Dialetto carrarino
Dialetto
Il mistero del dialetto “carrarino”
Una volta, mi trovavo in una terza elementare a leggere delle poesie in dialetto carrarino, alla fine della lettura, domandai ai bambini se gli fossero piaciute, e se avessero qualche domanda da farmi, timidamente uno alzò la mano, e quando gli chiesi cosa volesse sapere mi disse” scusi…Ma chi l’ha inventato il dialetto?”Anche se posta con ingenuità, la domanda era molto profonda, e dare una risposta non era facile.
In Italia, i glottologi presumono che la quasi totalità dei dialetti neo-latini, traggano le loro origini dalla dominazione Romana.
I Romani, infatti, erano assai rispettosi degli usi e costumi delle popolazioni delle terre conquistate, ad esempio, non imponevano in alcun modo le loro divinità, così come non interferivano nella loro lingua, che però i popoli sottomessi imparavano velocemente, soprattutto per ragioni commerciali.
E’ evidente però, che ogni popolo imparava il latino come gli permetteva la propria cultura, e che spesso, questo, non era quello erudito parlato dagli oratori all’interno del Senato, bensì una forma di latino volgare, utilizzato soprattutto da soldati e plebe, con ancora molti vocaboli derivati dalla lingua precedente. Dopo la caduta dell’Impero Romano poi, il processo di assimilazione è continuato, anche se molto più lentamente, mescolandosi alla lingua dei vari dominatori.
Nel basso medioevo poi, con l’avvento delle invasioni barbariche, si è assistito in alcune regioni alla nascita di dialetti germanici, o slavi, l’esempio classico è la lingua Ladina, giunta fino a noi, e parlata in alcune zona dell’arco Alpino Orientale, da non più di 30.000 persone, o come nella Provincia Cosentina, dove è presente a tutt’oggi una piccola comunità di persone che parla un dialetto Albanese.
Anche la zona di Carrara è da considerarsi una vera e propria isola dialettale.
Il dialetto carrarese, (io preferisco chiamarlo carrarino) è un vero e proprio rompicapo per gli studiosi di glottologia, è classificato nel gruppo Gallo-Italico, in altre parole, tipico di quelle regioni un tempo abitate dai Galli, nome con cui i Romani chiamavano i Celti. Di radice Emiliano Romagnola, è molto simile al Modenese, ma anche al Frignanese.
Questo si potrebbe spiegare come conseguenza della dominazione Estense, ma quello che invece e difficile da determinare, è il perché, il dialetto carrarino pur essendo geograficamente collocato in Toscana, non assomiglia in alcun modo al toscano, così com’è anche altrettanto estraneo al lunigianese, ma non è tutto, come mai noi carrarini possediamo un accento particolare denominato cacuminale?
Anche qui si azzardano delle ipotesi non suffragate da prove certe, ma abbastanza plausibili; la più accreditata dice che l’accento sia un’eredità lasciataci dagli antichi Apuo-Liguri, e che la particolare conformazione del territorio carrarese, suddiviso in Era medievale in viciniee o vicinanze, in sostanza chiuse, abbia impedito la contaminazione del dialetto carrarino con altri limitrofi.
A riprova di ciò va segnalata la diversità, se pur minima, del dialetto parlato nelle varie frazioni, anche se qualche studioso imputa questa prerogativa all’influenza di popolazioni “aliene” come i soldati corsi a Fontia e Moneta, o i mercenari pisani ad Avenza.
Anche i paesi posti nello spartiacque a Nord-Ovest, delle Apuane, come Castelpoggio, Noceto, Gragnana e Sorgnano, essendo stati per secoli paesi di frontiera, e quindi interessati al passaggio di rotte commerciali, hanno sviluppato diversità dialettali, come ci fa notare un nostro concittadino, il compianto Prof. Luciano Luciani, nella sua opera monumentale “Dizionario del dialetto Carrarese, ” forse a causa di contaminazioni linguistiche da paesi limitrofi.
Purtroppo il dialetto carrarino non è stato ancora codificato, quindi ognuno lo scrive come più gli aggrada, qualche autore sostituisce la “c” con la “k”, (es. cane, can, kan) perché sostengono che renda il suono più duro, a me francamente non sembra corretto, perché, essendo un vernacolo neo-latino, penso sia meglio utilizzare, anche per ragioni pratiche, di chi legge, e di chi scrive, l’alfabeto latino. Un’altra affermazione che a me pare francamente una stupidaggine, è quella che dice che nel dialetto carrarino non vi sono doppie. Per dimostrarne l’infondatezza basta un semplice esempio: se io scrivo pes significa pesante, mentre pess significa pesce, come si vede due cose ben diverse.
