, sarebbe che questa fosse affondata nel senso letterale del termine, poggiando la chiglia su un fondale melmoso, che possa preservare il legno dall'azione dell'acqua e degli organismi viventi, in particolare della famigerata teredine. Oppure che affondi in mari in cui non vive la teredine, come il Baltico, quindi anche senza la protezione della melma sia preservata, come fu il caso del famoso relitto del "Vasa" in Svezia, affondata nel 1628, se non erro l'unica nave a vela di cui si sia riuscito a recuperare lo scafo completo Non e' comunque questo il caso dell'Illustrious. Forse si puo' sperare di trovare qualche cannone a qualche altro pesante accessorio sui fondali antistanti piu' profondi, poiche' l'equipaggio di rimorchio avra' certamente scavalcato e gettato in mare piu' al largo le piu' pesanti dotazioni di bordo per cercare di alleggerire la nave, nel disperato sforzo di evitare l'incaglio Forse questi potrebbero essere gli unici segni di quel lontano disastro marittimo che si puo' ancora sperare di trovare.
Ciao Marco
- Un lettore scrive:
Era il il 29 dicembre 1978 la nave si chiamava (Unai) , trasportava un carico di marmo in blocchi . Durante una forte libecciata mentre stava cercando di entrare nel porto proveniente da nord-ovest, fece rotta direttamente sul faro principale che visto dal mare era il più visibile, scambiandolo per l'ingresso del porto. Data la forza di onde e vento e, essendo la nave a carico massimo , si è trovata facilmente i balia delle onde e bassi fondali dove ormai fuori controllo veniva trascinata contro il pontile dell'idrovora sfondandolo e adagiandosi sul fondo . Un marinaio si gettò a mare pensando di riuscire a salvarsi , invece purtroppo affogò. Fu l'unica vittima, gli altri componenti dell'equipaggio si salvarono tutti a mezzo di un trasbordo organizzato da terra con cavi.
Sandro Domenichini
Spett.le Redazione nel lontano dicembre del 1979 ci furono ben due naufragi fuori del nostro porto. Il primo della m/n \"Eastern Express\" il 22 di dicembre e il secondo a ridosso di Capodanno di una nave spagnola purtroppo con delle vittime. Mi sapete dare qualche informazione su questa nave (nome, etc.) e la data precisa del naufragio, se possibile. Ringraziandovi per la collaborazione e facendovi i complimenti per questo bellissimo sito si inviano distinti saluti.
Valerio.
l' Eastern Express andò a sbattere dove oggi c'è il circolo del Bozzetto
- CarraraOnline risponde
Capitaneria di Porto - Guardia Costiera Via Salvetti, 5
54033 - Marina di Carrara (MS)
Tel. 0585/6467401 - Fax. 0585/6467444
Mail: marinadicarrara@guardiacostiera.it
Ringraziamo la disponibilità della Capitaneria di Porto - Guardia Costiera per le informazioni riportate.
L'idrovora
Un varo sfortunato dei primi anni Sessanta
Il varo avvenne o nel ’58 o nel ’59 da parte della motonave Merauke per l'Indonesia quando io ero a far la fame come gestore della biglietteria Lazzi di Marina, ad un paio di centinaia di metri dal luogo del misfatto. Effettivamente la nave si coricò su sé stessa, ma se non erro non ci furono vittime.
L’ingegnere capo del Cantiere, poi, non si sparò come avrebbe voluto la tradizione, tant’è vero che lo rintracciai a Genova ove ambedue ci eravamo trasferiti: io, a far l’impiegato in una ditta di trasporti a collettame; lui a fare il dirigente nella cantieristica a partecipazione statale di Genova.
