Chiesa Sacra Famiglia
Come antesignana della Parrocchia Sacra Famiglia attuale, fu creata nel 1776 da Domenico Vatteroni la Chiesina di San Giuseppe, poi battezzata Famiglia Sacra (vedi specificatamente la STORIA della CHIESINA).
In seguito, l'impulso della Marina di Avenza (anche se quasi nessuno riconosceva questa denominazione), i marinelli si staccarono da Avenza, diventando così Marina di Carrara (ed eravamo intorno al 1850), la chiesa cominciò a crescere di fedeli cristiani frequentatori, tanto da richiedere un vero luogo, più grande, per le funzioni religiose. La costruzione è iniziata nel 1858 su progetto dell'ingegner Merighi, integrato dal professor Domenico Serri di Carrara, incaricato di dare inizio ai lavori.
Per iniziativa di Francesco V° d'Asburgo-Este (Modena, 1º giugno 1819 – Vienna, 20 novembre 1875) appartenente alla linea Asburgo-Este, figlio maggiore del duca Francesco IV d'Este e della principessa Maria Beatrice di Savoia (1792-1840), fu l'ultimo sovrano regnante del Ducato di Modena e Reggio. Infatti fu il Duca (Duca di Massa, Principe di Carrara, Signoria di Moneta ed Avenza) il promotore della costruzione nel 1859, ma con la caduta del regime estense e del Duca stesso, sempre nel 1859, con la deposizione di Francesco V° d'Este, il Ducato di Modena e Reggio (comprendente anche i territori di Massa e Carrara) venne definitivamente annesso al Regno di Sardegna, con la costituzione della provincia di Massa e Carrara nel dicembre 1859. (Ducato di Massa e Carrara, il ducato continuò la sua esistenza fino al 1796, quando divenne parte della Repubblica Cispadana creata da Napoleone), i lavori si fermarono a circa sei metri fuori dal suolo e così rimase sino al 1879 come riportato in una relazione dell'arch. Caselli. Venero ripresi i lavori il 29 Luglio 1880 sotto la direzione dell’ing. Paolo Gemignani, viareggino, e la Chiesa venne inaugurata, con una sola navata, nella sua costruzione originaria (unica aula con abside e soffitto molto alto) ed aperta al culto nel 1886, dopo che il carrarese Domenico Serri che ampliò il progetto giudicato troppo modesto. Quindi fu creata parrocchia di Marina, e il primo parroco del 1923 fu padre Zanobi M. Manfriani dei Servi di Maria, (Careggi, 14 novembre 1886 - Firenze, 9 giugno 1954).
Poi nel 1925 l'ing.Domenico Zaccagna, tramite un civico comitato, presentò ai marinelli un progetto di restauro ed ampliamento, ridisegnò il progetto del campanile che richiama vagamente quello di Venezia, e nel 1926 iniziarono tutti i costosi lavori, che terminarono il 18 maggio 1935, dotando la Chiesa con altre due navate laterali, mentre le cinque campane furono installate il 14 maggio 1938. Comunque precisiamo che le pareti esterne non erano saldate al soffitto, questo faceva intendere che un allargamento era in programma.