Alcuni anni orsono, feci delle ricerche sul dialetto, intervistando nelle “cantine” vecchi cavatori ormai in pensione, riascoltandole ora, ho notato come il dialetto più genuino, o se volete più arcaico, sia ormai totalmente scomparso, lasciando il posto a una forma dialettale “italianizzata” che mi lascia francamente perplesso.
Moltissimi modi di dire, o allocuzioni, sono ormai totalmente scomparsi, ad esempio; era in uso quando ci s’incontrava per strada la mattina il saluto “fat a mod’r” (fate a modo) ossia state attenti, rivolto soprattutto ai cavatori che si recavano al lavoro, oppure quando una persona scampava a un pericolo mortale, si diceva “ pogh al mancò che i s cavass da pagar d’est’m” (ci mancò poco che si levasse da pagare l’estimo) che era una antica tassa, tipo la moderna IRPEF, oppure di una persona, o cosa molto antica “ i ha pù ani del prim top del Cafaz.” Questo detto, al contrario di quanto si possa pensare, non voleva significare che il Cafaggio fosse, o sia, malsano, e ricco di questi roditori, ma semplicemente perché subito dopo Vezzala è uno dei quartieri più antichi di Carrara. La semplice parola interrogativa perché, si diceva p’rcos, di una persona eccentrica nel vestire si diceva, i par la Bilì, e l’elenco è ancora lungo.
Anche a molte località veniva imposto il nome in dialetto, tipico esempio “ Mont d’arma” nome che erroneamente molti associano alla guerra, ma che invece vuole dire in senso letterario “ Monte di spalla”, oppure luoghi chiamati come era la predominanza del mestiere che vi si praticava esempio: “La becheria”. Al tempo con il nome di beccaio si comprendevano categorie di commercianti e artigiani come macellai, pollaioli, pescivendoli, oltre a tutti coloro che avevano in qualche modo da fare con l’alimentazione, come i gestori di locande e osterie. E’ anche vero che molti termini moderni in lingua sono assolutamente intraducibili in vernacolo, come ad esempio: computer, cd, o cellulare, cosa che un tempo, dove il dialetto era la lingua predominante, si sarebbe risolta nel tempo, “dialettalizzandosi” in modo naturale, ma che ormai è assolutamente impossibile. Così una lingua millenaria rischia l’oblio in pochi decenni.
Penso che questo sarebbe un vero peccato, ed e compito di tutti noi lottare perché questo non avvenga, in particolar modo noi autori, che scriviamo in vernacolo, dobbiamo cercare di salvaguardare il vero dialetto come una preziosa reliquia, riutilizzando gli antichi termini, perché il loro cammino millenario fino ai giorni nostri non si interrompa per sempre.
Perseverando nella mia continua, e purtroppo quasi vana lotta perchè il dialetto non cada nell'oblio, mi permetto di inviarle un'articolo sul dialetto carrarino, sperando che i lettori del suo blog lo trovino interessante e che magari stimoli qualcuno di essi ad imparare ad amarlo.
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2 commenti
Voto medio: 5.0/5
Franco
2019-12-09 10:56:26
Ci voleva un regista ex-sovietico per lasciare una memoria del dialetto carrarino nella sua massima gloria; il dialogo dei cavatori con Michelangelo che si dipana a lungo e occupa una buona metà del film "Il peccato" di Konchalovskiy. Complimenti agli attori e al regista russo, che ha tramadato l'asciutta espressività della parlata carrarina, prima che venga inghiottita dal mutamento della Società e dal tracollo delle istituzioni italiane sia nazionali che locali, incapaci di preservare i nostri tesori culturali. Mentre il cinema italiano si occupa di "Cetto e c'è" e "Tolo Tolo", per fortuna che qualche russo ha pensato di salvare i dialoghi fra i carraresi e Michelangelo... con tanto di "fat a mod'r".
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Michele Lattanzi
2019-06-16 08:52:35
Un bel sito, complimenti Un detto tramandato da mia suocera per mandare via di casa un ospite in maniera garbata. " Quand al son l' Ave Maria chi iè a cà di altri i sen va via. Non per vò compar, per me potet star quant a v par, ma se me a fos a cà vostra com vò siet a cà mia, a 'st ora chi a m'n sarè 'nzà andat via. " p.s. non sò se la scrittura è corretta caso mai correggete.
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