L.Bezzi
Foto archivio Bessi
Un pezzo della nostra storia
VISTA DELLO STABILIMENTO vetrocoke - cokapuania di Carrara anni 1960
Ti segnaliamo la pagina zona industriale Apuana dal 1938 al 2014
Nuove e vecchie epidemie
E’ il 26 luglio del 1854, centocinquantacinque anni fa, quando attracca al pontile Walton ancora in costruzione, il navicello “La Marianna” comandato dal capitano Sabatino Luparini. L’equipaggio è composto, oltre che dal capitano, da altri due membri, dei quali uno è il figlio del capitano stesso. L’equipaggio sembra godere di buona salute. Ma già il giorno dopo dal telegrafo posto sulla spiaggia di quella che diventerà Marina di Carrara e che ora è soltanto una frazione di Avenza parte un dispaccio che informa le autorità che l’equipaggio de “La Marianna” è affetto da “colera morbus” e che un membro dell’equipaggio è già morto.
Quando l’epidemia si estingue si contano, nella comunità di Avenza che, ricordiamo, comprende anche Marina di Carrara, ben 227 morti su circa 500 individui colpiti dal morbo. Una percentuale altissima, quasi il cinquanta per cento dei contagiati. Se poi consideriamo che in quell’anno la popolazione di Avenza è stimata essere attorno alle 3000 persone, significa che una persona su sei contrae il morbo e una su tredici ne muore.
Quando l’epidemia si estingue si contano, nella comunità di Avenza che, ricordiamo, comprende anche Marina di Carrara, ben 227 morti su circa 500 individui colpiti dal morbo. Una percentuale altissima, quasi il cinquanta per cento dei contagiati. Se poi consideriamo che in quell’anno la popolazione di Avenza è stimata essere attorno alle 3000 persone, significa che una persona su sei contrae il morbo e una su tredici ne muore.
La nevicata del 1985
8 gennaio 1985 In quell'inizio d'anno l'Italia, comprese le zone costiere nelle quali normalmente il clima è più mite, fu interessata da estese e copiose nevicate alle quali seguì un periodo di temperature rigidissime che in molte parti d'Italia provocarono gravi danni tra i quali la moria di moltissime piante, come gli olivi nella Toscana centrale. In quel periodo Marina di Carrara ebbe un aspetto che molti non avevano mai visto e che i giovani nati dopo quell'anno non hanno avuto occasione di vedere.
Se qualcuno dei nostri lettori vuole arricchire questa piccola galleria fotografica dedicata alla grande nevicata del 1985 con fotografie scattate allora, può mandarcele, saremo ben lieti di pubblicarle.
Si ringrazia lo studio Photo Corsi di Marina di Carrara per aver gentilmente concesso le immagini, scattate durante la grande nevicata nel 1985.
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Lorenzi o Veleno
Aurelio Milani o Benito Lorenzi detto Veleno. Quale dei due giocatori dell'Inter è stato la figurina introvabile di uno dei primi album Panini dei calciatori? Agli inizi delle raccolte Panini, forse la prima, uno di questi due giocatori dell'Internazionale era introvabile a Marina di Carrara. I ragazzini che facevano la raccolta di figurine avevano gli album quasi completi, spessi cinque o sei centimetri perché le figurine le incollavano con la colla che si faceva sciogliendo la farina di grano nell'acqua calda.
La Coccoina all'aroma di mandorle sarebbe arrivata dopo.
Successe un giorno che un ragazzino, al quale delle figurine Panini importava relativamente poco, comprasse una bustina dalla Elsa alla Doganella e vi trovasse il mitico ed introvabile Lorenzi detto Veleno o forse era Milani. Io ricordavo Lorenzi ma è più probabile che fosse Milani. La notizia che l'introvabile era stato trovato si sparse a velocità incredibile. Il ragazzino fu circondato dagli altri ricercatori di figurine della zona e iniziò un'asta per aggiudicarsi la figurina. L'asta era in corso ed il tipo dava dimostrazione di saper gestire gli affari resistendo alle offerte crescenti quando arrivò di corsa in bicicletta da Marina uno che non conoscevamo e che si aggiudicò l'introvabile offrendo un'album completo meno la figurina di Lorenzi o forse era Milani.
Questa non è una leggenda. È storia con la esse maiuscola per chi c'era quel giorno sotto i tigli del viale a metà strada tra le case della Cokapuania e la Doganella.