Iniziamo con l’esterno, che ha subito rifacimenti ed è stato completato con due statue “standard”, poste in nicchie, ai lati dell’ingresso centrale, offerte da A.Gorlandi, il 15 agosto 2008: una di San Giuseppe e l’altra della Madonna con Bambino, a simboleggiare la «Sacra Famiglia». Rifatto anche il bel portale centrale, con artistica lunetta, e sotto l’insegna “MS”, in legno, della Madonna. Tutto in blocchi di marmo bianco massiccio, idem i due portali laterali anche se più modesti, e tre vetrate tonde istoriate geometricamente in diversi colori. Nel 1982 al termine di riparazione e rafforzamenti, fu collocata nel timpano della chiesa, ovvero nel punto più alto della facciata, una scultura marmorea raffigurante la "Madonna del Mare", opera di Luigi Telara, noto scultore in tutto il mondo per le opere sparse (tra cui la copia della statua della Pace, posta nel Campidoglio di Proctor nel Vermount, e quello di Washington in USA). Ho avuto una conversazione presso l’abitazione di Luigi Telara, rialzata, a basso del monte Castellaro, verso mare, zona Avenza-Ponte di Anderlino, dove mi precisava che la Madonna del Mare, alta metri 2,40 e dal peso di una tonnellata e quaranta, quando fu impiantata nel 1982, sul timpano della facciata, ebbe qualche difficoltà di collocamento tramite gru, anche se all’inaugurazione una enorme folla gremiva la piazza. Madonna creata appositamente per essere vista da lunga distanza, (ca. 80 metri, con varie prove e improvvisati facsimili), con accorgimenti moderni di sicurezza (è senza piedi, il manto scende sino al piedistallo, il retro delle mani più grandi della normalità, come pure la testa, gli occhi sono due profondi fori, applicata ad una lastra di bronzo con quattro grandi bulloni: tutto per avere una visione prospettica ottima, da lunghe distanze. Vista da vicino non è accettabile, quasi tutta scalpellata). Poi il modello, in legno, ben rifinito, di un’altezza di 85 centimetri, dopo vicissitudini sparì (doveva essere posto all’interno della Cappella del Santissimo. Di queste Madonne del Mare ne furono create 30, numerate, in bronzo, con piedistallo in marmo, di 15 cm., (se all’inizio si pensò a mille, ma ne usciva un costo eccessivo, per cui furono ridotte, anche se nella numerazione figura, esempio 30/1000), e 1500 in ceramica bianca, da un ceramista di Pietrasanta, e distribuite tramite offerta per il recupero delle spese. Una si trova in una nicchia esterna in via Ciro Menotti, nei pressi di piazza Menconi, al numero civico 58. Lo scultore Luigi Telera, mi accolse molto cortesemente, dandomi innumerevoli spiegazioni e informazioni, anche delle quattordici stazioni della Via Crucis, che sono applicate alle pareti interne delle due navate aggiunte: sono in cemento con sotto gesso e rete, quasi a formare una pietra marroncino sintetica. Furono create per abbellire la Chiesa della Santissima Annunziata di via Bassagrande, senza il fondale in lamina di legno, ma il Parroco di allora non le gradiva per cui quello della «Sacra Famiglia» fu felicissimo di riceverle, munirle di un sottofondo in legno, applicarle in Chiesa sotto portalampade in ferro battuto color nero, a lampada singola, dove tuttora fanno la loro bella figura, create da un noto scultore.
Iniziano così grandi rifacimenti e ristrutturazioni della Chiesa. Nel presbiterio un altare, sempre in marmo, al centro, verso l’assemblea, con scene scolpite in bassorilievo, dallo scultore carrarese di adozione Alberto Sparapani, nato a Casale Marittimo in prov. di Pisa nel 1911 e defunto ad Avenza nel 2004, ci offre l'altare e l'ambone, (che è il podio con leggio da cui si tengono le omelie e le letture bibliche), tutto in marmo bianco Carrara, (è un tipo di calcare bianco quasi puro, simile allo statuario ma con leggere zigrinature di grigio, verde e nero), come decretato dal Concilio Vaticano II°. Sparapani tanto per rendere l'idea, ha scolpito anche il Monumento al Cavatore, a Colonnata nel 1983, e l' 11 Novembre 1999 l'Accademia Aruntica gli ha rivolto un omaggio ed un ringraziamento di tutta la città, alla carriera. Ad Avenza venne intitolato allo scultore un Parco, nella via Passo Volpe. Sparapani, ritenuto ormai carrarese, ha ricevuto nel 2001 la Grande Medaglia d’Argento dal Presidente della Repubblica Carlo Arzeglio Ciampi, per i grandi meriti acquisiti nel campo dell’arte: un riconoscimento per la sua intensa e nota attività, anche se i carraresi non gli hanno esternato tutto quanto meritava.
Il 17 marzo 2009 c’era il pubblico delle grandi occasioni alla presentazione del volume biografico sullo scultore Alberto Sparapani, che si è svolta all’Accademia di Belle Arti di Carrara. Diverse le autorità intervenute, così come molti sono stati quelli che hanno voluto ricordare lo scultore concittadino, pisano di nascita, ma avenzino di adozione. Una notevole soddisfazione anche per il figlio Silla, ideatore del progetto biografico e artista lui stesso.
