Il vino di San Francesco
Vini e cibi da Oscar
L’Umbria è notoriamente considerata una terra di numerosi Santi: San Francesco, Patrono d’Italia e d’Europa, Santa Chiara d’Assisi, San Iacopone da Todi, San Benedetto da Norcia, Santa Rita da Cascia, Sant’Ubaldo Vescovo di Gubbio, San Valentino Vescovo di Terni, per citarne alcuni. Ma l’elenco potrebbe continuare. Tutti questi giusti hanno contribuito a formare e consolidare con la loro vita, le loro opere ed il loro esempio una radicata fede popolare, che si tramanda da secoli. L’Umbria è anche una terra felice sul suolo della quale sono stati costruiti castelli, palazzi e case ville signorili, dove si conservano opere d’arte e tesori antichi. E’ stata pure eretta una miriade di chiese “povere”, ma anche numerosissimi monasteri, e abbazie di valore inestimabile. E, purtroppo, alcune sono state colpite dagli ultimi devastanti terremoti. Preghiamo perche’ posso essere ricostruite. L’Umbria, da tempo immemorabile, è considerata anche una ridente terra da vini ed esiste pure un forte legame fra Santi, monasteri, conventi e vini. Cerchiamo di spiegarlo. Alla fine del V secolo l’Impero Romano è colpito da una crisi profonda, sia per le lotte tra i nobili italiani ed europei, sia per la calata dei popoli barbari, che ne occupano il territorio. La storia, come sappiamo, per viti e vini finisce male. In Europa ed in Italia per la viticoltura inizia un periodo di “buio”. Molti dei grandi vigneti della romanita’, praticamente ovunque, sono stai devastati, abbandonati o distrutti. Altri impianti sono divenuti macchia e bosco. Tuttavia le viti sono sopravvissute ai margini dei villaggi, dei piccoli centri o addirittura all’interno delle antiche cinta murarie. Ma se le viti di un tempo si sono salvate da questo flagello e sono giunte fino a noi, lo dobbiamo ai feudatari, che le hanno fatte piantate ai margini delle castelli o delle case fortificate, creando quelli che, per indicare l’appartenenza al vassallo, si chiamavano i vini “nobili”,. Il ringraziamento va pero’, particolarmente, ai monaci, ai frati, ai religiosi ed alle religiose dei Monasteri, delle Abbazie e alle loro Comunita’ che con il loro duro e continuo lavoro ne hanno decretato la sopravvivenza e lo sviluppo. Le ragioni storiche sono molteplici: mi limitero’ , ora, a prenderne in considerazione qualcuna. La prima e’ decisamente di carattere alimentare. Il vino, infatti era per il popolo, per i servi e per i lavoratori in genere, un buon integratore alimentare, mancando il consumo di carne. Per le classi nobili ed i ricchi feudatari era, invece, un degno ed indispensabile utilizzo nei grandi banchetti, soprattutto per le feste, dove, raccontano gli storici, ne scorresse a fiumi. Ed il consumo di vino si trova anche nelle Regole di alcuni Ordini Monastici medioevali. Per esempio al Capitolo XL della Regola di San Benedetto da Norcia si dice che era consentito bere vino” tenendo conto della cagionevole costituzione dei piu’ gracili, crediamo che a tutti possa bastare un quarto di vino a testa……. Se pero’ le esigenze locali o di lavoro o la calura estiva richiedessero una maggiore quantita’, sia facolta’ del superiore concederlo, badando sempre ad evitare la sazieta’ o ancora di piu’ la ubriachezza.” La Regola, che San Bernardo di Chiaravalle aveva dato ai suoi monaci ed all’Ordine dei Templari, prescriveva: di bere il vino “secondo necessita’ “ per cacciare il freddo. Precisamente recita: “Propter necessitatem ad frigus depellendum e cioe’ Secondo necessita’ per vincere il freddo.” La terza ragione, forse la piu’ importante, consiste nel fatto che a mantenere integri ed efficenti appezzamenti di terreni destinati alla viticoltura furono i monaci ed altri ecclesiastici; essi tennero vive le tecniche di coltivazione che altrimenti sarebbero andate perdute. I monaci, i frati, i religiosi e le suore continuarono a produrre vini, non solo per autoconsumo, ma anche e soprattutto per l’uso liturgico, per celebrare, cioe’, l’Eucaristia, dove il vino, per i fedeli cristiani diventa il sangue di Cristo stesso, e senza di esso non vi e’ Eucaristia. Per alcuni ordini monastici divenne quasi una ragione di vita. Risalgono infatti al Medioevo le prime viticolture in aree famose della nostra penisola come, per esempio, i Castelli Romani, Le Cinque Terre, il Chianti. Poi, la Scuola Salernitana nella Regola Sanitaria, per quanto riguarda il vino, stabilì norme dietetiche e consigli pratici per la prevenzione delle malattie, e ne indicò l’uso terapeutico e consigli pratici per la prevenzione delle malattie, definendo l’uso terapeutico del vino stesso nelle sue diverse qualita’, senza trascurare il mosto e l’aceto.
Ed anche San Francesco d’Assisi, il nostro grande Santo Padre Serafico lo utilizzava proprio a questo scopo. Lui che, come raccontano i biografi, era martoriato da una miriade di malattie, alla vista, allo stomaco, alla milza ( chi piu’ ne ha piu’ ne metta - c’erano poi anche le stimmate -), trovava nel vino un certo sollievo. Ne fa fede l’episodio riportato dalla Legenda Major, La vita di San Francesco, scritta mirabilmente dal grande San Bonaventura da Bagnoregio (1217 – 1274), Ministro Generale dell’Ordine Francescano e grandissimo uomo di cultura. Al Capitolo V, paragrafo 10, viene riportato: “ Un’altra volta, nell’eremo di Sant’Urbano, ( a dodici chilometri da Narni) il servo di Dio, essendo gravemente infermo e sentendosi tanto debole, ebbe desiderio di bere un po’ di vino; ma si senti’ dire che purtroppo non ce n’era. Allora ordinò che gli portassero dell’acqua, sulla quale traccio’ un segno di croce. Immediatamente quell’acqua pura divenne ottimo vino.” San Bonaventura presegue cosi’; “ Appena ebbe gustato quel vino, Francesco, si riprese e con tanta facilita’”, divenuto tale in modo soprannaturale. Chissa’ che il vino che ha “rimesso in sesto il Padre Serafico” non fosse il Sagrantino di Montefalco, l’antico vino da Messa, il cui vitigno qualcuno dice fosse del luogo. Altri, invece, ritengono che il vitigno sia stato importato dai suoi frati, addirittura dal lontano Oriente, al ritorno da uno dei grandi viaggi missionari voluti dal Santo.
Ma questa e’ un’altra storia. Ve la racconteremo di un’altra volta. State bene.
Oscar vostro amico, e sommelier di …lungo sorso.
Marina di Carrara 18 gennaio2017