Il fortino
Un pò di storia ( un piccolo riassunto )
Questa costruzione a forma di panettone era una "stazione" rice-trasmittente delle comunicazioni ottiche a distanza con il metodo del telegrafo Chappe (siamo al tempo della rivoluzione francese - primi anni dell' ottocento... Ma funzionò fino all' adozione del telegrafo Morse). Era poco distante e annessa al "Fortino" già preesistente e che presidiava la costa da sbarchi indesiderati (questo fortino si trovava dove ora c'è la scuola elementare...) Dante Giromini.
Il fortino Si tratta della struttura militare detta Fortino di Maria Beatrice che fu costruito negli anni '20 dell'800, sotto Ferdinando IV, quasi sulla spiaggia, credo poco a nord del Porto, insieme ai 2 fortini gemelli S. Francesco (presso S. Giuseppe-Marina di Massa) e Speranza (ai Ronchi). I tre fortini avevano pianta pentagonale con soprastante casermetta, fossato e ponte levatoio. Pare abbiano funzionato fino al 1848, allorché furono disarmati e abbandonati.
Il sito dopo la Seconda Guerra mondiale divenne un punto vendita di carbone.
ALTRE INFORMAZIONI ALLA PAGINA https://www.carraraonline.com/storia-di-marina.html ( SEZIONE STORIA RECENTE da leggere molto interessante.
Perro Negro o Gatto Selvatico
Perro Negro è una serie di piattaforme di perforazione di tipo jack-up operate da Saipem.
Sono degli impianti polivalenti. Hanno un ampio spettro di utilizzo, nonostante siano state concepite essenzialmente per la perforazione di pozzi petroliferi, in realtà potrebbero essere usate anche per produrre idrocarburi, una volta che il pozzo è stato completato. Di norma, per quanto grandi, hanno dimensioni inferiori alle piattaforme di produzione, e soprattutto (non tutte, ma specialmente quelle di nuova concezione), sono in grado di muoversi in modo autonomo o quasi, mentre le piattaforme di produzione no. Per questo motivo sono considerate dei natanti, in quanto munite di motori, il cui compito (almeno non quello principale) comunque non è provvedere allo spostamento del mezzo, ma anzi tenerlo il più possibile fermo sulla verticale del pozzo da perforare.
il primo fù il Gatto selvatico anno 1960, mentre il varo del Perro Negro è stato fatto nel 1961.
Rigoletto
Il Signore della piazza e dei gelati
"Piagnete bimbi che la mamma ve lo compra" di PierBin
Quando si è bambini, le giornate sembrano non aver mai fine, e man mano che si cresce, questa sensazione svanisce così come i nostri sogni. Alcune cose per fortuna, o sfortuna non svaniscono mai, i nostri ricordi, le sensazioni, i profumi che per un attimo fanno rivivere emozioni rimaste impresse nel cassetto dei ricordi che ognuno di noi si porta dentro e custodisce gelosamente. Un profumo indelebile, come quello emesso da tigli del grande viale alberato, annunciava l’arrivo dell’ estate .Quanti ricordi in quella fragranza. Io, allora bambino, mi divertivo con i miei compagni in interminabili partite di calcio contro altri rioni (Ottavini, Doganella, Ferrovia , Covetta), allora ai bambini non interessava avere scarpini e magliette firmate, l’importante era giocare e in quelle partite si dava l’anima come se fosse una finale di coppa dei campioni. La nostra squadra era conosciuta come quella della Coke, il nome derivava dall’agglomerato di 3 palazzi costruiti appositamente dallo stabilimento nel quale per 40 anni ha lavorato mio padre (Eni—Coke). La formazione era : Io ( Tordello ), Arò ( T ) ,Riccà ( B ), Piumbin ( S ), Ginè ( B purtroppo ci ha lasciato ), Carlè ( U ), Valè ( C ), Bocca ( B ),Paolo ( C ) e Andrè (Cappè, che purtroppo è scomparso tragicamente molti anni fa). Un’altro dei nostri giochi era la “guerra”. Giocavamo con fucili artigianali composti da un manico di scopa, mollette per il bucato ed elastici ottenuti da camere d'aria di vecchie biciclette. Chi era colpito dall’elastico doveva abbandonare la partita, il vincitore e capo