Abitava con la moglie Vittoria Landi ed i figli Marosa, Fiorella e Silla, in via Farini ad Avenza, dove aveva anche il suo laboratorio. Tanto Alberto che la moglie riposano nel cimitero di Turigliano, ad Avenza.
L’altare e l’ambone, in marmo, riproducono storie di schietta creatività. L’altare, lato sinistro, ha scolpito a mezzo fondo «La Sacra Famiglia», cui la chiesa è dedicata, durante la consumazione del cibo. Al centro, applicata al marmo dell’altare ed in bronzo scuro con sotto un globo tondo, la “Resurrezione” nella fase conclusiva: Gesù che lascia l’umanità (appunto, il globo), per risalire al cielo. Nella parte destra è posto in rilievo l’episodio evangelico della “Cena di Emmaus” con l’evidente stupore dei due discepoli per l’apparizione di Gesù. L’ambone ricorda, in modo davvero originale, “L’Annunciazione”, episodio tra i più suggestivi nella raffigurazione artistica di molti secoli. Il presbiterio nacque con un bel altare di marmi di vari colori, italiani e stranieri, mentre la balaustra chiudeva lo spazio con un cancelletto in metallo. Ora, la balaustra, esiste ai lati del presbiterio, di lunghezza 165 per 80 cm., una specie di balaustra con cornice e colonnine in portoro macchia oro, ed ha sette piedistalli in marmo bianco statuario cristal, (prima del Concilio Vaticano II°, ci si comunicava inginocchiandosi esternamente alla balaustra, e l’officiante, spesso assieme ad un chierichetto, si spostava da un lato all’altro della balaustra per comunicare i fedeli, mettendo sulla lingua l’ostia sacramentale ed il sacrestano teneva il vassoio sotto il mento del cristiano, per accogliere eventuali cadute dell’ostia sacra o frammenti, e l’ostia non doveva essere toccata, ma obbligatoriamente ingoiata, senza masticarla. Altre volte il vassoio era passato direttamente da un comunicante all’altro). Il pavimento, sempre bicolore bianco, con grandi lastre in rosso Albania, circondate da una cornice di Portoro macchia oro, e rialzato di tre scalini, in marmo bianco, dal pavimento della chiesa, con le parti verticali rivestite di rosso Albania.
Nel presbiterio, alle spalle dell’altare, ci sono quattro sedie ed un trono in marmo per gli officianti, rialzati di due scalini, in marmo bianco Carrara e nelle parti verticali sono ricoperti di rosso Albania, sormontate dal “Trittico” (misure, m. 4,68 x 3,54) detto “Trittico bianco”, sopra al quale si staglia un Cristo in Croce in un unico blocco di marmo statuario (su questa opera partecipò, minimamente, anche Luigi Telara, al quale Bini chiese di inserire sul costato un filo rosso di marmo a significare il sangue della ferita, ma Telara fece presente a Bini che tale filo rosso era troppo piccolo, ed a tale distanza mal si vedeva. Ma Bini insistette, ed infatti tale riga rossa mal si nota). Fu chiamato il grande “Trittico bianco” dal colore dello statuario delle nostre cave, alludendo alla materia, tutto di Bino Bini (orafo, scultore e medaglista, nato e morto a Firenze 11 settembre 1916 - 2 febbraio 2007). Il Trittico celebra gli 85 anni di presenza e cura spirituale dei Servi di Maria nella Marina di Carrara. Diplomato all'Istituto d'arte di Firenze vi ha insegnato a lungo in contemporanea con l'Istituto Margaritone di Arezzo; in seguito nella propria scuola privata ha avviato studenti italiani e stranieri alle tecniche dell'oreficeria, incisione, sbalzo e cesello, smalto. Membro di varie Accademie, ha contribuito alla conoscenza delle antiche oreficerie con articoli su riviste, ha partecipato a mostre, ed è stato insignito di prestigiosi riconoscimenti e premi nazionali ed internazionali. I suoi "Gioielli d'arte" sono tutti pezzi unici, irripetibili ed inconfondibili, frutto di una continua ricerca della forma e della superficie dell'oggetto, espressione di una personale rielaborazione dei sentimenti, delle sensazioni e dell'amore per la natura; la sua religiosità ha motivato la sua arte sacra: cibori, ostensori, calici e reliquiari sono conservati in Chiese in tutta Italia. Infinita è stata la sua produzione di medaglie modellate per enti pubblici e privati. Musei e collezioni private accolgono le opere di Bino Bini, in Italia, U.S.A, Giappone, San Marino ed in altri paesi europei. Il Trittico rappresenta la storia dei Servi di Maria (vedi la STORIA dei Servi di Maria).
