Via Don Minzoni
Strada facendo
Spetta/Le Redazione
Con quest'ultimo racconto vorremmo chiudere la Saga dedicata alle principali vie cittadine. L'ultimo articolo non poteva non essere dedicato a un grande uomo, un eroe, ma sopratutto un sacerdote, che il bieco e cieco fanatismo politico, ha strappato alla vita in giovane età.
Un vero … Don Camillo!
Una delle strade più importanti di Carrara, si chiama Via Don Minzoni. Che sia intitolata a un sacerdote, è palese, meno certo è sapere il perché di tale onore. Giovanni Minzoni, nasce a Ravenna nel 1885, da una famiglia di piccoli borghesi, dove il padre, dapprima ferroviere, riuscì con grandi sacrifici ad aprire una locanda. Forse a causa della famiglia numerosa, composta di altri quattro fratelli, due maschi e due femmine, Giovanni, entrò in Seminario, cosa al tempo normale per chi intendeva avere un’istruzione, ma non possedeva i mezzi economici necessari per farlo. Il giovane Giovanni però, sentì subito che quella del sacerdote era la vita che desiderava ardentemente. Studiava con passione, ottenendo ottimi risultati, ma soprattutto l’ammirazione di superiori e compagni di corso. Nel 1909 a soli ventiquattro anni fu ordinato sacerdote, e mandato come aiuto allo zio arciprete in una sperduta parrocchia del Ravennate. Dopo poco tempo però, fu inviato come parroco nel Comune di Argenta, uno storico paese in provincia di Ferrara, come aiuto a Don Gioacchino Bezzi. Prete schietto e moderno, si fece subito amare sia dal vecchio Parroco, che dalla popolazione, i cui giovani cercò di attrarre con il primo embrione dei futuri oratori, dove vi si svolgevano diverse attività ludiche, e culturali. Intanto anche lui approfondiva i suoi studi presso la scuola Superiore di Bergamo, dove nel 1914 ottenne il dottorato. Proprio perché fervente cristiano, Don Minzoni, cominciò a interessarsi anche dei primi fermenti sindacali degli operai, che cominciavano a aggregarsi nelle prime Camere del Lavoro, nate per volontà dei dirigenti del neonato Partito Operaio Italiano, che si trasformerà di lì a poco in Partito Socialista Italiano. La morte di Don Bezzi, lo designò suo successore, ma lo scoppio della Prima Guerra Mondiale lo chiamò alle armi. Fu destinato a una brigata di Sanità ad Ancona, per poi trasferirlo di nuovo in un ospedale militare a Urbino. Pur svolgendo diligentemente la sua opera in quel mare di sofferenza, Don Minzoni non si sentiva nel posto giusto così, chiese ed ottenne di essere inviato al fronte. Nominato Tenente Cappellano di una compagnia di fucilieri, inquadrato nella divisione “Veneto” venne destinato al fronte in difesa del Piave. Nelle trincee in mezzo a fango, sangue e morte, dimostrò un coraggio e una dedizione a Dio e alla Patria che lo fecero amare da tutti, sempre pronto a sfidare la morte per portare conforto a soldati provati nel fisico e nello spirito. Addirittura durante la furiosa battaglia che gli Austro-Ungarici lanciarono per passare il Piave, egli non esitò a mettersi alla testa di un gruppo di Arditi, e guidarli in una furiosa carica contro un caposaldo, facendo numerosi prigionieri, e liberando quelli italiani presi dal nemico. Per quest’azione Don Minzoni, ottenne la medaglia d’Argento al valor militare, prima di ben undici, ricevute per eroismi dimostrati sul campo di battaglia. Al termine del conflitto tornò come Parroco ad Argenta, e qui cercò di alleviare le sofferenze dei lavoratori e lavoratrici, facendo nascere le prime cooperative a indirizzo cristiano, mentre per i ragazzi, istituì un doposcuola, un teatrino parrocchiale, e ampliò la frequenza all’oratorio di maschie e femmine. In quegli anni, nel nord dell’Italia, il clima politico era avvelenato dai contrasti tra il nuovo Partito Socialista, e il nascente fascismo che cercava di affermarsi tramite le azioni violente delle squadracce. Omicidi, e bastonature erano frequenti da ambo le parti. Incurante di tutto ciò, Don Minzoni, cercò di tenere le distanze da ambo le fazioni, continuando a promuovere con passione l’evoluzione sociale dei suoi parrocchiani, creando il primo movimento cristiano di scout per ragazzi di ambo i sessi. Si oppose fieramente alla costituzione di una sede dei “giovani Balilla” nel Comune di Argenta, come impedì anche di creare una sede per “l’avanguardia giovanile fascista”. Facendo leva sul suo eroico passato militare il regime fascista, tentò la carta della lusinga, proponendogli di diventare Cappellano della Milizia Fascista, “onore” che Don Minzoni diplomaticamente rifiutò, adducendo la scusa che tra la milizia vi erano troppi comunisti. Ormai diventato il simbolo dell’antifascismo nel Nord Italia, il regime decise di dargli una delle loro “lezioni”. Così in un’afosa sera estiva, mentre il sacerdote passeggiava con un parrocchiano, scattò l’agguato. Due uomini armati di bastone li attaccarono ferocemente alle spalle, colpendo Don Minzoni con inaudita violenza alla base della nuca. Il sacerdote cadde a terra, e mentre gli aggressori fuggivano, tentò fi rialzarsi ma ricadde. Soccorso da alcuni parrocchiani morì un’ora dopo per frattura cranica, aveva solo trentotto anni. Quest’autentico Don Camillo, seppe, nella sua breve vita, coniugare in modo impeccabile l’amore per Dio, la Patria, ma soprattutto contro ogni tipo di oppressione, e sopraffazione, da qualunque parte essa provenisse.
Mario Volpi
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