assoluto per quel giorno era colui che rimaneva da solo. Anche salamandre , tritoni e lucertole in quel periodo non la passavano liscia. Si andava sotto i piloni dell’autostrada, sotto la quale un tempo c'era un luogo paludoso dove questi animali trovavano l’habitat ideale e qui cominciavamo la caccia. Chi ne catturava di più era un eroe. Poi all’improvviso un suono magico interrompeva i nostri giochi estivi, era il suono emesso dalla trombetta di ottone lucido di Rigoletto, il gelataio per antonomasia. In lontananza lo si vedeva arrivare con la sua bicicletta a tre ruote con davanti il contenitore per mantenere freddo il gelato. Man mano che il gelataio si avvicinava i ragazzi correvano sotto i balconi per farsi buttare giù i soldi dalle proprie mamme, chi 50 chi 100 lire che era allora il costo di un cono. Non si poteva resistere a quei 4 gusti, accompagnati dal solito ritornello “bimbi piangete che la mamma ve lo compra”. Magro, non troppo alto, sempre vestito di bianco lindo e con il suo cappellino in testa, nessuno era capace di dargli una età. Di una cosa sono certo, che nel cassetto dei ricordi dei bambini di allora c'è posto anche per Rigoletto.
La Lindina
BENASSI che ha costruito e gestito il chiosco fino alla vendita.
Oltre ai giornali trovavi articoli da mare e giocattoli.
La Rasma
Magra, poco più alta di un metro con la sua inseparabile bici, fornita di 2 portapacchi in ferro, uno anteriore e uno posteriore gira tutta Marina con borse e fagotti legati con lo spago.
Vendenva casa per casa : maglie, camice pigiami, tovaglie, jeans, insomma un po di tutto. E' stata una procreatrice della vendita porta a porta e soprattutto del credito con il quaderno delle segnate..
Dove trovasse tutta quella forza in quelle gambette resta un mistero, ma faceva filare quella bicicletta come un treno.
Abitava in via Marco Polo ( San Giuseppe ) , aveva un fratello di nome/sopranome Bacè, che si guadagnava da vivere con il suo carro trainato da un cavallo ( mambruca ) adatto al trasporto di lastre di marmo.
Oggi la Rasma viene ricordata per definire una persona carica di borse e fagotti.
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La Vanda
DOLCI GIOIE
Oggi ricordiamo la Vanda.
Un’ altro ricordo indelebile di quando ero bambino era il tabacchino cantina della Vanda.
Il piccolo locale era situato sul viale XX Settembre sullo stesso lato della Chiesa, tra Giampaoli e la chiesa stessa.
La Vanda per noi ragazzini di allora era la tappa fissa domenicale quando andavamo o uscivamo dal cinema parrocchiale Manzoni situato dietro la chiesa.
Quando entravi dalla Vanda era come entrare di botto nella pianura padana.
Il fumo delle alfa senza filtro dei clienti che giocavano a carte, davanti a una cavalleria di vino si tagliava a fette e l’aria era irrespirabile.
Il locale, beh si fa per dire, non aveva nulla a che fare con gli attuali bar, era un semplice fondo con pavimento e bancone di marmo, lo scafale in legno per le sigarette, un paio di tavolini, 4 sedie e due mensole una delle quali era d’appoggio per una piccola radiolina che trasmetteva la telecronaca delle partite.
Il locale era gestito da due persone anziane, un uomo e una donna.
La vecchia era la Vanda, col suo vestito nero come il fazzoletto che portava in testa, tipico abbigliamento delle vecchie e l’altra persona, il fratello o il marito ma non ne sono sicuro.
Invece ricordo benissimo le bottigliette in plastica trasparente a forma di piccoloi biberon, cosa ci fosse dentro è ancora un mistero, quel liquido giallo, arancio, e viola era una cosa dolcissima, a ripensarci quasi stomachevole, stecchi di liquirizie, , lecca lecca, gli spumini variopinti a forma di cono gelato, mentine coloratissime in zucchero rigorosamente conservate in grossi vasi di vetro che ti venivano servite sciolte in un sacchettino di carta bianca, e poi ancora le caramelle Mou.