Nel rifacimento del 1982, dobbiamo ricordare quanti hanno collaborato a tali immensi lavori:
- Progetto e d.l.: dell’Arch.Attilio Ghirlanda e Arch.Silvestro Telara, carraresi
- Progetto strutture: Ing.Alberto Dazzi, carrarese
- Organo, del 1994: costruito dalla Pontificia Fabbrica d'organi Comm. Giovanni Tamburini di Saverio Anselmi Tamburini. Ha costruito anche il più grande dell’Italia, nel Duomo di Milano nel 1937-38, ordinato da Mussolini e costruito con la partecipazione dell'organaro Mascioni di Cuvio. (l’organo di Marina, bello ma enorme per la Chiesa, attualmente funzionano soltanto i due grandi altoparlanti a canne, ai lati dell’organo stesso, manovrati da una pianola nel lato sinistro della Chiesa, tra i banchi del Coro. Il grande organo è servito per i Concerti che venivano eseguiti all’interno della Chiesa).
- Impianto sonoro: Palvet Elettronica snc, impianti di amplificazione, di Viareggio
- Impianto campane e orologio: Trebino di Trebino Roberto, s.n.c. a Uscio (GE),
impianti di orologi a torre e campane. (L’orologio del campanile, fermo per alcuni anni, ha ripreso recentemente a funzionare, con una costosa riparazione, promossa dai fedeli).
Ritorniamo alla Storia della Chiesa.
Le vetrate istoriate delle navate laterali sono state realizzate dall'artista fiorentino Mario Vezzelli, quelle in alto da Ugo Signorini ugualmente di Firenze.
Quelle di Vezzelli ricordano (da sinistra verso destra, entrando),
1) - L’Annunciazione, 2) - La visitazione, 3) - La presentazione al tempio, 4) - Le nozze di Cana, 5) - La deposizione dalla croce, 6) - L’assunzione di Maria al cielo.
Quelle di Signorini (nell’ordine, da sinistra verso destra, entrando),
1) - Il Battesimo, 2) - La Cresima, 3) - L’Eucarestia, 4) - La penitenza, 5) - Il Sacerdozio, 6) - L’Unzione degli infermi, 7) - Il Matrimonio, 8) - L’Eucarestia.
La volta ha subito rifacimenti dovuti ai vari terremoti succedutisi nel tempo: quello del 1920 fece enormi disastri (caduta del soffitto), poi riparati nella ristrutturazione del 1926 dell’ing. Domenico Zaccagna. Ultimo quello del 27 gennaio 2012, che fece decretare al sindaco Zubbani la chiusura della Chiesa, con celebrazione della Santa Messa presso il Cinema retrostante la chiesa (attualmente il cinema non è più in uso, infatti è stata tolta anche l’insegna soprastante l’ingresso in via Fleming 27 e nel cortile retrostante dell’ex cinema Manzoni funziona la Caritas). Ripristinati i danni del suddetto ultimo terremoto, la chiesa ha ripreso le sue regolari funzioni.