Intanto il progresso incalzava e per noi bambini era rappresentato dagli erogatori di gomme da masticare che qua e là avevano iniziato a spuntare davanti alle cantine, agli alimentari e alle rivendite di giornali, e cosi anche la Vanda mise fuori dalla porta la sua macchinetta per le gomme da masticare. Quando si metteva il decino in alluminio e si girava la farfalla dalla boccia di vetro trasparente cadeva una gomma da masticare che DOLCI GIOIE!!!!!!!!!!!
Nino e il suo bazar
Sono sempre stato affascinato da quel piccolo negozio adiacente la piazza, mi sembrava di entrare in un mondo fantastico.
Nel piccolo bazar trovavi qualsiasi cosa, giornalini, figurine dei calciatori, biglie di vetro e di plastica con i nomi dei corridori, Gimondi, Merckx, Bitossi, Guerra che erano i più gettonati, tutto quello che un bambino poteva desiderare, macchinine, ruspe, fucili e pistole e molte altre cianfrusaglie.
Non era possibile uscire dalla “bottega”senza aver comprato qualcosa.
Lo ricordo magro, vestito di nero con i baffetti e i capelli un pò lunghi, un Mago della vendita, gentile e garbato riusciva sempre a far contenti noi bambini.
“Ninin non piangr”, to ma, qualco a’t compr ….e così era!!!!!!!!!!
Com’ero felice con il mio regalino, e mentre mia madre mi teneva per mano: “ ripeteva t sen un lazaron” e piano piano andavamo verso casa. Come mancano queste botteghe, e le persone come Nino, sostituite da freddi supermercati e da commessi frettolosi.
L,a piscina: il mar dei marineli
La famosa (ai suoi tempi, perlomeno fino agli anni 1945-50) “Piscina” dei carrarini e marinelli che non avendo soldi da spendere nei pochi (allora), stabilimenti balneari, correvano alla spiaggetta e i più avventurosi sopra gli scogli, anche pericolosi per eventuale scivolate (non per cadute in acqua ma per andare a finire sugli aguzzi scogli). Ci si schizzava addosso cappellate d’acqua salata, per prendere subito confidenza col mare, si mangiavano crudi quei pochi muscoli che riuscivamo a staccare nascosti sotto gli scogli, ci sdraiavamo sopra gli stessi per abbronzare anche se ci mancava la melanina (La melanina è prodotta dai melanociti, che sono uno specifico tipo di cellule situati nell' epidermide: ci dicevano che dovevamo mangiare tante carote per aumentare quella melanina che ci faceva abbronzare). Ebbene, la Piscina era dove attualmente esiste il piazzale Massa, al Porto, il quale non esisteva (vigevano pontili, ma sempre dal lato di ponente, verso l’attuale Guardia di Finanza). Allora non c’erano che scogli che facevano un grande rettangolo dove all’interno eravamo alquanti sicuri da pericoli, sempre escludendo eventuali scivolate sugli scogli. Questo rettangolo era aperto soltanto in un angolo, verso Massa, per il ricambio d’acqua, mentre qualcosa che somigliasse ad un porticciolo si trovava verso ponente, che poi era quel lungo muro che si gettava in avanti, poi durante l’ultima guerra abbattuto da mine e cannonate, quest’ultime sparate dalla Punta Bianca. Ma torniamo alla Piscina: non essendoci capanni, personalmente ricoveravo i mie indumenti presso un mio compagno di scuola che abitava in una villa proprio di fronte: questi indumenti li nascondevo dietro il muro del giardino, senza disturbare i famigliari in casa, così potevo andare anche privo del mio amico proprietario della villa, il quale era sempre dietro le ragazze, fingendo per i familiari, di essere al bagno in Piscina con il sottoscritto. Dopo il bagno facevamo passeggiate sino alla Torre Balilla-Fiat sul lungomare, che allora non era interrotto. Il mare era a cento metri almeno dal lungomare, con un muretto alto 50-60 centimetri ed a cento metri almeno dall’inizio spiaggia. Prima della Torre Fiat s’incontrava la Colonia Ugo Pisa dell’O.M.N.I. , inaugurata nel 1913, era composta da due corpi fabbrica collegati da una passerella a cavalletto che oltrepassava la strada e permetteva di spostare barelle e sedie a rotelle senza uscire dalla struttura. Poi, dopo l’estate, diventava una casa per partorienti e sulla passerella mettevano fitte tende, per ostruire la vista ai curiosi, (vedi Colonie sul litorale delle Apuane).
Tornavamo alla Piscina, avendo depositato i nostri indumenti, per riprenderli e rivestirci, mentre la gente si era già diradata. Questo, verso il tardo pomeriggio era il periodo migliore per fare un tuffo ed esplorare i fondali, ligi ai consigli dei genitori che non volevano che si esplorassero i fondali della Piscina da soli, in modo che qualche amico eventualmente intervenisse ed avvisasse per qualsiasi inconveniente. Oltre la strada, in fronte alla Piscina, esisteva soltanto una grande pineta e forse per la grandezza sembrava poco frequentata. Quasi sulla via Garibaldi, saltava alla vista, all’interno della pineta il tondo Fortino che attualmente è sotto gli occhi di tutti e ciò che rimane di questo notevole “rudere” della tecnica ottocentesca di comunicazione, rammenta un grande e strano panettone che è sempre stato lì, in pineta, ma attualmente in stato di degrado, quale ricettacolo d’immondizia, (vedi Storia di Marina), mentre fino all’angolo del viale XX Settembre con viale Giovanni da Verrazzano era una distesa di blocchi e lastre di marmo, come deposito dei laboratori contigui. A quei tempi questo viale si chiamava viale Litoraneo (che univa marina di Carrara con Marina di Massa: il viale delle Pinete era interno e tra questo viale e la spiaggia, pullulava di campeggiatori, poi traferiti verso monte, oltre il viale delle Pinete, perché la spiaggia se la mangiava il mare. Insomma, da quanto ricordo, molte persone, specialmente giovani e non più tali, ricordano con nostalgia la Piscina a Marina!
Lucio Benassi Carrara, 15 aprile 2016
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E un pezzo di vita che ci hanno strappato, a spiaggetta è stata fatta con la sabbia del porto quando hanno dragato a levante prima c'erano solamente gli scogli da ambo le parti da cui deriva il nome "piscina".Era tanta roba acqua sempre perfettamente pulita peccato che certe meraviglie non esistano più. Oggi sei costretto ad immergerti nel putridume delle acque antistante quel carnaio che affolla la spiaggia. La ricordo benissimo,andavo li o su gli scogli,hanno chiuso tutto peccato!Il chiosco della Maria granite e cocco, che bei ricordi!!
Loc la Fabbrica
La località Fabbrica, non è molto argomentata nella storia diCarrara. Tiziano Renato POM nel suo volute "Rileggiamo Carrara", ristampa del 1989, dedica un lungo articolo a "La Fabbrica", anzi Fabrica (con una sola b), ma nell'articolo stesso si sofferma su elucubrazioni inconcludenti tanto della località che del nome stesso: Infatti presume che: "Ma come sia pur guardandosi intorno del nome "Fabbrica" applicato ad un posto in cui chiunque, sia pur guardandosi con la massima attenzione e pazienza tutt'intorno, cercherebbe invano un edificio, un qualche complesso qualsiasi in grado di far pensare a qualcosa che sia pur lontanissimamente rassomigliante a ciò che per noi ora è una fabbrica? In realtà ci troviamo ancora una volta davanti ad un toponimo che ci viene da molto lontano, dall'antichità classica, quando certamente indicò il posto in cui sorgeva (e doveva essere nota vastamente