Entrando dall’ingresso centrale, troviamo cinque arcate che sorreggono l’orchestra, tre ad arco a tutto sesto e due ad arco a sesto acuto, con solenni e massicce colonne in marmo bianco Carrara, con sotto due balaustre in marmo bianco leggermente lavorate a colonnine esagonali. Gli archi reggono un enorme organo a canne, con due altri più piccoli, nella medesima forma, che funzionano come altoparlanti di una pianola al piano terra, nella zona dei cantori (senza ostruire l’avvicinamento all’altare della Madonna Addolorata, molto amata dai fedeli). L’Organo (del 1994) è della Fabbrica d'Organi Comm. Giovanni Tamburini, di Saverio Anselmi Tamburini di Crema (CR), per cui, in passato con l’acquisto di questo organo di eccezionale qualità, si teneva in questa Chiesa il “Festival Internazionale d’Organo”: questo fin quando la chiesa fu affidata ai Servi di Maria (dal 1923 al 2008), attualmente al personale della Diocesi, i concerti si sono diradati se non terminati. Non si capisce perché dagli 85 anni trascorsi con i frati dei Servi di Maria si sia passati al Clero Diocesano, e precisamente a don Ezio Gigli , vicario parrocchiale ed a don Michele Biggi, vice parroco, con don Salvinus Kasereka Hula (ovvero, don Salvino, vice parroco congolese).
Inoltre nel corridoio che conduce alla Sacrestia, sono ricordati
1) -Targa in marmo a Giuseppe Tagliercio, marinello, prima sequestrato e poi ucciso a Mestre. In ricordo di Taliercio è stata eretta anche una statua nell’omonimo largo a lui intitolato, in località Paradiso; nel marmo sono scolpiti dei fori, segno delle pallottole che lo uccisero. Portano il suo nome anche la biblioteca del liceo scientifico Marconi di Carrara, il Palasport di Mestre e un’aula dell’università di Padova.
2) - Il Decreto del Vescovo di Massa e Carrara, Emilio Maria Miniati, che alla data del 9 Marzo 1898, staccava la Chiesa Priorale da Avenza, costituendola in Parrocchia di Marina di Carrara.
3) - Parrocchia “Sacra Famiglia” = In segno di gratitudine all’apostolato dei Servi di Maria, dal 1923 curatori di questa chiesa, oggi ampliata per la tenacia di Padre Mauro De Sanctis, interprete dell’antico sogno della comunità marinella. MARINA DI CARRARA, 8 maggio 1989
(Padre Mauro De Sanctis, parroco nella chiesa Sacra Famiglia di Marina di Carrara, morto a Borgorose (RI) il 25 Ottobre 2006, a 72 anni, e con questo funebre annuncio, il processo intentato presso la Procura di Massa, qualora fosse intercorso appello alla condanna per ricovero di extra comunitarie nel contiguo alloggio parrocchiale, è cessato automaticamente).
Anche la scomparsa di Padre Federico Aliboni, vice parroco della parrocchia della «Sacra Famiglia» di Marina, con trascorsi importanti come missionario in Africa, ha suscitato profondo dolore. I familiari sono rimasti commossi dalle tante attestazioni e ringraziano il vescovo Eugenio Benini, la Comunità Parrocchiale, i confratelli dell’Ordine dei Servi di Maria.
La Cappella del Santissimo Sacramento, disegnata dall' arch. Attilio Ghirlanda, in marmi policromi, era in precedenza, quando ancora la Chiesa aveva una sola navata, la sala della Sacrestia. Rifatta con la parete verso Carrara, tra due porte finestra con vetrate intarsiate a colori vivaci. Bel sacro locale, a sinistra delle navate, con tre tele dipinte ad olio, in stile moderno: Cenacolo e Cristo Risorto del massese Pietro Pegollo. Deposizione e Crocifissione di Bruno Galigani, allievo di Sergio Vatteroni, (attualmente rimossi) : i due disegni a carboncino, furono donati alla comunità marinella dalla famiglia Galigani. Parete di fondo, tra le due porte finestre di Attilio Ghirlanda, realizzato in dicromia marmorea, che crea un senso di profondità nella prospettiva visiva: marmo bianco Carrara e verde scuro alpi. Altare con mensa, verso il pubblico, in breccia marmo bianco molto screziato, sorretto da un blocco rettangolare sempre in marmo verde alpi. Leggio o ambone in breccia grigio-nera (probabile varietà di bardiglio imperiale), con colonna tonda di marmo bianco Carrara. Pavimento geometrico bianco Carrara con disegni a cornice in breccia bardiglio imperiale, in disegno contrario alla parete, quella tra le due porte finestra, sulla quale è installato in Tabernacolo del Santissimo: breccia marmo verde alpi, con quadrati concentrici, in gradazione di spessore del colore, come pure il pavimento, tutto in marmo, con alto zoccolo (85 cm), sempre in marmo bardiglio imperiale. All'interno della stessa, a fianco del tabernacolo, un Cristo risorto in legno di Pietro Pegollo e, dello stesso autore, la terza grande tela ad olio raffigurante "il Cenacolo". Nella stessa cappella due disegni di Bruno Galigani (Crocifissione e Deposizione), sono stati rimossi. I vecchi arredi sono stati ricollocati e tuttora utilizzati.
L’ingresso alla Cappella con grande portale stile moderno, tutto in marmi di diversi colori, con sopra un bassorilievo, applicato, in marmo statuario, di Emilio Del Fiandra, raffigurante Gesù che allarga le braccia per accogliere cinque bambini: “Lasciate che i fanciulli vengano a me”. (Del Fiandra fu insegnante all’Istituto Professionale del Marmo di Carrara, dello scultore Luigi Telara, autore delle quattordici stazioni della Via Crucis e della Madonna del Mare, in alto sulla facciata).
Ritornando alla Chiesa in argomento, precisiamo che entrando dall’ingresso principale, (sulla piazza Menconi, al centro della facciata, poiché ci sono tre ingressi, uno a destra e l’altro a sinistra di quello più grande, centrale), con un bel portale in marmo bianco di Carrara, massiccio, con soprastante lunetta, troviamo un’acquasantiera, offerta in memoria di Angelica e Ildegonda Bogazzi e Carolina Regaglino, il XXV Marzo MCMXXXIII (25 Marzo 1933), in marmo bianco leggermente venato in grigio, con a sinistra la statua della Madonna Immacolata Concezione (Tota Pulcra es Maria - ripristinata di recente, col contributo dei fedeli), ma prima del trittico di Bini, si trovava sopra l’Altare Maggiore ed era creduta in gesso, mentre quando l’hanno restaurata nel 2012 hanno scoperto che era stata costruita in un sol blocco di cotto. I cinque grandi archi, in marmo bianco Carrara (arcate, di cui tre ad arco a tutto sesto e due ad arco acuto), con due balaustre e sei colonnine a forma di anfore piene, ottagonali, sempre in marmo bianco. Sopra l’orchestra con un grande e bell’organo a canne, (personalmente fin troppo grande), installato su progetto di Felice Tamburini. Sotto, pavimento in piastrelle di 40 centimetri, bianco e in breccia grigio scuro, alternati e disposti a rombi. Precisiamo, comunque, che gli ingressi alla Chiesa son ben sei: tre sulla piazza Menconi, uno in via Fleming di fianco al Campanile, uno in viale XX Settembre ed un altro di emergenza, più avanti, vicino alla canonica, con un cancello di metallo, con accanto la cabina elettrica, che porta alla Sacrestia.