intorno) una qualche officina di fabbro o di falegname - "Fabrica" appunto e con una b come ancora nel dialetto nostro ma in questo caso per immediata eredità e non per riduzione delle doppie scempie, tipica del nostro dialetto, dell'unica b che figura raddoppiata nella topografia burocratica (come Caffaggio - in Cafaggio. la zona Fabbrica ha incorporato il vecchio Mattatoio con di fronte il vecchio "Obitorio", poi Lazzaretto, ora uffici vari comunali e privati, la strada per Ficola (col suo vecchio Castello, ora solo alcuni ruderi) e la nuova Chiesa di San Ceccardo. Gli storici Borgiuolo-Gemignani, nei volumi “Carrara e la sua gente”, 2004, non fanno cenno alla località “Fabbrica”, e neppure Bizzarri-Giampaoli nella Storia di Carrara”, 1932, la riportano solo come nome e null’altro. Comunque la località aveva effettivamente molte Fabbriche, tanto di marmi che di altri materiali (vedi, l’estensione della segheria laboratorio Figaia poi Figaia & Dell’Amico, sull’angolo della via Stabbio, verso Carrara era tutta una distesa di blocchi di marmi e lastre, fino all’angolo col Carrione, ed anche di fronte, dove esiste ancora un ”ingresso” ad un rifugio costruito nel 1944, dove accorrevano quando suonava la sirena di allarme bombardamenti (non c’era il palazzo della Camera di Commercio). Di sicuro si sa soltanto che da S. Ceccardo, all'attuale Fabbrica, il viale XX Settembre ricalca in modo esatto l'antica via Postale verso Massa, così si presume che visto la vicinanza del Carrione, vi potesse essere una fabbrica di prodotti legati all'acqua, come lavorazione di canapa o ginestra, concia delle pelli ecc. Non esistono documenti al riguardo.
Loc la Ghiacciaia
La ghiacciai si trovava verso l’inizio di via Don Minzoni, esattamente in via Barroccia, dove un carrarino, nativo del luogo mi informava che non esistono più i resti. La ghiacciaia dicono i vecchi che si chiamava così proprio perchè, in particolar modo è una zona che per la sua morfologia è molto fredda, e poi perchè vi era una ghiacciaia. Oltre che a Carrara una era anche ad Avenza,proprio dietro al vecchio cinema Lux.
Vecchia fornace Carrara
Le due foto, raffigurano la vecchia fornace per sciogliere le scaglie di marmo per creare il cemento necessario alle costruzioni.
La costruzione si trova all’inizio della strada che porta a Codena, ed infatti mi recai in via Erevan e prima di salire verso Codena, a destra, si vedono quelle due fornaci. Al nr.15 una signora molto gentile mi comunicava che essa stessa aveva costruito la casa in cui vi è tutt’ora circa quarant’anni fa, ma i suoi vicini erano arrivati prima ed avevano costruito la loro propria casa dove vi era la fornace (quella della foto con un solo scavo).
Ora, i due scavi dell’altra foto sono ancora al proprio posto e dalla via Erevan sono visibilissimi, e come ripeto erano due fornaci, alte ca. cinque metri (ora sopra c’è una grata, poi sono chiuse da una rete che impedisce l’ingresso dal vicolo Erevan, anche soltanto per avvicinarsi). Da sotto si alimentava il fuoco che faceva bollire il miscuglio di scaglie di marmo con il cemento. Il terreno l’ha comprato un privato, pensando di poterci costruire (forse la propria casa), ma sono intervenuti quelli della protezione dei bene architettonici per le opere d’arte ed hanno messo il veto assoluto a qualsiasi trasformazione. Inoltre la signora che abita al nr. 15 ricordava che negli anni settanta i due fori-fornaci erano occupati da laboratori di lastre di marmo, ma poi abbandonarono tale occupazione, ed ora sono vuote, per cui ci si può entrare dentro e guardando in alto si vede il cielo attraverso delle semplici sbarre.
Loc Pulcinacchia
Località sopra Torano, sulla strada che porta ai Ponti di Vara.
Un custode mi ha informato che la località Pulcinacchia, di solo cinque case, elargisce il nome alla zona che comprende diverse cave, quella di Bogazzi compresa e l’origine del nome in se stesso dovrebbe essere il nome proprio di colui che costruì la prima casa. Il custode abita il località Curtana, che era una polveriera, proprio di fronte alle diverse cave di Pulcinacchia.
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