Nelle due navate laterali, entrando a sinistra, tela di Juric Zoran, pittore e scultore croato, nato a Drijenča (Bosnia Erzegovina) nel 1962. Si è laureato all'Accademia di Belle Arti di Zagabria nel 1987, e dal 1990 al 1998 ha vissuto a Carrara, dove ha perfezionato la sua capacità di lavorare il marmo. La tela che rappresenta la Madonna con fedeli lavoratori e un seguito di prelati di cui uno potrebbe essere San Filippo Benizi, mentre un secondo, con gli occhiali il tanto discusso padre Mauro De Sanctis, parroco della Sacra Famiglia e da 25 anni a Marina, arrestato nel marzo del 2003 a 67 anni e rinviato a giudizio dalla Magistratura di Massa poiché emersero tuttavia prove inequivocabili, tra cui alcuni filmati, anche se la comunità marinella ha raccolto oltre 500 firme a difesa del parroco. Segue, di Francesco Curradi (sec.XVIII), tela raffigurante con la Madonna, “San Filippo Benizi”, Superiore Generale dei Servi di Maria, (che sono anche i proprietari), presso il convento di Monte Senario. Tra il portone d’ingresso di viale XX Settembre, troviamo due quadri in composizione a mosaico, in legni, di Paolo Frediani “la Natività” e “La Sacra Famiglia”, quindi una grande e oscura tela attribuita ad Anton Domenico Gabbiani (sec.XVIII), “Il riposo nella fuga in Egitto” : tanto questo che quello di fronte, sull’altra navata, attribuito a Jacopo Vignali (sec.XVII), “Vergine del Rosario”, pare che non siano della Chiesa ma della Galleria degli Uffizi di Firenze. Al termine della navata la suddetta Cappella del Santissimo, già descritta. Sempre entrando dalla porta secondaria di destra, un’acquasantiera in marmo bianco screziato, sopra, alla parete, una tela raffigurante “La Deposizione”, segue altra tela attribuita a Gian Domenico Ferretti (sec.XVIII), raffigurante i “Sette Santi Fondatori”, dell’Ordine dei Servi di Maria (O.S.M.) che sono anche i proprietari. Sul pavimento, una Fonte Battesimale donata da Pietro Muraglia, in marmo bianco di Carrara con grande coperchio artistico in ottone, dono di Patrizia Collavoli. A lato, sotto il Crocifisso una statua in marmo statuario dedicata a San Giovanni Battista, alta cm. 140, posta su colonna di marmo tonda, in breccia grigio scuro, segue una lapide-cappelletta mortuaria (edicola funeraria), ben intarsiata, in marmo statuario, di cm. 130, posta su una colonna tonda di marmo, una breccia grigio scura, con al centro in alto l’incavo per una foto del defunto, mancante (?). Attualmente potrebbe funzionare come teca. Pare sua stata del defunto Carlo Pavia (?).
Alla parete un Cristo appeso in Croce, misura metri 4 per 160 cm., in legno, molto invocato dai fedeli, proveniente dalla Val Gardena e donato alla comunità marinella nel 1952 : pare che fu portato in spalla dalla Stazione di Avenza, dove era arrivato in treno, alla Chiesa, a piedi dal donatore, in atto di penitenza. (dichiarazione della marinella Loredana, storica della Chiesa).
Più avanti la tela di proprietà della Galleria degli Uffizi, (Vergine del Rosario) già descritta, quindi l’altare dedicato alla Madonna Addolorata, con statua posta in nicchia, sotto la mensa una scultura abbozzata di donna sdraiata ed accovacciata, sempre in marmo bianco. Dietro questo altare un locale di servizio con un’uscita di emergenza sulla via Fleming e l’ingresso al Campanile. Il marmo bianco e colorato è molto presente nella Chiesa, compreso il pavimento delle navate che del presbiterio, sistemato nel 1969, secondo le nuove norme liturgiche provenienti dal Concilio Vaticano II°, con rimozione della balaustra di marmo e realizzazione di una nuova mensa.
La chiesa non ha affreschi a pareti ed a volta, dove la presenza del marmo, nei vari tipi e formati, è prevalente, le due nuove navate hanno provveduto ad una luminosità ed aerazione maggiore ed adeguata, il campanile ha completato il luogo sacro, la nuova disposizione interna ha razionalizzato i servizi, creando un casa divina a misura umana.
Lucio Benassi Carrara, 7 ottobre 2013
Bibliografia:
AA.VV. “Costruire una Chiesa”, 1989, SEA Carrara
da Internet : http://www.bresciatoday.it/cronaca/terremoto-27-gennaio-2012-chiesa- carrara-messa-cinema.html
VATTERONI Elia, “Zibaldone su Marina”, 2005, SEA Carrara
BOGAZZI Guglielmo e Pietro MARCHINI, “Marina di Carrara”, 2008, Roberto Meiattini Editore, Carrara
da: Intervista della nipote di Tagliercio, professoressa Cappè
La foto dell’organo è nella pagina HOME di : http://www.tamburini.org/
Le altre foto sono dell’autore.